La società unipersonale a responsabilità limitata

La dodicesima direttiva CEE in materia societaria
e la sua applicazione in Italia

di Andrea Sirotti Gaudenzi
avvocato

 

 

INDICE

CAPITOLO I - LA DODICESIMA DIRETTIVA CEE IN MATERIA SOCIETARIA

  1. Il programma di armonizzazione comunitario e il panorama europeo in tema di società unipersonale
  2. Esame della direttiva 89/667/CEE

CAPITOLO II - L'ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 89/667/CEE IN ITALIA

  1. Il decreto legislativo n.88/93
  2. Il problema della applicabilità della dodicesima direttiva anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo n.88/93
  3. Obblighi e responsabilità dell’unico socio
  4. Socio quasi totalitario di s.r.l. e attuazione della dodicesima direttiva CEE

 

 

CAPITOLO I
LA DODICESIMA DIRETTIVA CEE IN MATERIA SOCIETARIA

1. Il programma di armonizzazione comunitario e il panorama europeo in tema di società unipersonale.

L'art. 54 del Trattato di Roma, alla lettera g, stabilisce che il Consiglio e la Commissione devono esercitare le funzioni loro attribuite "coordinando, nella necessaria misura e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, secondo comma, per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi". Questa norma è stata assunta quale base del programma di coordinamento e di armonizzazione nell'ambito del diritto delle società, attuato dalla Comunità attraverso l’emanazione di varie direttive a partire dal 1968.
Già prima del 1989, anno in cui viene emanata la direttiva 89/667/CEE, la Commissione era intervenuta sugli ordinamenti nazionali per realizzare un programma di armonizzazione comunitario.
La direttiva 89/667/CEE , la dodicesima in tema societario secondo l'ordine cronologico, si pone in totale sintonia con il programma d'azione comunitario progettato a favore delle piccole e medie imprese approvato dal Consiglio il 3 novembre 1986.1
La ratio di questa direttiva è, quindi, ravvisabile nella politica di incoraggiamento dell'iniziativa privata nell'ambito dell'impresa di modeste dimensioni, che permette di riconoscere piena legittimità all’azione di chi si propone nel panorama imprenditoriale, anche da solo, attraverso i benefici riconosciuti dalla legge alle imprese operanti in forma di società, in particolar modo attraverso il riconoscimento della responsabilità limitata.
Quando il Consiglio emanò questa direttiva, la situazione normativa dei vari Stati membri appariva estremamente variegato; alcuni Stati consentivano già da tempo la costituzione della società formata da un unico socio. La Danimarca, pioniera in quest'ambito fra i Paesi della CEE, aveva introdotto questo istituto già a partire dal 1973. L'avevano, poi, seguita la Germania (nel 1980), la Francia (nel 1985), i Paesi Bassi (nel 1986) ed il Belgio (nel 1987). In Lussemburgo si era già discussa la possibilità di operare una riforma in tal senso in ambito istituzionale dato che un progetto di rivisitazione della materia societaria introduttiva della società unipersonale giaceva presso la Camera dei Deputati fin dal 1985.
In Portogallo, pur non essendo ammesse le società con un unico socio, erano presenti grazie alla riforma del 1986 le imprese unipersonali a responsabilità limitata. In questo caso, quindi, in base a quanto stabilito dalla dodicesima direttiva, il legislatore non è stato chiamato ad intervenire al fine di armonizzare la normativa interna con quella comunitaria.
Esaminando una realtà extracomunitaria, come quella statunitense, è rilevante notare come il par. 101-a della General Corporation Law dello Stato del Delaware permetta a chiunque, persona fisica, partnership, associazione o altra persona giuridica, di costituire un nuovo ente "singly or jointly with others".
Anche in altri Stati degli USA2 è possibile la costituzione di una corporation unipersonale. Nel Delaware si può costituire una corporation "to conductor promote any lawful businers or purposes".
Negli Stati comunitari, fra le legislazioni nazionali che riconoscevano l’ammissibilità delle società unipersonali vi erano profonde e significative differenze. In Danimarca, Germania e Paesi Bassi si consentiva (e si consente tutt'oggi) che tale tipo di società fosse costituito non solo da persone fisiche, ma anche da persone giuridiche, a differenza della normativa belga, impostata sul divieto espresso per le persone giuridiche di detenere la totalità delle quote di società. In Francia (come pure nel progetto di riforma lussemburghese) le società unipersonali potevano già essere costituite da persone giuridiche, eccezion fatta per le società.
Nel novellato Code Napoléon, l’atto costitutivo di società non è più necessariamente un contratto (il testo originale dell'art. 1832 era rimasto immutato per oltre 160 anni: "La société est un contrat par lequel deux ou plusieurs personnes conviennent de mettre chose en comun, dans le vue de partager le bénéfice qui pourra en résulter"); oggi in Francia la società è un ente morale che può essere costituito o con contratto oppure attraverso un atto unilaterale ("La société peut étre instituée, dans les cas prévus par la loi, par l'actè de volontè d'une seule personne ").
Se, quindi, la materia trattata dalla dodicesima direttiva non rappresentava una novità per alcuni Stati membri, in Italia il decreto legislativo del marzo 1993, che ha adeguato la nostra normativa alla direttiva comunitaria, ha senz'altro prodotto effetti del tutto nuovi nel nostro ordinamento.

