I DANNI DERIVANTI DAL MOBBING
Monografia dellAvv. Bruno Sechi
Il Fenomeno del Mobbing o della persecuzione psicologica nellambiente di lavoro è sempre esistito.
Il termine in questione deriva dal
verbo anglosassone to mob che significa aggredire, circondare per
assalire, usato nella etologia per indicare le situazioni di
minaccia e di aggressione del branco di animali nei confronti di
un membro del gruppo, al fine di ottenerne lallontanamento.
Le cause scatenanti la persecuzione o il terrorismo psicologici
sono svariate e possono essere costituite dallinvidia,
dallesigenza di nascondere i propri complessi di
inferiorità, dal solo gusto di far del male ad un altra persona,
dal "clientelismo latente", dalla diversità culturale,
dalla provenienza geografica, dala smania di far carriera a tutti
i costi, dalla mancanza della cultura della responsabilità.
La persona "scelta" diventa il bersaglio delle frustrazioni e delle vessazioni dellintero comparto e dellazienda; diventa una persona da evitare, ma da attaccare, da isolare in modo sistematico, continuo e mirato.
Esso è il parafulmine dei nervosismi e degli "sfoghi aziendali".
Alla vittima ( mobizzato )non si lascia spazio per costruire e gestire i normali rapporti interpersonali e professionali.
Lo scopo che viene perseguito dai mobber è indurre il lavoratore alle dimissioni, a richiedere il prepensionamento per malattia professionale o creare le condizioni favorevoli al licenziamento, senza che si crei un "caso sindacale".
La persona de qua viene
considerata dalla massa dei mobber ( persecutori ) una persona di
serie B, un lavoratore dannoso per lintero comparto, una
zavorra di cui liberarsi.
Il mobizzato spesso si sente una persona " negata ",
che riceve solo dei rifiuti, espliciti o impliciti, dai suoi
colleghi e/o del datore.
La strategia distruttiva può essere predisposta o dai vertici
dallazienda, (mobbing verticale) o maturare
nellambiente di lavoro tra colleghi (mobbing orizzontale).
Le situazioni contingenti legate ai problemi della occupazione, del ridimensionamento dellorganico, della riorganizzazione e ristrutturazione, soprattutto delle grandi aziende, che hanno interessato sia il settore privato che pubblico, hanno sicuramente favorito il sorgere di forti conflittualità e tensioni nei relativi ambienti di lavoro.
Quando si parla di conflitto sul
posto di lavoro si individua una zona direi neutra.
Infatti, esso non coincide automaticamente con il fenomeno in
oggetto, ma può diventare un momento di crescita, di scambio di
opinioni.
Anche il litigio può sorgere, come in qualsiasi ambito di
convivenza.
Gli studiosi della materia in
oggetto (in particolare Ege) ritengono che uno dei mezzi di
prevenzione dal mobbing sia il diffondere la c.d cultura del
litigio.
E fondamentale riuscire a gestire le possibili situazioni
di conflitto e di litigio che ne derivano, affinchè non
degenerino e non costituiscano un pretesto per
"attaccare" ed "aggredire" sistematicamente,
con lo scopo di umiliare e distruggere.
E altresì importante acquisire una adeguata autodifesa verbale, e metterla in pratica alle prime avvisaglie del fenomeno.
La persona, prima di essere
colpita, deve essere già preparata ad affrontare
laggressione con fortezza danimo, senza sensi di
colpa, e con una dialettica pronta e adeguata.
Le varie associazioni di volontariato, sorte in tutto il mondo,
organizzano appositi corsi di autodifesa dal mobbing, con
lausilio di validi esperti in psicologia, psichiatria,
sociologia.
Si avvalgono di esperti del diritto i quali illustrano, agli
aderenti e allopinione pubblica, le possibilità esistenti
di tutela giuridica dal mobbing e forniscono ai soci
lassistenza legale.
Gli studiosi del settore pongono laccento sulla gradualità
della manifestazione del mobbing.
A titolo esemplificativo, si individuano 6 fasi, che nella
realtà non sono ben distinte luna dallaltra, ma
possono intrecciarsi o confondersi reciprocamente.
La prima fase è caratterizzata dal "conflitto mirato"
che si manifesta qualora si addossano alla stessa persona le
colpe per i ritardi, gli errori, gli inconvenienti, che si
verificano nel normale svolgimento dellattività aziendale
( per es. le lamentele del cliente per il ritardo nella consegna,
vengono poi "indirizzate" al singolo dipendente, che
così diventa il capro espiatorio ).
In questa prima fase, si sfrutta ogni minimo pretesto per
attaccare ed aggredire una determinata persona;
nella seconda fase, invece, si "creano" i pretesti e le
occasioni per isolare ulteriormente la vittima.
