Verso una definizione del contratto europeo
Proposta dell’UE per una maggiore
coerenza nel diritto contrattuale europeo:
dalla Convenzione di Roma 1980 al Piano d’azione 2003
di Attilio Zuccarello*
Introduzione
Dopo appena due anni dalla Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al
Parlamento Europeo sul diritto contrattuale del 2001, la Commissione ha
recentemente pubblicato (15.3.2003) un Piano d’azione avente come principale
fine quello di organizzare e far confluire i vari contributi ricevuti dalle
categorie interessate in un programma strategico per la realizzazione di una
proposta concreta in materia contrattuale.
Uno degli scopi fondamentali della nuova proposta viene considerato il
raggiungimento di maggiore coerenza dell’acquis communautaire nel campo
contrattuale. Espressamente si fa riferimento al parametro dell’acquis al punto
3.1.2. e si ribadisce la necessità di riordino dei “Numerosi atti comunitari
[che] comprendono disposizioni per l’armonizzazione dei vari aspetti del diritto
privato”. Per raggiungere tale scopo sia la Comunicazione del 2001 sia quella
del 2003 individuano, quale fondamentale punto di partenza, la Convenzione di
Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.
Per poter avere un quadro aggiornato sulla situazione comunitaria in materia
contrattuale appare, dunque, necessario esaminaminare le due Comunicazioni (le
già citate 2001/C 25/01 sul diritto privato europeo e 2003/C 63/01, il Piano
d’azione sulla maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo) anche alla
luce di quanto precedentemente realizzato con la Convenzione di Roma, con uno
sguardo al primo tentativo, proposto dall’UNIDROIT, di modello del contratto
europeo.
1. Le Opzioni proposte dalla Comunicazione 2001/C 25/01.
Il Piano d’azione contenuto nella Comunicazione 2003/C 63/01 punta
all’elaborazione di una soluzione idonea in merito ad uno dei problemi
fondamentali nell’Ue nel settore contrattuale: fornire un quadro di riferimento
certo ed unico per poter fissare stabilmente definizioni e concetti giuridici
applicabili ed accettati in tutto il mercato europeo(1). La domanda di partenza,
già posta nel “Libro Verde sulla trasformazione in strumento comunitario della
convenzione di Roma del 1980 applicabile alle obbligazioni contrattuali e sul
rinnovamento della medesima” del 14.1.2003, è esclusivamente strategica e
procedurale: ci si chiede se sia sufficiente intervenire settorialmente,
regolando le diverse tipologie contrattuali a livello comunitario, o se il
processo di armonizzazione del diritto contrattuale europeo sia giunto ad un
livello di maturazione tale da richiedere la redazione di principi unici e
generali se non addirittura la nascita di un vero codice civile europeo, tale da
risolvere i problemi di coerenza del settore contrattuale.
Il problema viene già posto nel 2001 dalla Commissione europea allorquando, al
punto 2 dell’introduzione della Comunicazione 2001/C 255/01, egli richiama due
precedenti interventi del Parlamento europeo, datati 1989 e 1994(2). In tali
risoluzioni il Parlamento europeo sottolineava l’esigenza di unificare parti
fondamentali del diritto privato in un Codice civile europeo, idoneo a
soddisfare le nuove esigenze di armonizzazione del mercato unico. Tale richiesta
verrà poi ribadita dal Consiglio di Tampere del 1999 che dichiara che “Per
quanto concerne il diritto materiale, occorre procedere ad uno studio globale
sulla necessità di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri in materia
civile per eliminare gli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti
civili. Il Consiglio [si impegna a] riferire in merito entro il 2001”(3). Nel
2001 quindi viene effettivamente rinnovato e incentivato il dibattito in
materia, chiedendo apertamente il contributo di consumatori, imprese,
organizzazioni di categoria, pubbliche amministrazioni e mondo accademico ad
esprimere la propria proposta(4) e di schierarsi a favore delle ipotesi
prospettate, riassumibili come segue:
· Opzione I - Assenza di un’azione comunitaria(5):
Ci si affiderebbe alla capacità naturale del mercato e al ruolo propulsivo dei
gruppi di pressione interessati (ONG, consumatori, imprese) per individuare
soluzioni globali utili per l’armonizzazione del settore contrattuale.
· Opzione II - Promozione di un complesso di principi comuni per una maggiore
convergenza a livello statale(6):
Si procederebbe con la promozione di una ricerca comparativa tesa
all’individuazione di un tessuto di principi, frutto di una collaborazione tra
ambienti accademici ed istituzioni in cui principi normativi, linee guida e
consuetudini che possano permettere l’individuazione di una sorta di lex
mercatoria europea.
· Opzione III - Miglioramento qualitativo della legislazione esistente(7):
Fondamentale la modernizzazione degli strumenti normativi esistenti, processo
che si concretizzerebbe con la stesura di codificazioni e di testi esplicativi
per consolidare e rendere trasparente la terminologia e gli strumenti normativi
già esistenti. Esempio di tale strategia è rappresentata dalla Simpler
Legislation for the Internal Market (SLIM)(8), progetto inaugurato nel 1996 per
ottimizzare la legislazione vigente nel settore del mercato interno, eliminando
le norme europee divenute nel tempo superflue, senza pero’ procedere a
deregolamentazione(9).
