LA RILEVAZIONE DELLE INFRAZIONI PER VIOLAZIONE
AI LIMITI DI VELOCITA’

DOPO LE SENTENZE N.4010/2000 DELLA CORTE DI CASSAZIONE
E N.196/2000 DEL TRIBUNALE DI PADOVA

del dott. DAVIDE GABALDO

 

Negli ultimi 10 anni è progressivamente aumentata l’attenzione dell’opinione pubblica e degli organi istituzionali in materia di circolazione stradale ed in particolare, ovviamente, per tutti i provvedimenti sanzionatori che, in quanto tali, vanno ad incidere direttamente nella sfera patrimoniale dei cittadini, esprimendo nel modo più evidente il potere della Pubblica Amministrazione nei confronti delle posizioni giuridiche private.

Negli ultimi dieci anni, gli strumenti che la tecnologia ha posto a disposizione degli organi di Polizia per l’accertamento delle violazioni alla normativa sulla circolazione stradale sono cambiati ed, assieme ad essi, sono mutate le procedure operative impiegate dagli Enti accertatori.

A fronte di tale situazione di fatto, sono proporzionalmente aumentati i ricorsi presentati dai soggetti colpiti dai provvedimenti sanzionatori, anche in virtù di una maggiore presa di coscienza dei propri diritti e delle modalità di tutela offerte dalla normativa vigente.

Tra gli attuali sistemi impiegati dagli organi di Polizia per l’accertamento delle infrazioni al codice della strada emergono, tanto per diffusione quanto per le problematiche giuridiche connesse, gli strumenti elettronici di rilevazione della velocità denominati Autovelox e Telelaser, i quali continuano a sollevare numerosi interrogativi circa il loro legittimo impiego e contrastanti interventi giurisprudenziali.

Per comprendere pienamente la portata del fenomeno risulta opportuno precisare che l’impiego di tali sistemi incide nella fase di constatazione della violazione, estendendo i suoi effetti anche nella fase di contestazione dell’infrazione rilevata; infatti, tali apparecchiature determinano la velocità del veicolo interessato ed, in virtù delle specifiche caratteristiche dei diversi dispositivi comporta la "contestazione immediata" della violazione ovvero la "contestazione differita", mediante notificazione.

L’utilizzo sempre più esteso di tali strumenti, anche da parte di molti Enti Locali di dimensioni ridotte, ha suscitato diversi commenti e critiche in ordine alla legittima utilizzabilità degli stessi. Anche sul fronte giudiziario non sono mancati orientamenti discordanti sull’argomento, accogliendo prima e rigettando poi le opposizioni presentate, creando così incertezza circa l’impiego di tali mezzi.

Dall’analisi dei ricorsi presentati alle competenti autorità si comprende come i motivi di contestazione circa la legittimità dell’Autovelox, siano sostanzialmente riassumibili nell’inidoneità del dispositivo a determinare l’effettiva velocità del veicolo e nell’omessa contestazione immediata della violazione accertata da parte dell’autorità procedente.

Mentre la prima argomentazione appare superata, nonostante opinioni contrarie, mediante l’omologazione da parte del Ministero dell’Interno dell’apparecchio ed attraverso il corretto utilizzo dello stesso, risulta certamente più difficile e controverso il superamento del secondo motivo di criticità indicato.

La problematica trova origine nella procedura "notificatoria" applicata dagli Enti accertatori in caso di violazioni accertate con tali strumenti, la quale confligge con la previsione normativa dell’art.200, 1° comma del D.lgs.n.285/92, che richiede specificamente l’immediata contestazione della violazione "quando possibile". Proprio l’interpretazione letterale di quest’ultima dicitura ha finora consentito la legittima notificazione delle sanzioni rilevate mediante autovelox.

Tuttavia, anche in virtù della crescente spinta proveniente dall’opinione pubblica in materia, numerose critiche sono state mosse circa il frequente utilizzo della previsione codicistica da parte degli Enti accertatori. In effetti, volendo ricercare l’effettiva volontà del legislatore del 1992, anche dalla lettura dei lavori preparatori al codice della strada, emerge uno strumento normativo che doveva evitare l’impunità in quelle circostanze in cui l’organo accertatore non fosse materialmente in grado, per tempistica, circostanze dei luoghi o del servizio svolto, di contestare immediatamente l’infrazione rilevata.

