Credito per IRAP e privilegio ex art. 2752 c.c.[1]

 

di Giuseppe Vignera (*)

 

 

 

 

          SOMMARIO: 1. - Posizione del problema. 2. - Opinioni dottrinarie e loro confutazione. 3. - La Risoluzione 5 aprile 2005 41/E dell’Agenzia delle entrate. 4. – (Segue) Critica di natura logico-cronologica alla prospettata interpretazione estensiva dell’art. 2752, comma 1, cod. civ. 5. – (Segue) Inidoneità degli argomenti prospettati ai fini di un’assimilazione giuridica dell’IRAP all’ILOR. 6. – (Segue) Impossibilità di assimilare l’IRAP alle imposte sui redditi in generale. 7. - Correlazione necessaria tra l’art. 2752, comma 1, cod. civ. ed i crediti per imposte sui redditi. 8. - Conclusioni: insussistenza nel credito per IRAP della causa giustificante il trattamento preferenziale dei crediti previsti dall’art. 2752, comma 1, cod. civ.

 

 

1. – Posizione del problema.

 

          Destinata a concludersi in tempi brevi la vicenda relativa alla compatibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con l’art. 33, n. 1, della VI Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977/388/CEE (Direttiva IVA), sia perché pare ormai prossima la sentenza della Corte di giustizia europea del Lussemburgo nella causa C-475/03, sia perché le nostre Commissioni tributarie incominciano ad accogliere le richieste di rimborso  dei contribuenti senza attendere la decisione della Corte europea, il contestato tributo [pur se “moribondo”] verosimilmente continuerà per qualche tempo a suscitare discussioni sotto un altro profilo: quello del riconoscimento al relativo credito del privilegio generale sui beni mobili del debitore ex art. 2752 cod. civ.

          Tale problema scaturisce dalla Risoluzione 5 aprile 2005 41/E dell’Agenzia delle entrate-Direzione centrale accertamento, la quale, contrariamente alle conclusioni rassegnate in argomento dalla  dottrina, ha prospettato un’interpretazione estensiva dell’art. 2752, comma 1, cod. civ., sulla cui base é stata data la seguente direttiva: “I concessionari della riscossione devono richiedere l'ammissione al passivo del credito IRAP iscritto a ruolo in via privilegiata, ai sensi dell'art. 2752 del c.c. e laddove tale collocazione non venga riconosciuta, dovrà essere proposta opposizione ai sensi dell'art. 98 del R.D. n. 267/1942, ovvero dovrà insistersi nella richiesta nel caso che la contestazione avvenga in sede di insinuazione tardiva ai sensi dell'art. 101 del R.D. n. 267/1942”.

 

 

2. – Opinioni dottrinarie e loro confutazione.

 

          Che tale Risoluzione si discosti dalle opinioni dottrinarie, effettivamente non stupisce.

          Coloro che (con scarso approfondimento, invero) si sono occupati del tema, infatti, hanno elaborato le loro conclusioni negative in virtù di ragionamenti giuridicamente fragili perché:

A)   o si è detto che “le disposizioni che attribuiscono i privilegi hanno carattere eccezionale e come tali non sono suscettibili di interpretazione analogica”;

B)   o si è affermato che l’IRAP è un tributo locale (recte: regionale) e conseguentemente (senza pensare affatto di relazionare ad essa il comma 1 dell’art. 2752, che si riferisce ai tributi diretti dello Stato) la si è rapportata all’art. 2752, ultimo comma, cod. civ. per concludere che, “poiché la disposizione non menziona i tributi regionali” [parlando ex professo solamente dei  crediti per le imposte, tasse e tributi  dei comuni e delle province previsti dalla legge per la finanza locale (recte: dal R.D. 14 settembre 1931 n. 1175) e dalle norme relative all’imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni], “si deve ritenere, accedendo a quell’interpretazione rigorosa ritenuta più corretta, che neppure il credito per I.r.a.p. goda del relativo privilegio”.

 

          Orbene!