· Opzione IV - Adozione di una esaustiva legislazione comunitaria(10):
Si potrebbe infine optare per un testo unico, comprendente “aspetti generali di
diritto contrattuale e [...] contratti specifici”(11). Ipotizzabile una
direttiva, che assicurerebbe agli Stati membri un certo grado di autonomia nel
recepire tale testo; un regolamento, che assicurerebbe per convesso una maggiore
uniformità a livello statale; o una semplice raccomandazione, che manterrebbe
cosi’ un sistema improntato sulla volontarietà da parte degli Stati.
1.2. Gli Allegati I, II, III.
Particolarmente interessante appare, inoltre, il contributo fornito in
allegato(12) dalla Comunicazione 2001/C 255/01.
L’Allegato I, intitolato “L’acquis comunitario importante nell’ambito del
diritto privato”, appare estremamente ambizioso, nonostante la prudenza che lo
stesso redattore europeo mantiene(13): con esso si fornisce una breve
descrizione delle direttive fondamentali che, settorialmente, disciplinano gli
elementi di maggior rilievo del diritto contrattuale europeo. Sostanzialmente si
tratta di una sorta di vademecum di quelle norme europee che, nel 2001, erano
considerate quali fonti principali di disciplina delle grandi categorie
contrattuali; tale elenco diviene utile strumento anche per individuare quali
siano i punti fondamentali e i limiti di tali norme, e se a parti dei esse possa
essere riconosciuta efficacia generale per la disciplina dei contratti in
genere. E’ interessante, dunque, quanto meno citare quali siano tali categorie e
quali siano i settori ricompresi:
1. diritto contrattuale del consumo (Direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti
della vendita e delle garanzie dei beni consumo; Direttiva 93/13/CEE del
Consiglio concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i
consumatori; Direttiva 97/7/CE riguardante la protezione dei consumatori in
materia di contratti a distanza e Proposta di direttiva del Parlamento europeo
per la modifica delle Direttive 90/619/CEE e 98/27/CE sulla vendita a distanza
di servizi finanziari ai consumatori).
2. sistemi di pagamento (Direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i
ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e Direttiva 97/5/CE sui
bonifici tranfrontalieri)
3. agenti commerciali (Direttiva 86/653/CE)
4. distacco dei lavoratori (Direttiva 97/71/CE)
5. responsabilità per danno da prodotti difettosi (Direttiva 85/374/CEE)
6. commercio elettronico (Direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico e la
Direttiva 1999/93CE sulle firme elettroniche)
7. servizi finanziari (tra le più importanti cito le Direttive 79/267/CEE,
90/619CEE e 92/96CEE sulle assicurazioni sulla vita e la Direttiva 92/49/CEE
sulle assicurazioni diverse dall’assicurazione sulla vita)
8. protezione dei dati personali (Direttiva 95/46/CE)
9. diritti d’autore e diritti connessi (tra le più importanti la Direttiva
92/100/CEE, la Direttiva 93/98/CEE sulla durata della tutela e la Direttiva
96/9/CE sulle banche dati)
10. appalti pubblici (Direttiva 92/50/CEE, 93/37/CEE e 89/665/CE)
Tralasciando l’Allegato II, intitolato “Elenco di strumenti internazionali che
disciplinano questioni sostanziali di diritto dei contratti”(14), un breve
accenno merita l’Allegato III.
Il tentativo finale della Commissione, dopo aver citato gli interventi
settoriali più importanti ed aver elencato le fonti di riferimento essenziali in
merito al diritto sostanziale in materia, è quello di introdurre l’analisi della
struttura del “contratto” in quanto tale, soffermandosi brevemente su elementi
fondamentali, quali la definizione stessa di contratto, le fasi di conclusione
dell’accordo, la forma, il recesso. Successivamente affronta il problema degli
obblighi contrattuali e non, dell’inadempimento e della responsabilità
extracontrattuale. Tale analisi serve per poter poi individuare, per ogni
singola problematica, quale, tra le fonti settoriali prima citate, possano
utilmente introdurre principi di disciplina applicabili a tutti i contratti in
genere.
Abbiamo appena accennato al problema della carenza di definizioni certe ed
uniche in materia contrattuale; problema che viene immediatamente sollevato(15),
laddove si sottolinea che “la Direttiva 90/314/CEE sui pacchetti di viaggio(16)
è l’unica a dare una definizione giuridica del termine contratto”. Sempre a
titolo introduttivo la Commissione da’ un’ulteriore dimostrazione di come i
riferimenti normativi individuati nell’Allegato I possano rappresentare uno
strumento utile per trarre definizioni uniche in meteria contrattuale: traslando
la definizione di clausola standard dell’art.3, paragrafo 2 della Direttiva
93/13/CEE(17) sulle clausole abusive, propone indirettamente un’ipotesi
definitoria per il contratto preformulato o standard ed il contratto negoziato
individuale.
Per quanto riguarda la disciplina della conclusione ed il recesso del contratto
gli artt. 1.2. e 1.4. dell’Allegato III fanno rinvio alla disciplina dettata
dalla convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di
merci (artt. 14-24 e 29)(18), mentre per la forma del contratto ad essere
proposte per l’individuazione dell’acquis communitaire in materia sono la
Direttiva 2000/31/CE, 86/653/CEE, le direttive a tutela dei consumatori,
precedentemente citate, e la Direttiva 1999/93/CE.