2. Esame della direttiva 89/667/CEE.

Lo spirito della direttiva 89/667/CEE è rappresentato dal principio in base al quale una società, prescindendo dal numero dei soci, rappresenta uno strumento che, se sottoposto a una precisa disciplina, offre le dovute garanzie agli operatori economici, consentendo all'imprenditore di tenere il suo patrimonio personale distinto da quello sociale.
L’art. 1 della direttiva precisa come la "societas unius personae" possa costituirsi nella forma di società a responsabilità limitata, nonché in tutte le altre forme societarie ad essa corrispondenti nei vari Paesi membri della Comunità (dalla "gesellshaft mit beschrankter haftung" tedesca alla "private company limited by shares or by grarantee" presente nel Regno Unito). Il senso è chiaro: devono essere promossi gli istituti che consentano di incentivare le piccole e le medie imprese (e, com'è noto, le imprese di tali dimensioni che intendano acquistare una forma societaria, di solito rivestono l’habitus della società a responsabilità limitata). La portata della dodicesima direttiva, però, viene estesa dall'art. 6 ai casi in cui uno Stato membro permetta la costituzione della società unipersonale anche sotto forma di società per azioni.
I motivi che hanno spinto il Consiglio ad emettere questa direttiva vengono dichiarati nei "considerando" che rappresentano la premessa logico-giuridica dell'atto in esame. Si incomincia con la considerazione in merito alla necessità di rendere equivalenti, attraverso l'opera di coordinamento, alcune garanzie richieste, negli Stati membri, alle società, al fine di proteggere gli interessi di soci e di terzi. Si ricorda espressamente, inoltre, la risoluzione, più sopra menzionata, che nel 1986 il Consiglio aveva approvato per promuovere e favorire il programma d'azione delle piccole e medie imprese. Appare rilevante, altresì, la necessità di definire una materia, come quella delle società unipersonali, che, al momento dell'emissione della dodicesima direttiva, appariva estremamente controversa, ad un esame delle varie normative europee, sulla base dell'affermazione dell'indiscutibile bisogno di prevedere strumenti giuridici che consentissero la limitazione della responsabilità dell'imprenditore unico, contemplando certi oneri e taluni limiti.
E' chiaro che la società unipersonale, per il solo fatto di essere una società, deve rispettare quel minimo di obblighi previsti in generale per le società in tema di pubblicità. Già tra i vari "considerando" leggiamo che "la riunione di tutte le quote in una sola mano, nonchè l'identità del socio unico, devono essere oggetto di pubblicità in un registro accessibile al pubblico "e che" tutte le decisioni prese dal socio unico in qualità di assemblea dei soci richiedono la forma scritta". Si prevede, poi, che "anche i contratti tra il socio unico e la società da lui rappresentata devono avere forma scritta, semprechè non riguardino operazioni correnti concluse a condizioni normali ".
Vengono, in tal modo, rispettate eventuali scelte estensive rimesse all’arbitrio dei singoli legislatori nazionali.
L'art. 2 della direttiva è finalizzato all'introduzione della società a responsabilità limitata con un solo socio in tutti gli ordinamenti comunitari. Si precisa che alla società unipersonale si può arrivare seguendo due diversi itinerari: o attraverso costituzione oppure " quando tutte le quote siano cumulate in una sola mano". Viene, così, ad essere cancellato il principio espresso dall'art.11, par. 2, lettera f) della direttiva 68/15/CEE del 9 marzo 1968 (la prima direttiva in materia societaria) che consentiva al giudice di dichiarare nulla una società di capitale che fosse stata costituita da un solo socio, in contrasto con la normativa nazionale.
La direttiva 89/667/CEE precisava, inoltre, che le legislazioni degli Stati membri possano adottare limitazioni al ricorso incondizionato alla società unipersonale. Evidentemente, appariva opportuno contenere il fenomeno della società con un unico socio e, al contempo, era necessario inserire alcune opzioni che consentissero a quegli ordinamenti, a partire da quello italiano, che non contemplavano tale fattispecie societaria, l'introduzione della società unipersonale con un certo margine di limitazioni a discrezione dei singoli legislatori nazionali.
Innanzitutto, viene prevista la responsabilità illimitata della persona giuridica per le obbligazioni sociali sorte durante il periodo in cui sia socio unico. E' data una soluzione più "morbida" quando la persona giuridica diviene socio unico a costituzione già avvenuta: se entro un anno viene ripristinata la pluralità dei soci, il fatto che la società abbia avuto quest'unico socio non comporta sanzioni di alcun tipo; se, viceversa, una volta trascorso questo termine, la persona giuridica non trovasse altri soci, allora risponde in maniera illimitata per tutte le obbligazioni sorte nel periodo in cui è stato socio unico.