Tipica violazione ricadente in tale previsione normativa è rappresentata dal veicolo circolante a velocità talmente elevata da non essere arrestabile dall’agente per lo svolgimento di altro servizio o per mancanza di strumenti idonei a seguire il veicolo.

A riaccendere diversi orientamenti, si inserisce la recente sentenza n.4010/2000 emessa dalla 3° sezione civile della Corte di Cassazione, la quale ha respinto il ricorso della Prefettura di Macerata nei confronti di una sentenza pretorile che aveva annullato il provvedimento amministrativo, basato sull’accertamento mediante autovelox, in quanto non contestato immediatamente al trasgressore, così come previsto dall’articolo 200 del codice della strada vigente.

In precedenza, per casi analoghi, la Corte di Cassazione aveva consolidato il principio che l’omessa contestazione immediata della violazione, pur quando essa è possibile, non dovesse ritenersi essenziale, aggiungendo che soltanto la mancata notificazione nei termini previsti, potesse estinguere l’obbligazione pecuniaria del trasgressore con l’Ente procedente.

Eventualmente, quasi a stabilire un contrappeso, la Suprema Corte (Sent. n.6123/99) aveva recentemente statuito che in tali casi l’omissione della contestazione immediata costituisse fonte di responsabilità disciplinare a carico dell’organo accertatore.

Concludendo l’analisi normativa alla base del problema, è opportuno ricordare l’attuale vigenza dell’art.14, 2° comma della legge n.689/1981, la c.d. legge di depenalizzazione. Tale disposto normativo prevede che, qualora l’infrazione accertata non sia stata contestata immediatamente sia al trasgressore che alla persona obbligata in solido per il pagamento della somma dovuta, gli estremi della violazione devono essere "notificati" agli interessati nel termine di 150 giorni dall’accertamento per i residenti nel territorio della Repubblica (termine così modificato con la successiva entrata in vigore dell’art.201 D.lgs. n.285/92), ed entro 360 giorni per i residenti all’estero.

La ratio che ha spinto i giudici della Corte Suprema ad emettere la sentenza n.4010/2000, la quale ha suscitato notevoli perplessità e critiche da parte degli operatori del settore, trova origine nel dibattito mai concluso sul problema contestazione/notificazione, facendo leva sul fatto che il dispositivo di rilevazione della velocità in esame (un autovelox mod.104/C) fosse dotato di display in grado di rendere visibile la velocità del veicolo e, pertanto, gli agenti accertatori dovessero disporre la contestazione immediata della violazione.

L’orientamento che emerge da tale sentenza sembra rafforzare il criterio di base contenuto nell’art.200 indicato del codice della strada, specificando che in tutti i casi in cui sia possibile effettuare la contestazione immediata della sanzione, gli organi non possano legittimamente ometterla, sulla base di generiche ed astratte giustificazioni; derivando, di conseguenza, la relativa nullità del provvedimento amministrativo che commina la sanzione, se non è sufficientemente motivato il motivo causa della mancata contestazione immediata.

Viene, quindi, ora richiesta una più rigida applicazione dell’art.384 del regolamento di esecuzione (D.P.R. n.495/1992) laddove specifica i casi di "materiale impossibilità" della contestazione immediata, secondo lo schema riportato di seguito:

a) impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità;
b) attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante la luce rossa;
c) sorpasso in curva;
d) accertamento di una violazione da parte di un funzionario o di un agente a bordo di un mezzo di pubblico trasporto;
e) accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo, ovvero dopo che il veicolo oggetto del rilievo sia già a distanza dal posto di accertamento o comunque nella impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari;
f) accertamento della violazione in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo.

Secondo tale orientamento, resterebbero pienamente valide ed efficaci, le sanzioni amministrative notificate, qualora sia stato utilizzato un dispositivo autovelox unicamente con sistema fotografico, dovendosi in tal caso attendere lo sviluppo del fotogramma per poter accertare l’identità del trasgressore e del soggetto obbligato al pagamento della sanzione pecuniaria.