Lunga e complessa appare una dettagliata analisi delle fonti di diritto europeo
utili per la formulazione di un diritto europeo contrattuale indicate, materia
per materia, dall’Allegato III. Per ovvi motivi poco servirebbe citarle una per
una, interessandoci qui solo sottolineare lo sforzo del redattore del 2001 di
fornire alla Commissione del 2003 ipotesi di lavoro.
2. I Principi Unidroit: verso una unificazione europea del diritto
contrattuale.
Le proposte indicate dalla Comunicazione del 2001 in verità non rappresentano
un’improvvisa accelerazione in materia contrattuale. Men che meno l’ipotesi di
un codice o di un modello contrattuale generico può essere considerato una
novità rivoluzionaria.
Già nel giugno del 1994, sotto l’egida dell’Istituto internazionale per
l’unificazione del diritto privato (Unidroit), viene pubblicato una sorta di
vademecum per la stipulazione di contratti internazionali, ma utilizzabile anche
per l’interpretazione dei medesimi o quale testo di riferimento per i
legislatori europei e non. Appare utile, dunque, una veloce disamina degli
elementi piu’ caratteristici onde capire quale sarebbe il risultato se si
decidesse di seguire l’Opzione IV indicata dalla Commissione nel 2001.
L’approccio della commissione redattrice (Commissione Lando) dell’istituto
Unidroit appare totalmente nuovo: non si ha una semplice pubblicazione di
contratti-tipo, né l’individuazione di clausole modello (come quelle individuate
dalla Camera del commercio internazionale), né una proposta avente in
riferimento solo alcuni contratti-tipo, nel solco dell’“ICC Model commercial
agency contract”. I “Principi per i contratti commerciali internazionali” dell’Unidroit(19)
hanno portata generale, non specificatamente quale disciplina di una tipologia
particolare di contratto(20). Nell’introduzione dei Principi Unidroit si
sottolinea la volontà di far sì che le regole e le idee fondanti del testo
appaiano “sufficientemente flessibili per potersi adattare ai continui mutamenti
portati dai rapidi sviluppi tecnologici ed economici che si verificano nella
prassi commerciale ed internazionale”, per tentare “di assicurare la correttezza
nelle relazioni commerciali internazionali […]”.
La valorizzazione della cultura ultranazionale e della nuova politica di
rinnovamento delle strutture giuridiche dello ius mercatorium appare evidente se
solo si citano i testi ispiratori dei Principi Unidroit: nel tentativo di non
far prevalere una cultura nazionale giuridica su un’altra, le fonti di
ispirazione sono varie e molteplici, con una cura estrema più per alcune idee
fondanti(21) che per modelli specifici nazionali.
Le fonti di ispirazione appaiono così estremamente eterogenee, sia per natura
giuridica dei soggetti che le hanno emanate, sia per le competenze geografiche
di applicazione: dall’Uniform Commercial Code nordamericano al Restatement of
the law of contracts; dal nuovo codice civile olandese, alla “Legge sui rapporti
economici con l’estero della Repubblica Popolare Cinese” del 1985. Analoga
attenzione è dedicata Convenzione di Vienna sui contratti di vendita dei beni
mobili. Ancora ampio riferimento è fatto ai principi e agli strumenti normativi
non vincolanti, come gli elaborati professionali o di altri organismi
specializzati, quali quelli desumibili dagli INCOTERMS infine i contratti-tipo
dell’Unido (per la produzione di fertilizzanti) e la Guida legale alla redazione
di contratti internazionali per la costruzione di impianti industriali dell’Uncitral
ed etc(22). Si tratta di un tentativo di codificazione dei nuovi principi
contrattuali, principi desunti dalla prassi e dalle pratiche commerciali, in cui
la volontà principale appare quella di garantire l’autonomia delle parti al
massimo livello possibile, oltre che quello di promuovere una politica ispirata
al principio del favor contractus e del mantenimento degli effetti contrattuali.
L’approccio dichiaratamente liberale dei Principi risulta essere l’ulteriore
elemento metodologico di interesse. L’autonomia contrattuale diviene essa stessa
un elemento di dinamico rinnovamento della prassi commerciale, permettendo così
un rapporto di causa-effetto con questo processo di commercializzazione del
diritto contrattuale internazionale.
L’art.1 della codificazione dispone che “le parti sono libere di concludere un
contratto e di determinarne il contenuto”, introducendo un dibattito
estremamente delicato sui rapporti tra autonomia privata e usi, fenomeni
giuridici che sono legati in modo organico: le manifestazioni dell’autonomia
privata, uniformemente protratte nel tempo tanto da acquisire le vesti della
normalità, rappresentano le radici per la costituzione di quella prassi sociale,
di cui abbiamo analizzato precedentemente l’attinenza con i Principi Unidroit(23).
Abbiamo, inoltre, una doppia previsione di efficacia di tale “codice”: la prima,
secondo la quale l’applicabilità dei Principi Unidroit è frutto di una esplicita
e autonoma previsione delle parti (comma II e III del Preambolo); la seconda,
che richiama la possibilità (prevista dallo stesso Preambolo) di un eventuale
utilizzo anche senza un preventivo accordo contrattuale, al pari di una
qualsiasi fonte di grado inferiore alle norme imperative nazionali o
sovranazionali (comma IV e V).