          Chi ha invocato agli effetti de quibus l’inammissibilità di un’interpretazione analogica delle disposizioni sui privilegi, ha corrivamente trascurato di considerare che esse (disposizioni) possono essere, invece, interpretate estensivamente; ed ha conseguentemente omesso di dare risposta al seguente quesito: può l’art. 2752, comma 1, cod. civ. relazionarsi a crediti per tributi diretti diversi da quelli espressamente menzionati da tale norma (IRPEF, IRPEG E ILOR) alla stregua di una sua interpretazione (non analogica, ma) estensiva?

          Chi, a sua volta, ha parlato a proposito dell’IRAP di tributo regionale per escludere (ovviamente) l’applicabilità al relativo credito dell’art. 2752, ultimo comma, cod. civ., non ha (altrettanto corrivamente) considerato che l’imposta in discorso (ad onta della sua qualificazione) “per il contribuente si presenta come tributo statale, dato che spetta all’Amministrazione finanziaria dello Stato la potestà di accertarla e di riscuoterla, sicché il credito relativo all’IRAP é un credito fiscale dello Stato. In materia di dichiarazione, controlli, accertamento e riscossione si applicano infatti le norme sulle imposte sui redditi. Il gettito é destinato alle regioni, ma in forza di un rapporto Stato-regioni, al quale il contribuente resta estraneo”.

          E’ ben vero che il D. lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, nell’istituire l’IRAP, ha (oltrechè destinato alle Regioni il gettito del “nuovo” tributo)  attribuito alla Regioni stesse (a partire dall’anno 2000) la facoltà di variare l’aliquota d’imposta e di regolamentare le procedure applicative dell’imposta medesima, nonché l’accertamento delle violazioni.

          Tutto ciò, nondimeno, non esclude la natura statale del tributo in discorso alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale, la quale ha più volte affermato: “Va al riguardo considerato che l’IRAP é stata istituita ed é interamente disciplinata dal d. leg. 15 dicembre 1997 n. 446 … L’art. 15 del suddetto d. leg. (sotto la rubrica ‘spettanza dell’imposta’) individua come destinatarie del tributo le regioni ‘nel cui territorio il valore della produzione netta é realizzato’. Alle medesime regioni é attribuita una limitata facoltà di variazione dell’aliquota (art. 16, 3° comma) ed il potere di disciplinare, con legge, ‘nel rispetto dei principi in materia di imposte sul reddito e di quelle recati dal presente titolo, le procedure applicative dell’imposta’ (art. 24, 1° comma). La circostanza che l’imposta sia stata istituita con legge statale e che alle regioni a statuto ordinario, destinatarie del tributo, siano espressamente attribuite competenze a carattere solo attuativo, rende palese che l’imposta stessa – nonostante la sua denominazione – non può considerasi ‘tributo proprio della regione’, nel senso in cui oggi tale espressione é adoperata dall’art. 119, 2° comma, Cost., essendo indubbio il riferimento della norma costituzionale ai soli tributi istituiti dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei principi di coordinamento con il sistema tributario statale. Ne discende che, allo stato, la disciplina sostanziale dell’imposta non é divenuta … oggetto di legislazione concorrente, ai sensi dell’art. 117, 3° comma, Cost., ma rientra nell’esclusiva competenza dello Stato in matera di tributi erariali, secondo quanto previsto dall’art. 117, 2° comma, lett. e)”. 

 

 

3. – La Risoluzione 5 aprile 2005 41/E dell’Agenzia delle entrate.

 

          Data la superficialità delle opinioni espresse in subiecta materia dalla dottrina, la Direzione centrale dell’Agenzia delle entrate non ha avuto difficoltà a redigere la Risoluzione 5 aprile 2005 41/E  ed a concludere per il riconoscimento della natura privilegiata del credito IRAP sulla base di argomenti “uguali e contrari” rispetto a quelli surricordati: postulando, cioè, la natura  (non regionale, ma) statale del tributo de quo (per  “espellere” il relativo credito dall’ambito operativo dell’art. 2752, ultimo comma, cod. civ. e farlo “confluire”, invece, in quello del comma 1) ed invocando un’interpretazione (non analogica, ma) estensiva dell’art. 2752, comma 1, cod. civ.

          Sennonché, il ragionamento della Direzione centrale dell’Agenzia delle entrate risulta fatto esclusivamente pro domo sua, mancando del tutto di rigore logico-giuridico.