Altra possibilità che viene data agli Stati membri, nell'adeguamento alla normativa comunitaria, è quella di esigere un capitale minimo per le società unipersonali. Qualora, in base ai bilanci, la società unipersonale superi le dimensioni della società media (e la situazione non venga regolarizzata nell'anno successivo alla chiusura del bilancio), il socio unico risponde illimitatamente delle obbligazioni sociali sorte dopo la chiusura del bilancio.
L'art. 3 stabilisce, a tutela dei soggetti in contatto con la società (soci e terzi), la pubblicità obbligatoria nel registro delle imprese. Al momento della costituzione, la società unipersonale è tenuta a pubblicare lo statuto e l'atto costitutivo. Per quel che concerne le società che diventano unipersonali dopo la costituzione, la dodicesima direttiva impone la trascrizione nel registro, ma non la pubblicazione in una gazzetta nazionale. Chiaramente viene attribuita agli Stati membri la libertà di inserire una normativa più severa in materia.
L'art. 4, al primo comma, si limita ad affermare il principio in virtù del quale "il socio unico esercita i poteri demandati all'assemblea dei soci". Considerato che nessuna direttiva comunitaria ha, fino a questo momento, armonizzato i poteri attribuiti all'assemblea dei soci, è compito degli Stati membri determinare le competenze riservate all'assemblea. Fino ad ora non è stata materia di armonizzazione in sede comunitaria neppure il problema relativo alla forma che dovessero assumere le decisioni adottate dall'assemblea generale dei soci. Questa lacuna, ritenuta poco rilevante fino a questo momento, doveva essere necessariamente colmata per quel che riguardava la situazione che si sarebbe venuta a creare all'interno delle società unipersonali. Questa necessità era dettata, in primis, dalla configurabilità dell'assemblea generale come unica fattispecie di assemblea possibile, in secundis, dall’impossibilità per le società con un unico socio, di "verifiche interne". Per sopperire a questo bisogno, il secondo comma dell'art. 4 impone che le decisioni prese dall'unico socio nelle materie di competenza dell'assemblea debbano essere scritte in un verbale o debbano, comunque, comparire per iscritto. La direttiva tace sul regime delle invalidità delle decisioni prese dal socio unico. Appare evidente, quindi, un rinvio alle singole legislazioni degli Stati membri per quanto attiene a questa materia ed eventuali sanzioni ad essa ricollegate. La direttiva prende in considerazione il problema dei patti stipulati tra il socio unico e la società stessa di cui è rappresentante. Il rischio in cui si incorre per quanto concerne qualsiasi contratto concluso tra una società unipersonale o pluripersonale e un socio è di notevole portata, dato che dà origine ad un potenziale conflitto di interessi. Questo ipotetico conflitto ha indotto tutti i legislatori (anche quello italiano) a prevedere norme ad hoc. Questo rischio appare ancora maggiore per le società unipersonali, per le quali è necessaria una certa trasparenza dei patti, come delle decisioni prese dall'unico socio.
La direttiva, quindi, come all'art. 4 impone per le decisioni in luogo dell'assemblea la trascrizione su verbale, così all'art. 5 stabilisce che i patti debbano essere redatti per iscritto. Occorre, invece, un'espressa autorizzazione nello statuto o nell'atto costitutivo, per quanto riguarda la stipulazione di un contratto per cui la società è rappresentata dal socio unico in veste di amministratore. Questa situazione, infatti, prevede circostanze in cui sembra più difficile distinguere gli interessi in gioco (e in conflitto).
La direttiva, inoltre, tiene conto del fatto che, secondo alcune normative sia possibile anche la costituzione delle società per azioni unipersonali. Al di là di questo accenno, tale figura societaria non viene introdotta dalla dodicesima direttiva. L'atto comunitario intende inserire la società unipersonale costituita in forma di società a responsabilità limitata; nulla vieta agli Stati membri di introdurre o di mantenere nella loro normativa interna altri tipi di società con un unico socio, come la società per azioni.
L'art. 7 si basa sulla previsione (più che realistica, pensando al caso italiano) che alcuni Stati membri esitino ad accogliere l’istituto della società unipersonale 3, per motivi legati alla tradizione dell’istituto societario (basti pensare alla "societas" romana 4), dato che erano pochi i Paesi comunitari a consentire questa fattispecie 5. La direttiva, pertanto, offre ai paesi membri la facoltà di non inserire negli ordinamenti nazionali la figura della società unipersonale, a condizione che la normativa interna riconosca all'imprenditore che operi da solo, la possibilità di costituire imprese a responsabilità limitata con un patrimonio destinato ad una determinata attività, purché si richiedano garanzie equivalenti a quelle imposte dalla direttiva (sulla pubblicità, sui conti annuali, sui conti consolidati etc., uniformando la disciplina di queste forme di impresa a quella della società a responsabilità limitata con un unico socio).