La struttura scelta dall’Istituto è insieme analitica e complessa: una struttura
in cui l’aspirazione ad una codificazione completa di tutti gli aspetti del
contratto e della vita dello stesso, dalla sua formazione fino alla risoluzione
del medesimo, si arricchisce con l’introduzione ed il raffinamento di strumenti
ed istituti per la conservazione del contratto e per il suo automatico
adattamento alle variazioni esterne. Tutto ciò in un’ottica di rivalutazione e
di modifica degli elementi fondamentali dell’esecuzione delle prestazioni.
L’incipit del testo Unidroit è costituito da un ricco primo capitolo intitolato
“Disposizioni generali”, all’interno del quale l’art.1.1 (“Libertà
contrattuale”) e l’art.1.2 (“Libertà di forma”) introducono quello che abbiamo
visto essere lo spirito liberale del testo. Diventa interessante un breve cenno
all’art.1.2, in un’ottica comparatistica: quanto disposto dal testo in analisi,
che dichiara che “Nessuna disposizione di questi Principi richiede che un
contratto sia concluso o sia provato per iscritto”. La forma scritta, lungi
dall’essere prevista come condizione di validità per il contratto, viene tutt’al
più ad essere strumento di maggiore tutela e di garanzia per le parti; tutto ciò
si apprezza nel contratto B2C e, nel contratto B2B, solo per la fase di
individuazione delle condizioni essenziali del rapporto tra le parti (dunque per
il contenuto del contratto definito normativo) e tutt’al più nel caso in cui nel
singolo ordinativo vi siano deroghe eccezionali agli estremi delle prestazioni.
Ad ulteriore dimostrazione del ruolo politico delle Disposizioni generali, si
può citare anche la norma ex art.1.8 che, dichiarando il carattere vincolante
degli usi e delle pratiche istaurate tra le parti, estende tale proprietà anche
agli usi del particolare settore commerciale considerato, salvo quando essi
appaiano “irragionevoli”. Tali pratiche devono conformarsi, ex art.1.7,
inderogabilmente “alla buona fede nel commercio internazionale”(24).
Completato il capitolo introduttivo, si affronta il problema della formazione
del contratto. Anche in tale ambito il riferimento è alle modalità costituitesi
nella pratica e più conformi alle dinamiche di un settore, quale quello
commerciale, estremamente volubile(25). Inoltre, dalla lettura dell’art.2.1, si
può individuare un’altra fondamentale scelta del Gruppo di Lavoro: il favor
contractus (ribadito anche dalla sez. 2 del Capitolo 6(26), dalla sez. 3 del
Capitolo 7(27) e dall’art.7.1.4, che sancisce il diritto al right to cure(28)),
pur non rappresentando un’innovazione assoluta, costituisce una linea guida che
ci permetterà di interpretare le scelte nodali dell’Unidroit(29). Viene posto
come limite inderogabile, oltre quello già visto ex art 1.4, il fatto che una
parte abbia condotto le trattative in buona fede (art.2.15), disposizione che
approfondisce e specifica il dettame dell’art.1.7 (“Ciascuna parte deve agire in
conformità alla buona fede nel commercio internazionale”), precedentemente
citato. Fuori da tali ipotesi di mala fede in contrahendo, la tensione
degli operatori a preservare la validità del contratto si apprezza sia nel caso
in cui non vi dovesse essere piena conformità tra accettazione e offerta, sia
nel caso in cui le parti abbiano volontariamente sottoscritto un contratto con
clausole lasciate in bianco. Nel primo caso (art.2.11) si avrà comunque un
contratto valido se nell’accettazione fossero aggiunte parti non essenziali
(“che non alterano sostanzialmente i termini dell’offerta”) e sempre che
l’offerente non si opponga a queste differenze; nel secondo caso (estremamente
interessante per chi stia sottoscrivendo un contratto normativo, con ordinativi
successivi) la validità del contratto è assicurata anche nell’ipotesi in cui la
determinazioni di clausole del contratto sia fissata in “future negoziazioni o
[per] determinazione di un terzo”(30). Infine, ex artt.2.19, 2.20, 2.21 e 2.22,
si affronta il problema, attuale nell’ambito dei contratti commerciali, del
possibile utilizzo di clausole standard. Tali clausole, definite quali
“disposizioni preparate in anticipo da una parte per uso […] ripetuto ed
effettivamente usate senza aver costituito oggetto di trattative con la
controparte” (art.2.19), sono valide solo se la parte non predisponente le abbia
accettate o se implicitamente abbia compiuto comportamenti concludenti ex art.2.6
(norma applicabile grazie al rinvio alle “regole generali” previsto dall’art.2.19).
E ciò sempre che non si tratti di clausole a sorpresa(31), qualifica che si
attribuisce in base al contenuto, alla formulazione linguistica, alla
presentazione grafica e alla coerenza con il tipo di contratto(32).
Anche la disciplina dell’utilizzo di clausole standard è improntata al principio
di conservazione del contratto: l’art.2.22, nel prevedere la possibilità di un
mancato accordo tra le parti sull’apposizione delle clausole standard da
entrambi poste, prevede la possibile conclusione del contratto limitatamente
alla parte in cui vi sia piena concordia nella sostanza.