          Affinché la nostra affermazione non appaia “gratuita”, riteniamo doveroso riportare integralmente il testo di tale risoluzione per confutarne successivamente i singoli “passaggi”.

          “Risoluzione - Agenzia delle entrate – Direzione centrale accertamento – 5 aprile 2005 41/E.

          Procedura fallimentare. Interpretazione estensiva dell'art. 2752 del codice civile. Collocazione del credito IRAP in via privilegiata. Ammissibilità.

          Oggetto: IRAP - Insinuazione passivo fallimentare.

          Alcune Direzioni regionali, al fine di orientare correttamente l'operato dei Concessionari, hanno sottoposto alla scrivente Direzione il quesito in ordine alla collocazione in via privilegiata o chirografaria del credito IRAP nella procedura fallimentare.

          In particolare é stato chiesto quale deve essere il comportamento del concessionario del servizio nazionale della riscossione in caso di diniego espresso dal Tribunale fallimentare in ordine alla richiesta di ammissione al passivo in via privilegiata del credito IRAP ai sensi dell'art. 2752 del c.c., motivata sulla base della inesistenza di una espressa previsione legislativa di tale ipotesi.

          Come é noto, la disciplina generale di cui all'art. 2745 c.c. dispone: ‘il privilegio é accordato dalla legge in considerazione della causa del credito’; pertanto, il privilegio é direttamente ricollegato dalla legge a determinati crediti in ragione della loro specifica causa, secondo una scelta economico - politica, come tale riservata alla discrezionalità del legislatore.

          Tale necessaria correlazione tra causa del credito e privilegio é stata evidenziata dalla Suprema Corte secondo la quale ‘la causa intanto privilegia il credito in quanto sussistano in concreto le ragioni per accordare il trattamento preferenziale che, per contro, non ha ragione d'essere non solo quando si é del tutto fuori dallo schema tipico previsto dal legislatore, ma anche quando allo schema tipico previsto in astratto non corrispondono, in concreto, quelle caratteristiche del credito che hanno determinato, in sede di formazione della nota, il trattamento preferenziale in ragione della causa del credito’.
          Alla luce dello stretto collegamento tra privilegio e causa del credito deve valutarsi l'ambito applicativo dell'art. 2752 c. c. in forza del quale ‘hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi ...’.

           Tale norma dunque, al pari di tutte quelle istitutive di privilegio, ha carattere eccezionale in quanto deroga al principio generale della par condicio creditorum.

           Atteso che l'art. 14 delle Disposizioni preliminari al codice civile dispone che ‘le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati’, ne consegue che l'art. 2752 del codice civile non può applicarsi in via analogica.

          In particolare, la ratio del divieto di applicazione analogica delle norme eccezionali consiste nell'evitare un'arbitraria estensione delle deroghe alla disciplina generale oltre i casi specificamente previsti dal legislatore.
          Secondo il comune orientamento dottrinale e giurisprudenziale, tuttavia, é ammessa un'interpretazione estensiva delle norme eccezionali.

          Circa la distinzione tra interpretazione estensiva ed analogica, può ritenersi, in via generale, che con l'interpretazione estensiva si afferma un significato della norma più ampio di quello risultante dalla mera interpretazione letterale, fino a ricomprendere quei casi che solo apparentemente sembrano esclusi ma che in realtà sottendono la medesima ratio.

          L'analogia, viceversa, quale mezzo suppletivo della legge, non riguarda il significativo della norma, bensì consente l'applicazione di quest'ultima a casi non ricompresi nel suo ambito.

         Occorre altresì considerare che ai sensi dell'art. 12 delle Disposizioni preliminari al codice civile, l'interprete non può fermarsi al significato letterale della legge, ma deve anche tener conto ‘dell'intenzione del legislatore’ inteso obiettivamente come interesse specifico tutelato dalla norma.

          Ciò premesso in via generale, con riferimento al caso di specie si osserva che l'IRAP ha sostituito - tra le altre imposte - l'ILOR di cui ha ereditato la natura di tributo diretto ed erariale assumendone la stessa rilevanza nell'ambito del sistema tributario nazionale.