La terza fase è caratterizzata dalla comparsa dei primi problemi
psicosomatici in capo al mobizzato, consistenti nella insonnia,
nodo alla gola, tremore alle gambe, sfinimenti, iniziale
depressione, mal di schiena, vomiti etc. ...
Queste manifestazioni denotano un
certo squilibrio, anche di carattere psichico e caratteriale.
Infatti, la persona inizia a dare segnali di cedimento della
personalità, con continui scatti di nervosismo o di totale
assenza o sfiducia nelle sue capacità lavorative e personali.
Il soggetto mobizzato, a causa di questi malesseri, può
assentarsi dal lavoro per malattia, anche per lunghi periodi, con
grave deprezzamento delle sue capacità e della sua immagine
professionale e danni alla salute.
Si attiva, in altri termini,
quella reazione a catena per cui una persona piu è debole,
piu si ammala e piu viene isolata e "
accantonata ".
Spesso circola la voce che le sue lunghe assenze siano una scusa
per non lavorare etc. ...
Nella fase successiva, il caso del mobizzato, varca le soglie
dellufficio di appartenenza, e viene portato alla
conoscenza dellintera azienda.
Esso., cioè, diventa " il caso aziendale " al centro
delle discussioni tra colleghi, delle dicerie etc.... che ne
aumentano la portata e la gravità.
Il caso arriva sul tavolo della Direzione del personale ( quinta
fase ), che convoca ripetutamente il mobizzato, con eventuale
minaccia di sanzioni disciplinari in caso di persistenza nel suo
comportamento.
Nella fase ultima ( sesta ) si ha la c.d. uscita dal mondo del
lavoro per una delle seguenti cause: prepensionamento per
malattia professionale ( dovuta al mobbing ), licenziamento ( per
es: per il venir meno del rapporto fiduciario con il datore ),
dimissioni (per il clima insopportabile creato nei suoi
confronti), suicidio ...
Infatti, la sistematicità e la puntigliosità nel terrorizzare psicologicamente la vittima, può provocarle dei seri danni psicofisici ( quali la sindrome depressiva e altre malattie psichiche, o causare infarti, oltre alla perdita di fiducia in se stessi e verso gli altri, alla diminuzione o totale perdita delle capacità professionali e relazionali.
Il fenomeno in esame provoca rilevanti danni economici allazienda, qualora la vittima manifesti un calo di rendimento professionale.
A soffrirne è lambiente lavorativo nel suo complesso, nelle sue molteplici componenti, che costituisce il motore dellazienda.
La disarmonia, gli attriti, la demotivazione, il demansionamento, la dequalificazione e tutte le forme di deprezzamento della forza lavoro, si ripercuotono inevitabilmente nella produttività dellazienda medesima.
Anche il sistema previdenziale subisce un danno dalla prematura uscita dal mondo del lavoro, dovuta a prepensionamento, licenziamento o dimissioni, per il mancato introito di contributi pensionistici ed assicurativi.
Ma vè unaltro settore sul quale si riflettono le conseguenze del fenomeno di cui si tratta.
Lambiente extralavorativo, ed in particolare quello familiare, rappresenta per il mobbizzato unoccasione di sfogo.
Il mobbizzato scarica una "energia produttiva" nei confronti dei familiari, costretti a subire continui sfoghi e discorsi.
La famiglia dapprima erige un muro di protezione, cercando di non farsi coinvolgere eccessivamente dai problemi del mobbizzato, fino ad arrivare ad un rifiuto dello stesso.
I familiari, nei casi piu gravi, subiscono, in modo riflesso il mobbing, che causa la rottura del ménage familiare, con la richiesta di separazione o divorzio.
Si verifica, in tal caso, una "reazione distruttiva" del familiare medesimo.
Nella realtà del fenomeno, la
vittima può subire: il sovraccarico di mansioni, qualora
gli vengano assegnate mansioni, impossibili da espletare ,
secondo la diligenza richiesta dalle circostanze concrete; il demansionamento
o la dequalificazione, nelle ipotesi in cui gli
vengano assegnate mansioni inferiori a quelle per le quali è
stato assunto o altre che non corrispondono alla professionalità
acquisita; il danno biologico o danno alla salute, per le
continue vessazioni, umiliazioni, per lo stesso sovraccarico di
lavoro o per la dequalificazione, etc. ...
Anche le molestie sessuali possono costituire una forma
del mobbing, se realizzata in modo sistematico, con la minaccia
di sanzioni disciplinari in danno della carriera, qualora la
vittima rifiuti le avances del capo.