Per quanto riguarda la disciplina sulle condizioni di validità (nessun articolo
di questo capitolo prevede oneri di forma) sono due i temi affrontati: i vizi
del consenso (art.3.5: errore rilevante, art.3.8: dolo, art.3.9: violenza, art.3.10:
eccessivo squilibrio) e il superamento della dottrina della consideration(33),
con l’accoglimento dell’art.29 della Convenzione di Vienna nella parte in cui
stabilisce che il “contratto può essere modificato o sciolto col semplice
accordo delle parti”(34).
Tuttavia è in tema di contenuti che il testo diviene estremamente sensibile alle
esigenze della prassi. Il capitolo V è introdotto, all’art.5.2, da una
definizione di “obbligazione implicita”, desunta dalla natura del contratto,
dalle pratiche instauratesi, dagli usi, dalla buona fede e dalla ragionevolezza.
La norma sembra avere, quali specificazioni logiche, l’obbligo, improntato alla
buona fede, di cooperazione con la controparte qualora tale comportamento sia
ragionevolmente presumibile (art.5.3), oltre alla conservazione della validità
del contratto e all’obbligo di fornire una prestazione di qualità non inferiore
alla media (art.5.6) in caso di mancata fissazione della prestazione. Si fondono
e si coordinano, così, i principi di favor contractus, di buona fede e di
applicazione dei parametri individuati dalla prassi. Uguale approccio verrà
mantenuto dagli operatori anche nel caso in cui a non essere specificato dovesse
essere il prezzo della prestazione (art.5.7).
Anche il capitolo VI in materia di adempimento si presenta improntato alla
applicabilità delle norme consuetudinarie. I Principi privilegiano la fase
esecutiva del contratto, dedicandole uno spazio estremamente particolareggiato e
contrapponendosi alla scelta non altrettanto valorizzante del legislatore
italiano (art.1182 e ss. c.c.)(35). Nonostante ciò in molti casi il legislatore
italiano appare essere più liberale, come nell’ipotesi ex art.1181 c.c.: tale
norma prevede il possibile rifiuto da parte del creditore dell’adempimento
parziale, tranne nei casi in cui la legge o gli usi dispongano diversamente.
L’approccio dei Principi appare essere diversa, ex art.6.1.3: l’adempimento
parziale non è rifiutabile, tranne nel caso di carenza assoluta di interesse a
giustificazione del diniego, con prevalenza per il favor contractus. Ad
eccezione delle regole in merito alla disciplina del rifiuto dell’adempimento
anticipato (illecito ex art.6.1.5 dei Principi se non supportato da ragioni
specifiche; non regolato dal codice civile italiano, che prevede più che altro
una regola desunta implicitamente dal generico favor debitoris, secondo la quale
il debitore può adempiere quando vuole se non è stato previsto un termine(36))
le rimanenti regole sull’adempimento coincidono con le norme dell’ordinamento
italiano(37).
Da quanto velocemente detto si dimostra come il lavoro della commissione Lando
permetterebbe di tracciare la strada per una sorta di codificazione europea, in
cui i principi fondamentali e gli strumenti normativi collaudati dal diritto
privato europeo possano, quanto meno, dare soluzioni, compatibili con gli
ordinamenti statali, alle esigenze di certezza e di stabilità del diritto nel
mercato europeo.
3. Dal Libro Verde sulla trasformazione in strumento comunitario della
Convenzione di Roma del 1980 alla Comunicazione del 2003.
Nel 2003 la Commissione europea inaugura un anno di impegni e di consultazioni
in merito alla soluzione del problema, denunciato anche durante il Consiglio
europeo di Tampere, dell’impossibilità di realizzare un autentico mercato comune
interno finchè non saranno state individuate regole uniche e certe che
garantiscano e permettano la nascita di uno spazio comune di giustizia. Solo con
questo ulteriore passaggio si renderebbe effettiva la rete di tutele creata per
i cittadini europei anche con le direttive già riportate in allegato dalla
Comunicazione del 2001(38).
Il “Libro Verde sulla trasformazione in strumento comunitario della Convenzione
di Roma del 1980 applicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamento
della medesima” si presenta, dunque, come una delle ipotesi che il la
Commissione individua per realizzare lo spazio unico di giustizia. Primo passo,
dunque, sarebbe quello di rinnovare la discussione sulla regolamentazione del
diritto internazionale privato, ossia quel complesso normativo che si limita
unicamente a risolvere sul nascere o, addirittura in modo preventivo alla
stipula di un contratto, il cd. conflitto di giurisdizione,che si
verifica nel caso in cui le prti del contratto fossero di diversa
nazionalità(39).
Due le necessità individuate nel testo: evitare che al momento della stipula
dell’accordo la parte contrattualmente più forte imponga l’applicazione delle
norme di un ordinamento giuridico statale a lui più favorevole (foro
shopping)(40); che non si pregiudichi la vigenza del principio della tutela
della parte debole, secondo il quale eventuali limiti nella scelta del foro non
devono coinvolgere l’applicazione delle norme statali più vantaggiose per le
parti contrattuali tipicamente più deboli (ad esempio i consumatori ed i
lavoratori).
Il Libro Verde ribadisce che, pur mantenendo come principio di base quello della
libertà contrattuale delle parti(41), nel caso in cui permanga il conflitto di
leggi, sarà indichato, quale ordinamento da applicare, quello avente “il
collegamento più stretto”(42) con il caso in specie.