          Invero, tenuto conto che le imposte dirette colpiscono la ricchezza come tale, la natura diretta dell'IRAP é stata implicitamente affermata dalla stessa Corte Costituzionale con sentenza del 21 maggio 2001, n. 156 secondo cui ‘il valore aggiunto prodotto altro non é che la nuova ricchezza creata dalla singola unità produttiva, che viene, mediante l'IRAP, assoggettata ad imposizione ancor prima che sia distribuita al fine di remunerare i diversi fattori della produzione, trasformandosi in reddito per l'organizzatore dell'attività, i suoi finanziatori, i suoi dipendenti e collaboratori. L'imposta colpisce perciò, con carattere di realtà, il fatto economico diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell'attività, é autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione’.

           Allo stesso modo, non può negarsi la natura di tributo erariale dell'IRAP.
          Se, infatti, l'IRAP é stata ideata come strumento capace di attribuire alle Regioni un grado molto ampio di autonomia tributaria, per il contribuente essa si configura come un tributo statale in quanto istituita con legge dello Stato che ne ha definito i caratteri e la disciplina fondamentale quanto a soggetti colpiti, presupposti e materia imponibile.

          Per altro verso, si osserva che ai sensi dell'art. 25 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ‘fino a quando non hanno effetto le leggi regionali di cui all'articolo 24, per le attività di controllo e rettifica della dichiarazione, per l'accertamento e per la riscossione dell'imposta regionale nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni in materia delle imposte sui redditi ...’.

          In particolare, ‘l'imposta dovuta a ciascuna Regione in base alla dichiarazione é riscossa mediante versamento del soggetto passivo da eseguire con le modalità e nei termini stabiliti per le imposte sui redditi’ (art. 30, comma 2, del D.Lgs. n. 446/1997).

         Inoltre, ‘nel periodo d'imposta per il quale la dichiarazione deve essere presentata sono dovuti acconti dell'imposta ad esso relativa secondo le disposizioni previste per le imposte sui redditi’ (art. 30, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997).

          Infine, ‘la riscossione coattiva dell'imposta avviene mediante ruolo sulla base delle disposizioni che regolano la riscossione coattive delle imposte sui redditi ...’ (art. 30, comma 6, del D.Lgs. n. 446/1997).

          Da ultimo si evidenzia che, secondo quanto disposto dall'art. 44 del decreto legislativo n. 446/97, ‘ai fini dell'applicazione dei trattati internazionali in materia tributaria, l'imposta regionale sulle attività produttive é equiparata ai tributi erariali aboliti con l'articolo 36’ : tra tali tributi risulta espressamente indicata anche l'ILOR.

           L'IRAP ha, inoltre, sostituito l'ILOR nelle convenzioni, stipulate e stipulande, contro le doppie imposizioni.

          In base alle considerazioni esposte, pertanto, il credito IRAP, benché non espressamente richiamato dall'art. 2752 del c.c., deve ritenersi assistito da privilegio.

           Sulla base delle considerazioni sopra esposte, i concessionari della riscossione devono richiedere l'ammissione al passivo del credito IRAP iscritto a ruolo in via privilegiata, ai sensi dell'art. 2752 del c.c. e laddove tale collocazione non venga riconosciuta, dovrà essere proposta opposizione ai sensi dell'art. 98 del R.D. n. 267/1942, ovvero dovrà insistersi nella richiesta nel caso che la contestazione avvenga in sede di insinuazione tardiva ai sensi dell'art. 101 del R.D. n. 267/1942.

           Ascotributi é pregata di portare a conoscenza dei propri associati il contenuto della presente”.

 

 

4. – (Segue) Critica di natura logico-cronologica alla prospettata interpretazione estensiva dell’art. 2752, comma 1, cod. civ.

 

          Tutti gli argomenti divisati nella predetta Risoluzione dell’Agenzia delle entrate potrebbero essere “tranciati” con una semplice considerazione di tipo logico-cronologico.

          Com’é noto, l’IRAP é stata istituita nel 1997 (D. Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446), mentre l’art. 2752 cod. civ. é stato da ultimo “riformulato” nel 1999 [recte:  dal D. Lgs. 26 febbraio 1999 n. 46, art. 33, lettera a) (che ha sostituito il comma 1 dell’art. 2752) ed art. 33, lettera b) (che ha soppresso l’originario comma 2 dell’art. 2752)].