C A P I T O L O II
L'ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 89/667/CEE IN ITALIA

1. Il decreto legislativo n. 88/93

Per inserire la fattispecie della società unipersonale all'interno dell'impianto civilistico, il legislatore italiano è stato costretto ad introdurre alcune modifiche che hanno letteralmente rivoluzionato i principi generali del diritto delle società.
Col decreto legislativo n. 88/93, il legislatore interviene sul codice civile per conformare la normativa nazionale alla dodicesima direttiva.
In questa sede non si può omettere il fatto che il nostro codice contenesse già alcuni cenni normativi relativi alla figura del socio unico; la norma fondamentale in tema di socio unico per quel che riguarda le società di persone è contenuta nell'art. 2272 c.c.: tra le cause di scioglimento della società semplice (applicabili anche agli altri due tipi di società di persone) è contemplata al punto 4 la mancanza di pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non sia ricostituita. Questo articolo non è stato affatto modificato dal legislatore; del resto, la dodicesima direttiva si occupava della società unipersonale in forma di società a responsabilità limitata e, quindi, non avrebbe avuto senso una rivisitazione dell'art. 2272 c.c. e delle norme relative alle società di persone nell'ambito dell’operazione di adeguamento del nostro sistema alla direttiva comunitaria.
Vengono, invece, ritoccati tutti quegli elementi che vietavano in assoluto l'inserimento della società con un unico socio nel nostro ordinamento.
La rubrica dell'art. 2247 del codice civile, prima intitolata "Nozione", viene sostituita dalla rubrica "Contratto di società" 6. In questo modo l'art. 2247 c.c. finisce col rappresentare non più una norma definitoria di portata generale in materia societaria, ma incomincia ad assumere un significato molto più ristretto, dato che da questo momento le società non si costituiranno più solamente attraverso la forma contrattuale che, per sua stessa definizione, avrebbe imposto la partecipazione di almeno due soggetti.
Dovendo adattare il nostro sistema al nuovo istituto, nel tentativo di rendere meno traumatico questo passaggio, il legislatore nazionale ha adottato vari "rimedi" previsti dalla dodicesima direttiva, inserendo, tra le altre cose, un ferreo e rigoroso obbligo della pubblicità (non solo al momento della costituzione, ma per tutto il periodo in cui vi sia l'unico socio), l’obbligo di fare risultare i contratti dal libro delle adunanze o, comunque, in forma scritta, l'obbligo da parte dell’unico socio di eseguire interamente il versamento (tutto l'apporto in danaro).
Sono state introdotte, inoltre, pesanti sanzioni da applicarsi ad eventuali inosservanze tra cui la perdita per l'unico socio della responsabilità limitata.
Viene riformato il secondo comma dell'art. 2497 c.c., eliminando la disposizione in virtù della quale la società unipersonale, pur non essendo dichiarata nulla, comportava, a carico dell'unico socio, la perdita della responsabilità limitata, con conseguente acquisizione della responsabilità in merito alle obbligazioni sorte nel periodo in cui la totalità delle quote fosse risultata nelle mani di una sola persona.
Viene aggiunto un quarto comma all'art.2250 c.c.: "Negli atti e nella corrispondenza delle società a responsabilità limitata deve essere indicato se queste hanno un unico socio". Questa norma inserisce ufficialmente la figura della società unipersonale all'interno del nostro sistema giuridico. L'art.3 del decreto legislativo, laddove si fa riferimento alla costituzione della società, inserisce nell'art. 2475 c.c. il principio in virtù del quale la società, oltre a potersi costituire attraverso un contratto (come viene espresso dall’art.2247 c.c.), può essere formata in base ad un atto unilaterale, indicando, così, una nuova forma di costituzione delle società. Si precisa, infatti, che "la società può essere costituita con atto unilaterale. In tal caso per le operazioni compiute in nome della società prima della sua iscrizione è responsabile, in solido con coloro che hanno agito, anche il suo Socio fondatore".
E' estremamente significativo che gli interventi siano stati compiuti in questo modo; il legislatore ha agito sulla rubrica dell'art.2247, il primo articolo che compare nel titolo V del libro IV ("Delle Società"), articolo, quindi, con cui si apre una nuova materia all'interno del codice. La precedente rubrica ("Nozione") era considerata una "definizione-base" di tutte le forme di società. Variando la dicitura della rubrica (da "Nozione" a "Contratto di società"), si agisce in maniera molto incisiva sulla portata generale dell'art.2247 che esaurisce la sua funzione non più in relazione alle società in generale, ma viene posto in apertura di discorso solo per definire il contratto di società, uno dei mezzi mediante i quali è possibile costituire la società. L'altro modo, come già anticipato, viene inserito nell'art. 2475 c.c. e si limita ad uno solo tra i tipi di società di capitali: la società a responsabilità limitata.
L'art. 2475-bis c.c., introdotto con l'art. 4 del decreto, fa riferimento ad un ferreo regime in tema di pubblicità: "Quando le quote appartengono ad un solo socio o muta la persona dell'unico socio, gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese una dichiarazione contenente l'indicazione del cognome e del nome della data e luogo di nascita del domicilio e cittadinanza dell'unico socio. Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare la dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle imprese. L’unico socio o colui che cessi di essere tale può provvedere alla pubblicità prevista. Le dichiarazioni degli amministratori devono essere depositate entro 15 giorni dall'iscrizione nel libro dei soci e devono indicare la data dell'iscrizione. Inoltre vengono posti obblighi ben precisi per quanto attiene ai conferimenti, dato che in caso di costituzione della società unipersonale debbono essere interamente versati i conferimenti in denaro. Nel caso, poi, di aumento di capitale, l'unico socio deve versare interamente il conferimento in denaro "al momento della sottoscrizione". Anche nel caso in cui la società passi accidentalmente dal regime di società pluripersonale a quello di società unipersonale ("Se viene meno la pluralità dei soci" recita, per l'appunto, il riformato art. 2476 del codice civile), l'unico socio rimasto sarà costretto ad eseguire i versamenti ancora dovuti entro tre mesi.
Il nuovo art. 2490-bis c.c. si occupa dei contratti stipulati tra la società e l'unico socio, nonché delle operazioni a favore dell'unico socio che devono, in ogni caso, risultare da atto scritto, nei casi in cui non sia previsto l'atto pubblico, oppure devono essere trascritti nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione.