Tale approccio, si dice, non dovrà pero’ pregiudicare l’applicazione della
migliore tutela della parte debole(43). Anzi si propone esplicitamente la
formulazione di una clausola di “protezione minima” comunitaria appolicabile a
tutti i contratti tra soggetti comunitarie(44), magari frutto del rinnovamento
degli artt. 5 e 6 della Convenzione di Roma e della loro trasformazione in vere
e proprie norme imperative che, in quanto tali, non possano essere derogate
dalle parti.
La Commissione si sofferma, all’art. 2.2 del Libro Verde, sulla necessità di
stabilizzare la normativa disciplinata con la Convenzione del 1980, individuando
esplicitamente i motivi che renderebbero improcrastinabile tale intervento:
innanzitutto non ritiene accettabile che agli Stati possa essere riconosciuto il
potere di emettere riserve nel recepimento di alcuni articoli della Convenzione,
come l’art. 7, comma 1 e per l’art.10 comma 1, lettera e(45); inoltre definisce
non più tollerabile il disposto, ex art.23, che riconosce il diritto di
applicare, a determinate categorie di contratti, norme di conflitto
nazionali(46) o di stipulare convenzioni multilaterali concorrenti (art.24).
In ogni caso un intervento del legislatore europeo per la trasformazione
definitiva della Convenzione di Roma in strumento europeo permanente è da
ritenere necessario dato che si tratta di una convenzione a durata limitata (art.30),
per quanto rinnovabile(47). Il documento in esame non si limita a chiedere la
trasformazione della Convenzione del 1980 in strumento comunitario, aprendo un
dibattito su quale sia lo strumento più adatto (regolamento, direttiva o
raccomandazione su base volontaria), ma propone anche di dar seguito alla
dichiarazione comune espressa dagli Stati membri(48) affinchè sia dato alla
Corte di giustizia europea la facoltà di dare interpretazione uniforme alle
norme in materia contrattuale in genere.
Dunque, la disciplina delle norme di conflitto non esaurisce il dibattito sul
nascituro diritto contrattuale europeo ma, sfociando in problemi di diritto
sostanziale, di fatto ne prepara il campo e ne affianca il cammino.
Due mesi dopo (il 15.3.2003) il Libro Verde analizzato, viene pubblicata la
“Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio per una
maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo, un piano d’azione” (2003/C
63/01). Tale documento si presenta esplicitamente quale passo successivo alla
Comunicazione 2001, con la funzione di mantenerne “il carattere consultivo” e di
presentare “le conclusioni della Commissione”(49). Immediatamente viene chiarito
un elemento: non si ritiene esaurito il percorso intrapreso in questi anni,
basato su interventi settoriali(50), ma si coglie dalle consultazioni promosse
nel 2001 “la necessità di un’applicazione uniforme del diritto contrattuale
europeo”(51). Dunque il Piano d’azione suggerisce di procedere su tre vie
distinte, ma parallele:
· riprendere il dibattito inaugurato con il Libro Verde sulla Convenzione di
Roma, considerato che esso pone le basi per uno strumento di diritto europeo per
risolvere definitivamente il problema del diritto applicabile e che
inevitabilmente introdurrebbe anche norme di diritto sostanziale applicabile al
settore contrattuale;
· rinvigorire la regolamentazione dei singoli contratti, con particolare
attenzione ai contratti di commercio europeo;
· trarre dalle consultazioni utili suggerimenti per una strategia di riordino ed
armonizzazione di un diritto contrattuale europeo in modo di accrescere la
coerenza dell’acquis comunitario, elaborare clausole standard uniche,
individuare eventuali soluzioni alternative ai problemi del settore.
Interessante leggere il resoconto sui contributi ricevuti delle parti
interessate in merito alle quattro opzioni proposte dal redattore del 2001:
all’art. 2 (Descrizione del processo in corso), punto 7 della Comunicazione
2003/C 63/01 si ribadisce come sia stato espresso un generale favor per un
rinvigorimento dell’approccio settoriale, da accompagnare pero’ con uno sforzo
per lo sviluppo di principi e definizioni comuni (Comunicazione 2001/C 255/01,
art. 4, Opzione II) e una politica di riordino e miglioramento della normativa
vigente del settore contrattuale (Opzione III). Tendenziale prudenza è stata poi
espressa nei confronti di una opera codificatoria (Opzione IV), considerata
troppo precoce per i tempi attuali, cosi’ come appare chiara una certa
diffidenza sulle capacità del mercato di risolvere, con la sola prassi
mercatoria, i problemi di uniformità in Europa del diritto contrattuale (Opzione
I).
Nonostante le prudenza degli addetti ai lavori il Comitato economico sociale,
con parere datato 17.7.2002 e ribadita all’art. 2, punto 10 della Comunicazione
del 2003, sottolineano l’urgenza di soluzioni per i problemi del settore. In
specifico le parti, istituzionali e non, concordano sulla necessità di una
politica di razionalizzazione contro le “incoerenze intrinseche nella
legislazione comunitaria in campo contrattuale” che si palesano ogni qual volta
“situazioni simili [vengono] trattate in modo diverso”(52) senza una ragione
valida. Altro problema sentito è quello della imprecisione, se non addirittura
di vere e proprie lacune, definitorie. Tale problema si considera risolvibile
anche con la soluzione di un ulteriore disfunzione, ossia quella che concerne il
rapporto tra le direttive esistenti e le norme degli ordinamento nazionale
disciplinanti il diritto contrattuale statale. I settori che più necessitano di
interventi sono quelli relativi la forma contrattuale, le condizioni generali
del contratto, le clausole vessatorie, le responsabilità contrattuali. Ma vi
sono indicati dalla Comunicazione 2003 anche contratti particolarmente delicati:
il contratto di factoring, ad esempio, per il quale le divergenze tra stato e
stato sono drammatiche; il contratto di assicurazione ed il contratto di
trasporto di cabotaggio, solo per citarne alcuni(53).
