RETRIBUIBILITA’ DELLE MANSIONI SUPERIORI DEI PUBBLICI DIPENDENTI

dell’Avv. Bruno Sechi del Foro di Cagliari

 

La materia in esame trova disciplina nell’art. 56 del Dgls 29/93, come modificato dall’art. 25 del Dlgs 80/98 e dall’art.15 del Dlgs 387/98.

Dalle disposizioni suindicate si desume il seguente principio: il pubblico dipendente, al pari del lavoratore privato, il quale abbia svolto mansioni superiori, ha diritto alla corrispondente retribuzione; a tal fine, le mansioni superiori devono essere svolte in modo pieno ed effettivo, prescindendo dalla legittimità o meno dell’atto di assegnazione.

 

La giurisprudenza più’ recente (CdS Ad. pl. n. 10 del 28 gennaio 2000; n. 12 del 23 febbraio 2000, e da ultimo Trib. Trieste sent. n. 403 del 29 settembre 2000) conferma il principio suindicato, sulla base dell’immediata applicazione dell’art. 56 del Dlgs 29/93, come modificato dai recenti provvedimenti legislativi succitati.

L’art. 56, nell’ottica della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, recepisce la regola della effettività delle mansioni, contenuta nell’art. 2103 c.c.; quest’ultima disposizione recita: " ... Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta ... Ogni patto contrario è nullo ".

Quella sovrariportata è una regola di giustizia conforme ai dettami della Costituzione ed in particolare all’art. 36 che stabilisce: " Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa " (principio di proporzionalità della retribuzione).

La disciplina del pubblico impiego si accosta ulteriormente alla disciplina codicistica, trovando un gancio nel principio di effettività delle mansioni (v. art. 2103 c.c.).

 

Nel periodo antecedente al processo di privatizzazione, avviato, come detto, dal Dlgs 29/93, vigeva un sistema rigido e formale che impediva il riconoscimento, in termini retributivi, del lavoro effettivamente svolto.

La giurisprudenza, dopo un certo periodo di chiusura, ha operato in favore del riconoscimento del trattamento stipendiale, corrispondente alle mansioni superiori svolte, sulla base dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2126 c.c.;

quest’ultima disposizione stabilisce che "la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa . Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione".

L’art. 2126 c.c. enuclea massimamente il principio di effettività del rapporto di lavoro privato.

La giurisprudenza, come sopra accennato, fa ad esso riferimento, unitamente all’art. 36 Cost., in favore del diritto alla retribuzione giusta e proporzionale del pubblico dipendente (Corte Cost. 23 febbraio 1989 n. 57; 19 giugno 1990 n. 296; 27 maggio 1992 n. 236; 31 marzo 1995 n. 101; C.d.S. Ad. Pl. n. 2/91).

 

Dal quadro normativo e giurisprudenziale, come brevemente sovraesposto, emerge un’applicazione parziale del principio di effettività nell’ambito del rapporto di pubblico impiego.

Infatti, l’art. 2103, nell’ipotesi di svolgimento di mansioni superiori, prevede il riconoscimento del corrispondente trattamento stipendiale e un meccanismo automatico di assegnazione definitiva della mansione medesima, qualora " non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto ...".

L’art. 56 del Dlgs 29/93, come modificato, stabilisce che il pubblico impiegato, per esigenze organizzative di servizio, può essere adibito a mansioni superiori, in sostituzione di altro pubblico dipendente, fino ad un periodo di 6 mesi, prorogabili a 12.

La norma in esame prevede la nullità dell’assegnazione adottata non in sostituzione di altri dipendenti, " ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore "; pertanto, l’assegnazione definitiva di mansioni superiori (e il riconoscimento della corrispondente qualifica) può essere disposta in virtu’ di una procedura concorsuale ex art. 97 Cost.

Pertanto, se l’assegnazione supera il termine previsto dal contratto o dalla legge, il lavoratore privato ha diritto all’ assegnazione definitiva della mansione superiore e della corrispondente qualifica, oltre al trattamento stipendiale; il pubblico impiegato otterrà il riconoscimento della corrispondente retribuzione e non anche la qualifica superiore corrispondente; quest’ultima potrà essere conferita mediante procedura concorsuale ai sensi dell’art. 97 Cost.

Secondo autorevole giurisprudenza (Cass. 8 luglio 1992 n. 8330) le mansioni superiori devono essere svolte in modo pieno ed effettivo, al fine del riconoscimento alla corrispondente retribuzione.

Il pubblico dipendente, che si ritenga leso nel suo diritto alla giusta retribuzione ex art. 36 Cost., deve provare al Giudice civile del Lavoro che egli ha svolto " sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, compiti propri di dette mansioni " (v. art. 56 co. 3 Dlgs 26/93); deve dimostrare che le mansioni realmente svolte sono di livello superiore rispetto a quelle dedotte in contratto, e hanno comportato la sussistenza delle corrispondenti responsabilità, poteri, obblighi ...

Senorbì-Cagliari, lì 24/XI/00

Avv. Bruno Sechi
avv.brunosechi@tiscalinet.it