2. Il problema della applicabilità della dodicesima direttiva anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 88/93.

Alcuni giuristi hanno teorizzato la possibilità di applicare la direttiva in esame ancor prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 3 marzo 1993, n.88, invocando l’applicazione del principio della c.d. "efficacia diretta", sviluppatosi ad opera dell’attività giurisprudenziale della Corte di Giustizia della Comunità Europea.
La dottrina dominante, però, ha ritenuto che come questa teoria non potesse trovare spazio, in quanto un’applicazione delle norme comunitarie precedente l'attuazione della direttiva sarebbe stata possibile solo di fronte al verificarsi dei seguenti presupposti:

  1. un'azione giudiziale che avesse previsto la richiesta al giudice nazionale di disapplicare la norma interna valutata incompatibile con la direttiva (e tale disposizione comunitaria fosse stata invocata nei confronti di uno Stato e non di un privato);
  2. l'avvenuta scadenza dei termini per attuare la direttiva;
  3. il carattere "incondizionato e sufficientemente preciso" del precetto comunitario invocato.

Questi presupposti, fissati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia comunitaria, non erano affatto presenti nel caso in esame.
E' vero che la dodicesima direttiva prevedeva la data del I gennaio 1992 come termine ultimo per l’adeguamento da parte dei legislatori nazionali, ma - al contempo - dava la possibilità agli Stati comunitari di non inserire necessariamente la figura della società unipersonale, a condizione che l'ordinamento nazionale prevedesse già la figura dell’impresa unipersonale a responsabilità limitata.
La stessa direttiva attribuiva la facoltà agli Stati membri di prevedere che alle società già esistenti al I gennaio 1992 le disposizioni si applicassero a partire dal 1993. Infine l'art.2, par.2 della direttiva contemplava due opzioni particolarmente interessanti per quegli Stati che avessero voluto introdurre la società unipersonale in misura tutt’altro che indiscriminata, considerato che avrebbero potuto prevedere "disposizioni speciali o sanzioni:

  1. quando una persona fisica sia il socio unico di più società, ovvero
  2. quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica".