          Ebbene!

          Se il Legislatore avesse voluto effettivamente estendere pure all’IRAP il regime privilegiato espressamente previsto dalla disposizione in questione per l’IRPEF, per l’IRPEG e per l’ILOR, avrebbe logicamente approfittato del superiore intervento normativo del 1999 per “ritoccare” quella norma anche nel senso di includervi (accanto a quella dell’IRPEF, dell’IRPEG ed dell’ILOR) la menzione dell’IRAP, visto che quest’ultima esisteva nel sistema tributario sin dal 1997: e poiché, invece, questo non é successo, l’interpretazione estensiva “caldeggiata” dalla predetta Risoluzione del 5 aprile 2005 41/E in definitiva si porrebbe in contrasto con la voluntas legis!

 

 

5. – (Segue) Inidoneità degli argomenti prospettati ai fini di un’assimilazione giuridica dell’IRAP all’ILOR.

 

          A parte questa considerazione (cui potrebbe contrapporsi il  consueto sofisma della “dimenticanza del Legislatore”), non é per nulla esatto sostenere ai fini de quibus che “l’IRAP ha sostituito – tra le altre imposte – l’ILOR di cui ha ereditato la natura di tributo diretto ed erariale assumendone la stessa rilevanza nell’ambito del sistema tributario nazionale” (come si legge nella suindicata Risoluzione del 5 aprile 2005 n. 41/E).

          Se é vero, infatti, che il D. Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, nell’istituire l’IRAP, ha con gli artt. 36 e 51, comma 1, abolito altri tributi e contributi, ciò significa soltanto che con il nuovo tributo il Legislatore ha voluto assicurare la continuità del prelievo (sostituire, cioé, il gettito derivante dai tributi e contributi soppressi con il gettito derivante dal nuovo tributo).

          Tutto questo trova autorevole conferma nell’insegnamento della stessa Corte costituzionale, la quale, con riferimento alla prima applicazione del tributo in questione, ha parlato espressamente dell’IRAP quale “tributo sostitutivo di altri tributi e imposte” in quanto diretto a “garantire una certa continuità tra il precedente e il nuovo regime, soprattutto in termini redistributivi e di gettito”.

          Del resto, é logicamente impossibile affermare che l’IRAP abbia “sostituito i tributi contestualmente soppressi” nel senso che abbia “assunto la stessa rilevanza giuridica” di questi ultimi e che, pertanto, essa debba essere giuridicamente assimilata alla soppressa ILOR anche agli effetti ex art. 2752 cod. civ.

          Tale tesi, infatti, potrebbe (astrattamente) sostenersi se contestualmente all’istituzione dell’IRAP fosse stata abolita soltanto l’ILOR.

          L’art. 36 del D. Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, invece, oltre all’ILOR ha soppresso altri tributi, soggetti a “regimi giuridici” diversi da quello proprio dell’ILOR.

          Si pensi, ad esempio ed in particolare, all’imposta comunale per l’esercizio di imprese, arti e professioni (ICIAP) [abolita dall’art. 36, comma 1, lettera c), del D. Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446], la quale, a differenza dell’ILOR, non godeva del privilegio ex art. 2752 cod. civ.!

          Conclusivamente: stante l’eterogeneità dei “regimi giuridici” propri dei tributi “sostituiti” dall’IRAP, é impossibile sostenere che a quest’ultima siano applicabili le norme disciplinati in passato codesti tributi.

          Alla stregua di tale conclusione risulta sterile ai fini qui esaminati pure l’argomento incentrato sull’art. 44 del D. Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, secondo cui “ai fini dell’applicazione dei trattati internazionali in materia tributaria, l’imposta regionale sulle attività produttive é equiparata ai tributi erariali aboliti con l’articolo 36”.