Le ipotesi di intervento, in conformità all’ampiezza del problema e al numero
dei campi toccati, sono estremamente varie.
L’art. 4 sottolinea la necessità di una lunga attività di ricerca che prepari il
campo a interventi mirati e alla costituzione di un quadro europeo unico. Tale
quadro unico di riferimento dovrà stabilire principi e terminologia comune per
migliorare l’acquis in materia di contratti europei, con interventi settoriali e
con l’adozione di un non meglio identificato “strumento opzionale, per risolvere
i problemi rilevanti” (art. 4.1.1., punto 62, a). Tutto cio’ senza alterare
principi cardine del diritto europeo, quale ad esempio quello della libertà
contrattuale. Tale quadro comune dovrà trattare essenzialmente le figure
contrattuali a rilevanza tranfrontaliera, risolvere i problemi della disciplina
sulla conclusione, validità, adempimento, garanzie del credito e l’arricchimento
senza causa; infine, si dovrebbe avvalere anche del diritto non scritto (best
pratice ed usi contrattuali consolidati) e della giurisprudenza nazionale. Solo
in un secondo momento, e qualora si dovesse ritenere opportuno, si prevede la
possibilità di procedere a codificazioni degli strumenti esistenti (art. 4.1.2.,
punto 77).
Ulteriore passo sarà, infine, l’elaborazione di clusole standard, rispettose
delle norme comunitarie (in special modo di quelle a tutela del
consumatore)(54). Tali interventi, laddove graduali e oculati, permetterebbero
agli operatori economici e giuridici di acquisire una familiarità con il
nascituro diritto contrattuale europeo pari a quella che hanno con il diritto
civile nazionale. Ecco perchè, a chiusura della Comunicazione, la Commissione
rinnova l’invito alle categorie interessate nel campo del diritto contrattuale
euripeo a partecipare e a contribuire, nel dibattito in atto.
_____________
* Attilio Zuccarello
At FECC
Chaussée de Wavre 1519
B-1160 Brussels
E-mail: azu@fecc.org
Note
(1) Presentato un Piano d’azione per una
maggiore coerenza dell’acquis comunitario- Diritto contrattuale europeo, verso
clausole standard, in “EuropaLex”,
http://www.europalex.kataweb.it
(2) Trattasi della risoluzione A2 – 157/89 (GU C 158 del 26.6.1989, pag.400) e
della risoluzione A3 – 0329/94 (GU C 205 del 25.7.1994, pag.518).
(3) Conclusioni della presidenza, Consiglio europeo di Tampere, 15-16 ottobre
1999, SI(1999) 800, punto 39.
(4) Comunicazione 2001/C 255/01, art. 2, punto 11.
(5) Ibidem, art.4.1., punto 49 e ss.
(6) Comunicazione 2001/C 255/01, art.4.2., punto 52 e ss.
(7) Ibidem, art.4.3., punto 57 e ss.
(8) Cfr.:
http://europa.eu.int/comm/internal_market/en/update/slim
(9) Ibidem, art.4.3., punto 59, nota 3.
(10) Ibidem, art.4.4., punto 61 e ss.
(11) Ibidem, art.4.4., punto 61.
(12) Comunicazione 2001/C 255/01, Allegato I, II, III.
(13) “Obiettivo di questa presentazione, che non intende essere esaustiva, è
descrivere l’acquis comunitario avente attinenza con il diritto privato e in
particolare con il diritto dei contratti […]”. Comunicazione 2001/C 255/01,
Allegato I, Osservazioni generali.
(14) Allegato che fra le varie fonti cita, al punto 2, i Principi dell’Unidroit
per i contratti commerciali internazionali del 1994, che analizzerò al paragrafo
2.
(15) Comunicazione 2001/C 255/01, Allegato III, punto 1.1.
(16) Definizione tra l’altro non particolarmente esaustiva: «Ai fini della
presente direttiva si intende per [ …] contratto […] l'accordo che lega il
consumatore all'organizzatore e/o al venditore». Direttiva 90/314/CEE art.2.
(17) «Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato
individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell'ambito di
un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto
esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.
Il fatto che taluni elementi di una clausola o che una clausola isolata siano
stati oggetto di negoziato individuale non esclude l'applicazione del presente
articolo alla parte restante di un contratto, qualora una valutazione globale
porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione».
(18) A titolo informativo riporto l’art. 14 “La proposta di concludere un
contratto, rivolta a una o più persone determinate, costituisce un'offerta se è
sufficientemente precisa e se indica la volontà dell'autore di essere vincolato
in caso d'accettazione. Una proposta è sufficientemente precisa se designa le
merci e, esplicitamente o implicitamente, fissa quantità e prezzo o fornisce
indicazioni che permettano di determinarli. Una proposta rivolta a persone
indeterminate è considerata soltanto un invito all'offerta, a meno che il
proponente non abbia chiaramente indicato il contrario”; e l’art. 29 “Un
contratto può essere modificato o risolto con accordo amichevole tra le parti.