Questi elementi sono più che sufficienti per rilevare che la normativa in esame fosse tutt’altro che "incondizionata e sufficientemente precisa" e, quindi, non sarebbe stato assolutamente possibile una sua applicazione negli Stati membri se non dopo il necessario recepimento nei singoli ordinamenti nazionali. La stessa Corte Costituzionale, con sent. n. 168 del 18 aprile 1991, puntualizza che, per essere immediatamente applicabile, "la prescrizione deve essere incondizionata (così da non lasciare margine di discrezionalità agli Stati membri nella loro attuazione) e sufficientemente precisa (nel senso che la fattispecie astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad esso applicabile devono essere determinati con compiutezza, in tutti i loro elementi)" 7.

3. Obblighi e responsabilità dell’unico socio

Sono in molti a sostenere che la disciplina relativa al fenomeno della ferrea pubblicità delle s.r.l. unipersonali e quella riguardante la liberazione della quota dell'unico socio costituirebbero una sorta di "prezzo", di corrispettivo che l'unico socio sarebbe costretto a pagare, pur di poter accedere al beneficio della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali.
In base a questa teoria, quindi, pubblicità e versamento eseguito integralmente rappresenterebbero una sorta di onere che l'unico socio potrebbe liberamente scegliere per decidere se accedere o meno alla responsabilità limitata. Accogliendo questo principio, si dovrebbe ritenere che l'unico socio di una s.r.l. abbia la facoltà di decidere, a sua discrezione, se mantenere la forma di s.r.l. , conservando o meno la limitazione di responsabilità. Tra l'altro, per avvalorare questo orientamento dottrinale, si afferma che il beneficio della responsabilità limitata non può essere conseguito dall'unico socio di s.r.l. nei casi contemplati dall'art. 2497 c.c., comma secondo, lettera a), vale a dire quando si tratti di una persona giuridica oppure di una persona fisica che sia a sua volta l'unico socio di altre società di capitali.
L’unico socio della società a responsabilità limitata, seguendo il ragionamento prima incominciato, non avrebbe alcun interesse a sottoporsi ad una rigida disciplina, se non gli fosse fornito il "beneficio" della limitazione della responsabilità che, quindi, rappresenterebbe la vera finalità perseguita da chi scegliesse di assoggettarsi a tali norme. Tale tesi, però, non sembra aver fondamento secondo l’opinione della dottrina maggioritaria (e neppure a modesto avviso di chi scrive). Può sembrare interessante ritenere che l'obbligo della pubblicità ex art. 2475-bis c.c. e l'esecuzione dei versamenti ex art.2476 c.c. siano un corrispettivo, il prezzo (piuttosto oneroso) da pagare in cambio della (pur conveniente) responsabilità limitata dell'unico socio.
Vi sono, però, vari (e determinanti) argomenti per ribaltare la teoria poc’anzi enunciata e per dimostrare che la disciplina introdotta col decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 88, sia la disciplina generale di tutte le s.r.l. unipersonali, sia quelle il cui unico socio sia una persona giuridica, sia quelle in cui la totalità delle quote sia in mano ad una persona fisica, socio di quella sola s.r.l. unipersonale o anche socio unico di altre società. E' da rilevare, inoltre, che alcuni elementi introdotti nel codice civile non riguardano solo la s.r.l. con unico socio, ma le s.r.l. in generale; basti pensare che l'obbligo di indicare negli atti delle s.r.l. se abbiano un unico socio è un dovere che si applica a tutte le società a responsabilità limitata (in quanto non indicare alcunché sulla carta intestata equivale a comunicare al pubblico il carattere pluripersonale della società). Particolarmente dibattuto è il problema relativo all’"unico socio" di cui parla la legge nazionale. In molti pensano che, con questa espressione, si debba intendere solo la persona fisica che abbia sottoscritto o che sia comunque diventata titolare dell'intero capitale delle s.r.l. unipersonali e che non risponda delle obbligazioni sociali. Tale tesi sarebbe supportata dalla ratio dichiarata della dodicesima direttiva, che è rappresentata dal favor della responsabilità limitata attribuita agli imprenditori individuali che, per le dimensioni della loro attività, sono, di solito, persone fisiche. Inoltre l'art. 2475-bis c.c., comma primo c.c. stabilisce che "quando le quote appartengono ad un solo socio o muta la persona dell'unico socio, gli amministratori devono