I poteri conferiti al difensore della parte civile, che eccedono la semplice difesa in senso tecnico,
devono essere specificamente delegati

di Sergio Vergottini (*)

 

Con una recentissima sentenza (n. 11071/2004 depositata il 10/03/2004) la Suprema Corte – Sez. V –  ha avuto occasione di evidenziare che i poteri attribuiti al difensore della parte civile nel procedimento penale, ivi compreso quello di impugnare la sentenza di primo grado, devono essere analiticamente ed esplicitamente indicati nel mandato, sicché deve esserne chiara la volontà delle parte di averli trasmessi al patrocinatore.

I fatti oggetto di causa possono essere così sommariamente riassunti.

La pronuncia di assoluzione resa dal Tribunale era stata appellata dal procuratore della persona offesa, costituitasi parte civile in giudizio.

La Corte d’Appello, accogliendo il gravame, aveva condannato l’imputato a risarcire il danno all’appellante, da liquidare in separato giudizio, infliggendo allo stesso la sanzione penale ritenuta di giustizia.

Tale pronuncia veniva tempestivamente  impugnata sia dal difensore dell’imputato che dalla Procura Generale.

Entrambi lamentavano che quel Giudicante aveva violato il  divieto di reformatio in pejus, sancito dall’art. 597 c.p.p. sul presupposto che l’appello della parte civile doveva necessariamente intendersi effettuato ai soli effetti della responsabilità civile dell’imputato.

La difesa di quest’ultimo aveva inoltre eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità dell’intero giudizio d’appello giacché il difensore dell’appellante non aveva indicato, nel proprio mandato, il potere di interporre gravame.

Vi era quindi stata  violazione dei precetti di cui agli 100 e 122 c.p.p.

Il Giudice di legittimità ha quindi osservato che “l’ordinamento prevede che la parte civile stia in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale, rilasciata con atto pubblico o con scrittura privata autentica anche dallo stesso difensore. L’atto deve contenere la puntuale indicazione dei poteri conferiti al difensore, ove essi superino la semplice assistenza tecnico giuridica nel procedimento e comportino la possibilità di disporre del merito della lite, come nel caso dell’impugnazione della sentenza di primo grado. Infatti la procura speciale rilasciata al difensore ai fini della costituzione di parte civile (art. 100 c.p.c.) non comprende necessariamente la trasmissione del potere di impugnativa ex art. 576 o 577 c.p.p.”.

La Cassazione concludeva quindi assumendo che tale potere può “essere delegato al difensore, ma si impone la necessità di uno “specifico mandato” che riveli la consapevolezza del trasferimento dell’esercizio del potere in questione”.

L’atto di appello era quindi nullo e il gravame inammissibile, con la conseguente cassazione senza rinvio di quella pronuncia.

La sentenza, pienamente condivisibile nel risultato e nelle motivazioni, conferma un indirizzo già precedentemente espresso dalla medesima Sezione quinta.

Si richiamano alla mente le sentenze n. 1469/1997 e 31922/2001.

In particolare, nella prima delle due evocate massime, la Cassazione ha affermato che “… tutto questo sta a significare che la procura speciale (conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata) rilasciata al difensore ai fini della costituzione di parte civile (art. 100 c.p.p.) non comprende la trasmissione del potere di impugnativa ex art. 577 c.p.p. Infatti, lo "stare in giudizio" (art. 577 co. 1 c.p.p.) si riferisce ad una posizione rappresentativa, nell'ambito di un grado di giudizio (o di più gradi ove espressamente previsto nella procura: comma 3), ma lascia fuori la possibilità di impugnare che segna il momento dinamico del passaggio da un grado all'altro. Dal combinato disposto degli artt. 100 e 577 co. 4 c.p.p. si evince, dunque, che la parte offesa, pur costituita ai sensi dell'art. 100 c.p.p., conserva ancora la personalissima facoltà di impugnare. Questa senza dubbio può - a sua volta - essere delegata al difensore, ma si impone la necessità di uno "specifico mandato" che riveli la consapevolezza del trasferimento dell'esercizio del potere in questione”.

Parafrasando quanto sopra esposto, pare quindi necessario scindere i poteri spettanti al difensore della parte civile.

La mera difesa tecnica può essere esercitata in forza di una nomina, anche priva di formule sacramentali, purché sia inequivoca la volontà del soggetto di essere tutelato.

La nomina vale anche nei giudizi successivi a quelli per il quale era stata inizialmente conferita (“Il difensore della parte civile nel giudizio di primo grado può validamente intervenire in quello d'appello anche senza una nuova procura "ad hoc" e può ivi presentare le sue conclusioni e svolgere le due difese. Ne deriva che, ove la sentenza appellata venga confermata per gli interessi civili, l'imputato deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio d'appello qualora, la parte civile pur non essendo comparsa di persona, il difensore di questa sia intervenuto utilmente per contrastare la richiesta di assoluzione” Corte appello Bari, 12 novembre 1987, - Di Gennaro -, in Riv. pen. 1988, 267).

Al di fuori della mera attività difensiva, soprattutto laddove si tratta di esercitare poteri che ineriscono la disponibilità del diritto fatto valere in corso di causa, la mera nomina non risulta più assolutamente sufficiente.

E’ il caso, ad esempio, del potere di appellare la pronuncia, totalmente o parzialmente sfavorevole alla parte civile, oppure di rinunciare alle domanda formulate nel giudizio.