Un contratto scritto che contenga una disposizione secondo la quale ogni
modificazione o risoluzione amichevole deve essere fatta per scritto non può
essere oggetto di modificazione o risoluzione amichevole in altra forma.
Tuttavia, il comportamento di una delle parti può impedire alla stessa
d'invocare questa disposizione se l'altra parte si è fondata su tale
comportamento”.
(19) D’ora in avanti “Principi Unidroit”.
(20) M. J. Bonell, I Principi Unidroit dei contratti commerciali internazionali:
origini, natura e finalità, in Diritto del commercio internazionale, 1995, pag.
4.
(21) Valori che approfondiremo nel § 4.1.2.
(22) M. J. Bonell, I Principi Unidroit dei contratti commerciali
internazionali, cit., pag. 8.
(23) G. B. Ferri, Il ruolo dell’autonomia delle parti e la rilevanza degli
usi nei Principi dell’Unidroit, in Contratto e impresa /Europa, 1996,
pagg.463-486.
(24) Il riferimento implicito è ai criteri ordinari di correttezza nel
commercio, in un’accezione oggettiva (in inglese la fair dealing) che fa rinvio
agli standard della pratica commerciale, sensibili a gradi di rigore variabile a
seconda dell’ambiente socioeconomico, le dimensioni del mercato di riferimento,
la realtà geografica etc. Cfr. M. J. Bonell, I Principi Unidroit dei contratti
commerciali internazionali, cit., pagg.14 e 15.
(25) Tra gli altri cfr. l’art. 2.6, comma II e l’art. 2.7, sulle modalità e sui
termini dell’accettazione dell’offerta.
(26) “Hardship”.
(27) “Risoluzione”.
(28) Vedi § 4.1.3
(29) M. J. Bonell, I Principi Unidroit dei contratti commerciali
internazionali, cit., pag. 14.
(30) Art. 2.14
(31) Art. 2.20.
(32) A. Di Majo, I principi dei contratti commerciali internazionali dell’Unidroit,
in Contratto e impresa / Europa, 1996, pag. 291.
(33) Vedi § 4.1.3
(34) A. Di Majo, I principi dei contratti commerciali internazionali dell’Unidroit,
cit., pag. 292.
(35) G. Alpa, Prime note di raffronto tra i Principi Unidroit e il sistema
contrattuale italiano, in Contratto e impresa /Europa, 1996, pag.
328.
(36) Ibidem, pag. 329.
(37) Cfr. art. 1182 c.c. italiano e art. 6.6 dei Principi Unidroit.
(38) Libro Verde sulla trasformazione in strumento comunitario della Convenzione
di Roma del 1980 applicabile allle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamento
della medesima, art.1.1.
(39) "Una controversia presenta carattere internazionale quando, ad esempio, le
parti hanno diversa cittadinanza o non risiedono nello stesso paese. In questo
caso, i giudici di più paesi potrebbero essere competenti per giudicare la
controversia e sorge il cosiddetto «conflitto di giurisdizione». Le norme sulla
competenza internazionale stabiliscono i criteri per determinare lo Stato i cui
organi giurisdizionali sono competenti per giudicare questa controversia”.
Definizione tratta in Glossario,
http://europa.eu.int/comm/justice_home/index_en.htm.
(40) “Colui che intenta un’azione giudiziaria puo’ essere tentato a scegliere un
foro, tra le varie giurisdizioni disponibili, non perché sia quello più
appropriato per giudicare la controversia, ma perché le norme sul conflitto di
leggi che questo tribunale utilizzerà porteranno ad una applicazione della legge
a lui più favorevole”. Glossario,
http://europa.eu.int/comm/justice_home/index_en.htm.
(41) “Il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. La scelta dev'essere
espressa, o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del
contratto o dalle circostanze. Le parti possono designare la legge applicabile a
tutto il contratto, ovvero a una parte soltanto di esso”. Convenzione di Roma
1980 art. 3, comma 1.
(42)Libro Verde sulla trasformazione in strumento comunitario della Convenzione
di Roma del 1980 applicabile allle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamento
della medesima, art.1.4. e. Convenzione di Roma 1980 art.4.
(43) Libro Verde, art.1.5. e. Convenzione di Roma 1980 artt.5 e 6.
(44) Ibidem, art.3.1.1. e art.3.2.7.3.
(45) Convenzione di Roma 1980, art. 22.
(46) «Se uno Stato contraente, dopo l'entrata in vigore della presente
convenzione nei suoi confronti, desidera adottare una nuova norma di conflitto
di leggi per una categoria particolare di contratti che rientrano nel campo di
applicazione della convenzione, esso comunica la sua intenzione agli altri Stati
firmatari per il tramite del segretario generale del Consiglio delle Comunità
europee». Convenzione di Roma 1980 art.23, comma 1.
(47) Libro Verde, art.2.2.
(48) GU C 27 del 26.1.1998, pag. 34.
(49) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio per
una maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo, un Piano d’azione
(2003/C 63/01), Sommario.
(50) Ibidem, Introduzione, punto 7.
(51) Ibidem, Sommario.
(52) Comunicazione 2003/C 63/01, art. 3.1, punto 16.
(53) Ibidem, art. 3.2.
(54) Comunicazione 2003/C 63/01, art.4.2, punto 88.