depositare per iscritto nel registro delle imprese una dichiarazione contenente l'indicazione del cognome e del nome, della data e del luogo di nascita, del domicilio e della cittadinanza dell'unico socio". Dall’esame di questo articolo, si possono evidenziare alcuni termini (cognome, nome, data e luogo di nascita) che si possono riferire solamente a persone fisiche. Questo argomento, ritenuto decisivo per i propugnatori della tesi precedentemente esposta, non può, però, apparire fondamentale. Si deve riflettere, infatti, sul fatto che terminologie di questo genere si possano trovare altrove, come nell'art. 2328, n. 1 c.c., a proposito di s.p.a. e, nonostante questo, non viene escluso che persone giuridiche possano prendere parte alla costituzione di una società per azioni o acquistarne quote. Una lettura del comma I dell'art. 2475-bis c.c. in maniera troppo restrittiva, quindi, non deve trarre in inganno. Ancora, si obietta che il legislatore avrebbe utilizzato l'espressione "un solo socio" in senso genericamente descrittivo, mentre la terminologia "socio unico" sarebbe usata in senso tecnico per indicare la persona fisica unica socia di una s.r.l. unipersonale che goda della limitazione della responsabilità.
Si deve eccepire, però, che se il legislatore avesse voluto introdurre ex novo una terminologia cosi rigorosa, lo avrebbe dovuto fare attraverso una norma ad hoc, che contenesse la necessaria definizione. Inoltre, si rileva che a rispondere illimitatamente delle obbligazioni sociali della s.r.l. unipersonale è il suo socio, persona fisica, che sia, a norma dell'art.2497 c.c., secondo comma, lettera a), "socio unico di altra società di capitali." Quest'ultima espressione, per motivi lessicali e sistematici, non può che riferirsi alle s.p.a., ma in ogni caso l'unico socio di una s.p.a. risponde illimitatamente delle obbligazioni sociali. Lo stesso art.2497 c.c., quindi, non utilizza l’espressione "unico socio" nel significato rigorosamente tecnico da altri indicato. Inoltre, sempre a conferma di quanto già scritto, se attraverso la terminologia "unico socio", il legislatore avesse voluto intendere la necessità della totale partecipazione di una persona fisica, avrebbe dovuto chiaramente escludere la possibilità di costituzione di una s.r.l. da parte di una s.p.a. o di un'altra persona giuridica. Anche se ciò dovesse risultare conforme rispetto alla ratio della dodicesima direttiva (che è tesa alla protezione e all'incentivo nei confronti dell'attività degli imprenditori individuali di modeste proporzioni), il terzo comma dell'art.2475 c.c. non afferma che la s.r.l. puo essere costituita da un "unico socio", ma che la società può essere costituita "con atto unilaterale". Di lì in poi, inoltre, si parla non di "socio unico", ma di "socio fondatore". Con l'espressione generica "atto unilaterale" si intende atto unilaterale tanto della persona fisica quanto della persona giuridica. Quanto detto viene ulteriormente confermato dalla nuova formulazione dell’art.2475, nella parte in cui si esclude per tutte le s.r.l. (non solo, quindi, per quelle costituite da un unico socio persona fisica) l'operatività della causa di nullità ex art. 2332, co. I, n. 8 c.c. (mancanza della pluralità dei soci fondatori). Ne deriva che una s.r.l. costituita unilateralmente da una persona giuridica non può essere dichiarata nulla.
Sono portato, pertanto, ad affermare che quando gli articoli del codice civile introdotti dal decreto legislativo n.88/92 parlano di "unico socio", si tratti della persona fisica o giuridica che detenga la totalità delle quote della s.r.l. unipersonale. Corollario di. quanto detto è che le norme dettate dal legislatore per le società a responsabilità limitata vanno applicate sia alle società unipersonali in cui il socio sia una persona fisica, che in quelle in cui sia una persona giuridica. Ciò comporta che gli amministratori di una s.r.l. unipersonale si dovranno preoccupare dell'osservanza di tutte le norme contenute dal codice per quanto attiene alla pubblicità, ai conferimenti ed ai patti stipulati con il socio unico, a prescindere dalla natura di quest'ultimo. La dodicesima direttiva, poi, stabilisce che le legislazioni nazionali possano dettare disposizioni speciali o sanzioni quando il socio unico sia una persona giuridica oppure sia una persona fisica già socia di un'altra società unipersonale, recepite dal legislatore nazionale per "proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi".

