Cron.
3246
Vol. 1459
TRIBUNALE
DI RIMINI
Il
Giudice, sciogliendo la riserva, sul ricorso proposto da C. D. avverso il
decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Rimini nei suoi confronti in data
24.10.2001, notificato in pari data, sentita la ricorrente e il funzionario
delegato dalla Prefettura, osserva
-
la ricorrente, cittadina rumena, è stata espulsa il 24.10.2001 perché
rintracciata sul territorio italiano (all’interno di un supermercato nel quale
aveva commesso un furto) priva di permesso di soggiorno ed avendo omesso la
dichiarazione di soggiorno entro otto giorni lavorativi; nel decreto di
espulsione si afferma che la C. è entrata in territorio Schengen il 16.12.2000,
dalla frontiera austriaca munita di visto avente validità di giorni cinque;
-
sostiene la ricorrente di essere entrata in Italia dalla Svizzera, ove
attualmene risiede, qualche giorno prima dell’emissione dell’impugnato
provvedimento, e di essere venuta altre volte nel paese, sempre per brevissimi
periodi, inferiori a otto giorni lavorativi, per cui non ha chiesto, questa
volta, come in precedenza, il permesso di soggiorno;
-
sostiene ancora l’illegittimità del decreto per mancata traduzione
dello stesso in lingua romena, essendole stata consegnata solo la copia in
lingua italiana ed un atto di notifica in inglese, lingua a lei sconosciuta;
-
il funzionario delegato dalla Prefettura ha chiesto il rigetto del
ricorso.
Ciò
premesso, ritiene il Giudice che il ricorso debba essere accolto quanto al
secondo motivo.
La
Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9138 del 6.7.2001, ha spiegato che
l’art. 7 D.L.vo 286/98, che impone all’amministrazione di comunicare
all’interessato ogni atto concernente l’espulsione unitamente alla
traduzione in una lingua a lui conosciuta e, solo ove ciò non sia possibile, in
lingua francese, inglese o spagnola, va interpretato, conformemente a quanto
stabilito dalla Corte Costituzionale con le sentenze nn. 198 e 227 del 2000, nel
senso che la mancata traduzione nella lingua propria dell’interessato, o in
lingua a lui nota, lede il diritto di difesa, salvo il caso in cui sia dovuta ad
impossibilità preventivamente giustificata.
Nel
caso di specie viene dato atto, nella relata di notifica del provvedimento, che
il decreto di espulsione è stato notificato con copia redatta sinteticamente in
inglese perché “non è stato possibile reperire alcun interprete di lingua
conosciuta dalla persona straniera interessata”, ma tale indicazione non è
sufficiente, e si risolve in una clausola di stile.
Tenuto
conto che la cittadina rumena è stata fermata il 23 ottobre, mentre il
provvedimento di espulsione è del giorno successivo, c’era tutto il tempo per
reperire un interprete di lingua rumena (il Tribunale lo ha reperito in minor
tempo per provvedere sul ricorso).
Considerato
che in alcun modo può ritenersi dimostrato, anche presuntivamente, che la
ricorrente fosse in grado di comprendere la lingua italiana o quella inglese,
non emergendo dagli atti alcun indizio in tal senso, va dichiarata la nullità
del decreto impugnato.
P.Q.M.
Il
Giudice
In
accoglimento del ricorso presentato da C.D., nata il 23.8.73 a S.M. (Romania),
avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di
Rimini il 24.10.2001, notificato in pari data
DICHIARA
La
nullità del decreto impugnato. Spese a carico dell’Erario.
Manda
alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Rimini,
5.11.2001.
Il
Giudice - Dott.ssa
Carla Fazzini
BREVE NOTA ALLA SENTENZA
(a cura di C. A. Zaina)
La
decisione in epigrafe si pone ad ulteriore conferma di quanto più volte
sostenuto sia da giudici di merito e di legittimità[1],
e cioè l’esistenza e la necessità di una tutela cogente del
diritto dello straniero ad essere posto nella condizione di comprendere ogni
atto che, provenendo sia da un'Autorità giurisdizionale, che da organi
amministrativi abbia forza e capacità di incidere su di un suo diritto
soggettivo.
Il giudice procedente ha richiamato, inoltre, ulteriori pronunzie sia della
Corte di Cassazione, nonché della Corte Costituzionale sul tema, dando atto,
neppure tanto implicitamente del consolidamento irreversibile di un
orientamento, che ha faticato non poco a trovare una sua coerenza e
reiterazione.
Senza
volersi dilungare particolarmente, atteso che lo scrivente ha già avuto modo in
passato di occuparsi diffusamente del problema, è, pertanto, auspicabile che,
soprattutto, a livello di giudizio di merito, fase nella quale, in passato
l’orientamento aveva meno attecchito, non si tratti di una pronunzia isolata,
ma ci si trovi dinanzi ad un’evoluzione che permetta al nostro paese di
dimostrare effettivamente la sua vocazione, concreta, al rispetto dei diritti
dello straniero.
[1]V.
sent. Consiglio di Stato, IV sezione, sentenza n.2345 del 19 aprile 2000 e
nota relativa pubblicata su questa rivista nell’ottobre 2000