          Anche a non voler considerare che l’ambito operativo di codesta disposizione é (non “generalizzato” a tutti gli effetti di legge, ma) espressamente limitato “ai fini dell’applicazione dei trattati internazionali” (recte: ai fini  delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e, in particolare, dell’art. 33, n. 1, della VI Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977/388/CEE), resta pur sempre il fatto che  i “tributi erariali aboliti con l’art. 36” non si risolvono soltanto nell’ILOR [si pensi, ad esempio, all’imposta sul patrimonio nette delle imprese, menzionata dall’art. 36, lettera e), il cui “regime giuridico” non era certo identico a quello ILOR].

 

 

6. – (Segue) Impossibilità di assimilare l’IRAP alle imposte sui redditi in generale.

 

          Contrariamente a quanto risulta scritto nella Risoluzione in contestazione dell’Agenzia delle entrate, infine, l’assimilazione dell’IRAP alle imposte sui redditi non può essere desunta dal fatto che “per le attività di controllo e rettifica della dichiarazione, per l'accertamento e per la riscossione dell'imposta regionale nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni in materia delle imposte sui redditi”.

          A prescindere dal fatto che (anche stavolta) il richiamo delle disposizioni relative alle imposte sui redditi é (non “generalizzato”, ma) limitato quoad effectum, tra IRAP ed imposte sui redditi esiste un’incompatibilità strutturale.

          A differenza dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’ILOR, invero, notoriamente l’IRAP non é un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale, che colpisce il valore aggiunto prodotto da un’attività (economica o no), autonomamente organizzata, per la produzione di beni e servizi.

          Più esattamente, data la peculiarità delle regole di individuazione della base imponibile di tale tributo (v. gli artt. 4-12 del D. Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446), può succedere che il tributo stesso sia dovuto da soggetti che, invece, nel medesimo periodo d’imposta non abbiano avuto redditi o, addirittura, abbiano avuto delle perdite.

          Semplificando e generalizzando, infatti, alla stregua di quelle regole la base imponibile dell’IRAP si calcola nel seguente modo:

 

Reddito imponibile IRPEF (o IRPEG)                                 +

Costo del personale                                                              +

Costo dei soggetti parasubordinati ed occasionali              +

Interessi passivi                                                                     –

Proventi straordinari (plusvalenze da cessione d’azienda)  =

Base imponibile IRAP

 

          Pertanto, proprio perché la relativa base imponibile comprende anche il costo del lavoro e gli interessi pagati sul debito, l’IRAP può gravare pure su soggetti o imprenditori fortemente indebitati o addirittura in … perdita!

 

 

7. – Correlazione necessaria tra l’art. 2752, comma 1, cod. civ. ed i crediti per imposte sui redditi. 

 

          Quanto or ora precisato (circa l’impossibilità di assimilare l’IRAP alle imposte sui redditi) serve a chiudere definitivamente il nostro discorso e ad affermare un’assoluta incompatibilità logico-giuridica tra il credito per IRAP e l’art. 2752, comma 1, cod. civ.

          Quest’ultimo, infatti, presuppone non solo la presenza di un tributo diretto dello Stato [quale sicuramente é l’IRAP: al pari dei tributi espressamente richiamati dalla norma in parola (IRPEF, IRPEG ed ILOR)], ma anche l’esistenza di un’imposta sul reddito (quale non é l’IRAP: a differenza dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’ILOR).

          Tutto ciò risulta evidente se si legge l’art. 2752, comma 1, cod. civ. in connessione con le “speculari” disposizioni contenute nell’art. 2771, comma 1, cod. civ. e nell’art. 2759, comma 1, cod. civ., che é opportuno trascrivere integralmente.

          L’art. 2752 (Crediti per tributi diretti dello Stato per l'imposta sul valore aggiunto e per i tributi degli enti locali) al comma 1 stabilisce: “Hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi, diversi da quelli indicati nel primo comma dell'art. 2771, iscritti nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui il concessionario del servizio di riscossione procede o interviene nell'esecuzione e nell'anno precedente”.

          L’art. 2771 (Crediti per le imposte sui redditi immobiliari), a sua volta, al comma 1 prevede: “I crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi, limitatamente all'imposta o alla quota proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, compresi quelli di natura fondiaria non determinabili catastalmente, sono privilegiati sopra gli immobili tutti del contribuente situati nel territorio del comune in cui il tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni degli stessi immobili, senza pregiudizio dei mezzi speciali di esecuzione autorizzati dalla legge”.