4. Socio quasi totalitario di s.r.l. e attuazione della dodicesima direttiva CEE.

Negli anni immediatamente precedenti l'attuazione della dodicesima direttiva in materia societaria, la giurisprudenza italiana si è mossa nella direzione di non ritenere illimitatamente responsabile il socio quasi totalitario di s.r.l., qualunque fosse la percentuale di capitale sociale da lui detenuto, rilevando la specialità delle norme contenute negli artt. 2362 e 2497 c.c., sempre che non emergessero elementi che dimostrassero il fine elusivo dell’intestazione in capo ai soci minoritari.
Inoltre, la giurisprudenza è stata frequentemente chiamata, negli anni passati, a valutare se le circostanze del caso concreto rappresentassero una interposizione di persona oppure una frode alla legge che avrebbero ricondotto le situazioni in esame nell'ambito di applicazione dell'art.2362 del codice civile.
La responsabilità illimitata del socio quasi totalitario era stata affermata in relazione alla fittizia intestazione del socio di minoranza o sulla base del carattere fraudolento dall’intestazione o in virtù dell’interposizione reale a fine elusivo; tali circostanze, infatti, sono idonee a provocare l’applicazione dell'art.2362 c.c., a prescindere dalla presenza di un socio che già possieda ufficialmente la quasi totalità del capitale sociale.
Col recepimento della dodicesima direttiva attraverso il decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 88, si ritiene che la giurisprudenza dovrebbe essere indotta a valutare in maniera completamente nuova le circostanze relative ad ipotesi "sospette" di società con socio quasi totalitario 8.
E’ da sottolineare, poi, il parziale superamento della soluzione adottata dal codice che, sancendo una illimitata responsabilità dell'imprenditore singolo, aveva fondato la necessità che il risultato opposto non venisse perseguito in alcun modo.
Adeguandosi alla dodicesima direttiva, il legislatore nazionale ha esercitato le opzioni di cui all'art.2, par. 2, applicando la responsabilità illimitata al socio unico che sia una persona giuridica o una persona fisica socio unico di più s.r.l. (vale a dire, nei casi per i quali le disposizioni degli ordinamenti interni potevano prescrivere la responsabilità illimitata, secondo quanto disposto dalla dodicesima direttiva). Si può, quindi, presumere che il giudice nazionale agirà meno severamente del passato di fronte a certi comportamenti. L'innovazione legislativa, comunque, non dovrà frenare la tendenza giurisprudenziale e dottrinale a colpire i fenomeni di degenerazione societaria, come quelli di "tirannia" di un solo socio oppure quella -ancor più grave- della confusione tra il patrimonio sociale e patrimonio dei soci (o di un socio).

 

NOTE

  1. Lo stesso Consiglio europeo aveva insistito in più di una occasione sulla necessità di promuovere in vario modo lo spirito imprenditoriale: una risoluzione datata 22 dicembre 1986, relativa al programma d'azione per la crescita dell'occupazione, rimarcava la necessità di promuovere l'impresa individuale, pur senza fare ancora riferimento alla tematica delle società unipersonali.
  2. Illinois e New York.
  3. Nel nostro Paese, la giurisprudenza si era già occupata varie volte di casi relativi alle società unipersonali. La Corte Costituzionale, con sent. 5.02.92, n.35, aveva rigettato la questione di costituzionalità dell’art.4, co.2, L. Regionale Sicilia n.39/91, che prevedeva la costituzione di una S.p.A. finanziaria da parte della stessa regione, per contrasto con l’art. 2247 c.c. e con il limite del diritto privato vigente in materia di competenza legislativa regionale. La Corte motivava l’ammissibilità della fattispecie, affermando la dodicesima che la pluralità di soci "risulta essere significativamente modificata, nel senso di un’evoluzione del sistema positivo verso il superamento del limite del socio unico".
  4. "Societatem coire solemus aut totorum bonorum aut minus alicuius negotii, veluti mancipiorum emendorum aut vendendorum", Gai Institutiones, III, 148-154.
  5. "E’ agevole ragionare della progressiva astrazione della nozione di società e del diverso significato che l’espressione ha assunto in questo momento della sua evoluzione: dalla societas del diritto romano, quale accordo di forze individuali come valore solo interno per il raggiungimento di un risultato comune, alla società del diritto attuale, come insieme di norme essenziali, pregevoli sul piano tecnico ed ampiamente collaudate nella pratica, per la disciplina dell’attività economica organizzata, in funzione della realizzazione degli interessi, individuali o collettivi, di chi ne possiede il capitale. Può ritenersi che tale processo (...) sia stato profondamente incentivato dalla figura, utilizzata nella realtà degli affari e presente nel diritto positivo, della società con un solo socio". L. NAZZICONE, Le società unipersonali, Milano, 1993.
  6. Il contenuto dell'art.2247 c.c. non viene modificato: "con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili".
  7. Questa pronuncia si pone in sintonia con quanto fino ad ora stabilito dalla Corte di Giustizia europea e supportato dalla dottrina. E' inoltre, oramai consolidata la giurisprudenza comunitaria che ritiene possibile invocare le disposizioni di una direttiva nei confronti degli Stati che siano inadempienti per non averla ancora attuata.
  8. La giurisprudenza ha ritenuto in più di un’occasione che il fiduciante debba rispondere ai sensi dell’art.2362 c.c., dato che ha considerato il negozio fiduciario un mezzo per eludere il divieto di cui all’art.1344 c.c. (cfr.: Cass. 9.12.70 n.2602; Cass. 9.5.85 n.2879; Cass. 17.05.85 n.3266).

 

Avv. Andrea Sirotti Gaudenzi