Ad incrementare la complessità interpretativa del quadro normativo esposto, interviene la recentissima sentenza n.196 del 12.7.2000, emessa dalla 2° Sezione Civile del Tribunale di Padova, la quale accoglie l’opposizione presentata contro un provvedimento sanzionatorio derivante dall’utilizzo dell’apparecchio denominato Telelaser.

Come anticipato, anche tale apparecchiatura, consente la determinazione della velocità dei veicoli transitanti, tuttavia, a differenza dell’autovelox, non pone i medesimi problemi applicativi, non essendo in discussione la necessità di contestare immediatamente le infrazioni rilevate con tale sistema, data l’istantaneo accertamento della velocità.

Infatti, nel caso specifico, il giudice di merito ha ritenuto fondato il ricorso sulla base della considerazione che le modalità di funzionamento del Telelaser mod.LTI 20-20 "non sarebbero tali da assicurare che l’autovettura inquadrata nel mirino coincida effettivamente con quella poi fermata dagli agenti". Il giudice aggiunge inoltre che il dispositivo in esame "non conserverebbe alcuna traccia del veicolo inquadrato, né della velocità di transito".

In effetti, esaminando le caratteristiche tecniche dell’apparecchiatura citata, attualmente in dotazione a numerosi Enti locali oltre che agli organi della Polizia di Stato e dei Carabinieri, emerge che la velocità di transito appare unicamente sul display, visibile temporaneamente all’agente preposto al servizio, non essendovi memorizzazioni fotografiche od elettroniche del dato rilevato.

Da ciò è sorto il dubbio circa la corretta attività svolta dall’agente in tale fase di rilevazione; quest’ultimo, infatti, potrebbe in buona fede arrestare erroneamente un veicolo diverso da quello "puntato" con il Telelaser. Un errore umano teoricamente possibile e non correggibile, data l’assenza di prove documentali idonee a sostenere la tesi dell’operatore.

Tale orientamento supera la mera omologazione ottenuta dal Ministero dei lavori Pubblici (decreto n.4199/1997), attribuendo maggiore rilievo al diritto di difesa del soggetto colpito dal provvedimento, leso appunto dall’assenza di elementi probatori concreti.

Come correttamente osservato dal giudice di Padova, è necessario porre attenzione alle locuzioni "fissare" e "accertabile" presenti nel comma 1° dell’articolo suesposto; dalle stesse emerge chiaramente, infatti, la preoccupazione del legislatore che la velocità rilevata sia resa certa, ferma e verificabile, in sostanza documentabile in modo oggettivo.

Ciò al fine di garantire il contraddittorio con la P.A., elemento indispensabile attraverso il quale si esplica il diritto di difesa del presunto trasgressore.

Ed è proprio sulla base di questa considerazione e della puntuale applicazione dell’art.345 del regolamento di esecuzione citato, che si ritiene superabile la presunzione legale prevista dall’art.2697 del codice civile, in base al quale l’atto amministrativo posto in essere dalla Pubblica Amministrazione, qualificabile come "atto pubblico" deve ritenersi valido fino a querela di falso, ovvero fino alla prova del malfunzionamento dell’apparecchio rilevatore.

Quindi, il rischio del c.d. "errore umano", unitamente alle argomentazioni esposte, non consentirebbero di ritenere pienamente valido il provvedimento sanzionatorio emesso dall’Ente accertatore, in assenza di elementi probatori documentali.

Le implicazioni derivanti da queste importanti pronunce giurisprudenziali sono rilevanti, basti pensare all’ingente quantità di ricorsi tuttora pendenti in ogni Regione e che ora, probabilmente, subiranno un ulteriore incremento.

In attesa di un intervento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, o di una revisione normativa, in grado di delineare le corrette (e legittime) modalità d’impiego di tali apparecchiature elettroniche, per gli Enti accertatori sarà opportuno valutare con attenzione le attuali modalità operative, al fine di minimizzare il rischio di annullamento dei relativi provvedimenti.