          L’art 2759 (Crediti per le imposte sul reddito), infine, al comma 1 dispone: “I crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi, dovuta per i due anni anteriori a quello in cui si procede, hanno privilegio limitatamente all'imposta o alla quota d'imposta imputabile al reddito d'impresa, sopra i mobili che servono all'esercizio di imprese commerciali e sopra le merci che si trovano nel locale adibito all'esercizio stesso o nell'abitazione dell'imprenditore”.

          Orbene!

          Dalla lettura “combinata” di queste tre disposizioni (accomunate tutte dal fatto di riferirsi ai “crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi”) si desume inequivocabilmente che i privilegi ivi contemplati (generale sui mobili il primo, speciale immobiliare il secondo e speciale mobiliare il terzo) “assistono”  i crediti tributari da esse richiamati non nella loro interezza, ma limitatamente all’imposta o alla quota d’imposta imputabile ad un certo di tipo di reddito.

          Più esattamente, atteso che la norma ex art. 2752, comma 1, cod. civ. esclude dal suo ambito applicativo i crediti “diversi da quelli indicati nel primo comma dell'art. 2771”, il privilegio generale da essa previsto va riconosciuto soltanto  limitatamente all’imposta od alla quota d’imposta imputabile ai redditi diversi da quelli immobiliari.

          Sennonché, non essendo l’IRAP (a differenza dell’IRPEF, dell’IRPEG e dell’ILOR) un’imposta sul reddito (come testé detto), essa strutturalmente non é imputabile ad alcun reddito (mobiliare, immobiliare o d’impresa) del contribuente: il relativo credito, perciò, é “ontologicamente” incompatibile con l’art. 2752, comma 1, cod. civ. (nonché con gli artt. 2759 e 2771), che viceversa presuppone proprio tale “imputabilità”.

 

 

8. – Conclusioni: insussistenza nel credito per IRAP della causa giustificante il trattamento preferenziale dei crediti previsti dall’art. 2752, comma 1, cod. civ.

 

          Appare evidente a questo punto come la Relazione dell’Agenzia delle entrate del 5 aprile 2005 41/E abbia fatto in subiecta materia un “uso improprio” dell’insegnamento del Supremo Collegio riguardante l’ammissibilità dell’interpretazione estensiva delle norme sui privilegi.

          E’ vero, infatti, che in base a quell’insegnamento “la causa, in tanto privilegia il credito, in quanto sussistano, in concreto, le ragioni per accordare il trattamento preferenziale che, per contro, non ha ragion d'essere non solo quando si é del tutto fuori dallo schema tipico previsto dal legislatore, ma anche quando allo schema tipico previsto in astratto non corrispondono, in concreto, quelle caratteristiche del credito che hanno determinato, in sede di formazione della norma, il trattamento preferenziale in ragione della causa del credito”.

          Ma é altrettanto vero che chi ha scritto quella Risoluzione, se avesse tenuto presenti le caratteristiche essenziali dell’IRAP, si sarebbe accorto che “allo schema tipico previsto in astratto” dall’art. 2752, comma 1, cod. civ. “non corrispondono, in concreto” (cioé, rispetto al credito per IRAP), “quelle caratteristiche del credito che hanno determinato, in sede di formazione della norma, il trattamento preferenziale in ragione della causa del credito”: la quale (causa del credito), rispetto ai privilegi di cui all’art. 2752, comma 1, all’art. 2759, comma 1, ed all’art. 2771, comma 1, cod. civ., va individuata non già nella mera natura erariale dei crediti ivi considerati, ma in una sorta di “nesso di strumentalità” tra i beni costituenti l’oggetto del privilegio e la produzione del reddito “gravato” dall’imposta costituente l’oggetto di quei crediti (detto altrimenti: avendo quei beni  contribuito a produrre quei  redditi, il Legislatore ha considerato “giusto” destinare  i primi al soddisfacimento preferenziale dei crediti aventi ad oggetto le imposte gravanti sui secondi).

 

 

 

[1] Il presente scritto corredato delle note e dell’apparato bibliografico è in corso di pubblicazione sulla rivista “Informazione previdenziale”.

  

(*) Magistrato


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