Orbene, tali facoltà devono essere espressamente delegate.

Ciò, fra l’altro si legge pure nell’art. 100, comma quarto, c.p.p. “il difensore può compiere e ricevere, nell'interesse della parte rappresentata, tutti gli atti del procedimento che dalla legge non sono a essa espressamente riservati. In ogni caso non può compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa se non ne ha ricevuto espressamente il potere”.

La Cassazione ha bene precisato come possa coniugarsi il principio dell’immanenza della parte civile nel processo penale con la necessità che la delega al procuratore sia esplicita: “la  procura  speciale per  la  costituzione  di parte civile, a norma  dell'art. 100  c.p.p.,  si presume conferita per un determinato grado  del processo, quando nell'atto non e' espressa volonta' diversa. Tale  norma deve tuttavia essere interpretata con riferimento all'immanenza  della  costituzione della  parte  civile, che produce effetti in ogni  stato  e grado  del  processo,  in forza  dell'art. 76 stesso codice;  principio, quest'ultimo, che non consente, fino a che l'azione rimane  validamente  inserita  nel processo  penale  e  se l'iniziale procura  speciale non  venga revocata, alcuna limitazione difensiva alla parte  costituita   che   puo', attraverso   il   difensore,   efficacemente  interloquire, resistere  all'impugnazione dell'imputato e validamente  presentare  conclusioni  e nota spese, senza che sia necessario altro  mandato. Dal combinato disposto delle due norme citate risulta che la  limitazione  opera,  dunque,   non   per  resistere  all'impugnazione  dell'imputato  e  contraddirla,  ma  soltanto per  agire  e  proporre  domande,  nonche'  per   impugnare   la  sentenza  e  le  statuizioni  sfavorevoli,   attivita'   che richiedono   un  mandato  specifico ed  ulteriore se non contenuto nella prima procura” (Cassazione penale sez. V, 22 settembre 1997, -   Sorrentino -, in Cass. pen. 1999,2939 (s.m.)).

Il mandato difensivo, dunque, deve essere predisposto in maniera rigorosa ed analitica, evitando di utilizzare formule di stile, quali quelle che conferiscono al procuratore “tutte le facoltà di legge” (o altre simili), censurabili in forza della ridetta giurisprudenza della Cassazione.

Un ultimo accenno al potere di impugnare e al momento in cui questo può essere efficacemente delegato.

La giurisprudenza della Cassazione ha appunto avuto occasione di evidenziare che tale facoltà può essere delegata solo quanto sussiste un effettivo e concreto interesse della parte (“in tema di impugnazione, l'interesse ad impugnare deve essere concreto e cioè riferirsi alla pretesa di annullamento di un provvedimento che importi la lesione di un diritto o altro interesse giuridicamente riconosciuto dalla parte che impugna e che, dall'accoglimento della impugnazione, possa ricevere qualche giovamento, per la revoca o modificazione del provvedimento lesivo. E consegue che se l'impugnazione viene proposta da un difensore, a cui la procura ad impugnare - come nel caso di ricorso della parte civile - sia stata conferita anteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata - essa va dichiarata inammissibile per carenza di interesse, perché fino alla emanazione della pronuncia la parte non può sapere se si sia verificata in concreto quella lesione di un diritto che il mezzo di gravame è diretto a rimuovere” Cassazione penale, sez. IV, 5 novembre 1985, - Gionari -, in Cass. pen. 1987, 1182 (s.m.). Giust. pen. 1986, III,723 (s.m.)).

L’eventuale mandato conferito prima della pronuncia, dovrebbe quindi essere considerato nullo, giacché il pregiudizio derivante dalla futura sentenza è solo potenziale.

Più recentemente, tuttavia, il Medesimo giudizio pare abbia modificato il proprio indirizzo consentendo anche che la procura sia rilasciata precedentemente al pronuncia (“mancando   espressa previsione  legislativa  (come  per il  difensore   dell'imputato) in  assenza  di  specifica procura, il difensore della  parte civile  non e', come tale, legittimato a proporre impugnazione.  Per  esercitare  tale facolta'  egli  deve essere munito di specifica  procura   a   norma   dell'art. 122   c.p.p.,  la  quale   non   deve  necessariamente  essere successiva  alla  pronuncia  da impugnare, ma  puo' anche  precederla (art. 37 disp.att. c.p.p.). Ne consegue che il  mandato  ad impugnare puo' ben essere compreso nella procura speciale  rilasciata in calce all'atto di costituzione di parte civile, purche'  tuttavia  il conferimento  dello specifico potere di impugnazione sia  espresso”, Cassazione penale sez. VI, 8 febbraio 1996, n. 3549, -   Di Benedetto -, in  Cass. pen. 1997, 779 (s.m.)).

A scanso di equivoci, è meglio comunque che anche successivamente alla sentenza la parte civile ribadisca, al proprio difensore, la volontà suo tramite di appellare la sentenza.

Ciò giacché se è vero che la parte civile deve essere consapevole di avere trasferito al proprio patrocinatore il potere di impugnare la pronuncia, si dubita che tale conoscenza possa sussistere quando nemmeno si è formato un vero e proprio giudizio.

 

 

(*) Dott. Sergio Vergottini. Studio Legale Associato Gerosa, Lecco. svergottini@katamail.com

 


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