Possiamo rilevare che il mobbing trova la sua fonte in molteplici
fattori, si manifesta in varie forme, causando diversi tipi di
lesioni o danni ( danno alla professionalità, alla salute, ai
diritti fondamentali della persona in quanto tale etc. ...)
Essa è una figura che, nella sua performance, sfugge ad una
diagnosi definita, sussistendo quella zona grigia in cui i "
conflitti "e le sopraffazioni sembrano confondersi.
E molto importante che la persona che si ritenga vittima di
una qualche vessazione, si rivolga immediatamente ad una persona
di fiducia ( il responsabile del personale, un legale, uno
psicologo del lavoro ), per discutere del problema ed esporre le
circostanze del caso.
Ormai il fenomeno in esame ha preso una piega allarmante; solamente in Italia, i mobbizzati si stimano nel numero di circa un milione.
Cè una maggiore presa di coscienza collettiva del problema ( maggiore informazione e coraggio delle persone, forte presenza delle associazioni contro il mobbing, una "certa" attenzione da parte della giurisprudenza, una continua elaborazione della dottrina, che ha proposto misure concrete al fine di combattere il problema ).
I poteri istituzionali sembrano essere latitanti, se si escludono alcune proposte di legge, presentate negli ultimi anni.
Ma quale tipo di tutela è
apprestata in favore del lavoratore mobbizzato?
E da premettere che non vè una legge o una
disposizione normativa nel nostro sistema, che disciplini, in
modo specifico, la fattispecie del mobbing.
E compito degli interpreti " ricavare
"dallordinamento giuridico la disciplina adeguata e
omogenea, in primis dalla Carta Costituzionale.
Il quadro normativo, in tema di tutela in favore del lavoratore,
presenta disposizioni generali e specifiche.
La legge fondamentale dellordinamento è costituita dalla
Costituzione che contiene alcune importanti norme a tutela della
persona in quanto tale.
Lart. 2 della Carta Costituzionale " riconosce "e
garantisce i diritti inviolabili della persona sia come singolo
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
In forza dellart. 3, a tutti gli individui è assicurata la
uguaglianza formale (tutti sono uguali davanti alla legge senza
alcuna distinzione) e luguaglianza sostanziale, che viene
attuata dalla Repubblica con la rimozione di tutti gli ostacoli
che di fatto limitano la libertà e luguaglianza e
impediscono il pieno realizzarsi della persona umana e la
partecipazione dellindividuo alla vita del Paese.
Su queste due norme si fonda la democrazia effettiva della
società, basata sulla centralità della persona umana e delle
sue aspirazioni.
Per lindividuo il lavoro, oltre che rappresentare lo
strumento per assicurare a sé e alla sua famiglia, una esistenza
libera e dignitosa (art. 36 Cost.), costituisce un ambito
essenziale per la realizzazione della personalità.
Lo Stato deve creare le condizioni favorevoli affinché sia
effettivo il diritto al lavoro.
Deve cioè eliminare gli ostacoli di ordine formale e sostanziale
che impediscono allaspirante lavoratore di essere parte
integrante della società civile.
Il diritto al lavoro è correlato
al dovere del cittadino di "svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, unattività o una
funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della
società" ( art. 4 Cost. ).
Il cittadino ( nella sua accezione piu ampia possibile ) è
chiamato a svolgere la nobile missione di rendersi coprotagonista
e compartecipe della Nazione.
Se lo Stato si preoccupa di tutelare il cittadino nel momento
dellingresso verso il mondo del lavoro, ancor piu
forte è la sua attenzione verso il lavoratore stesso durante
lattività lavorativa.
Anche nellambito in questione, la tutela fondamentale è
fornita dagli artt. 2, 3,4 Cost.
Lart. 35 Cost. stabilisce che la Repubblica tutela il
lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Essa, secondo lo spirito che informa la Costituzione, bandisce
ogni forma di discriminazione , assicura la libertà di pensiero,
di azione, di circolazione , la libertà di associazione, il
diritto di sciopero, cura la formazione e laggiornamento
professionale, garantisce il diritto ad una retribuzione giusta,
il diritto al riposo settimanale e alle ferie annuali retribuite,
garantisce i diritti sociali (previdenza, assicurazione dagli
infortuni e malattie professionali assistenza), tutela i
piu deboli.
E garantita la tutela della
sicurezza, della dignità umana che non possono essere intaccate
dalla attività imprenditoriale (art. 41 Cost.).
Esse costituiscono dei limiti alla iniziativa economica che è
libera, ma deve tendere alla utilità sociale.
Larticolo successivo ( 42 ) conferma e rafforza il principio di cui sopra, dichiarando che la proprietà privata è disciplinata dallordinamento giuridico che ne assicura la funzione sociale e la accessibilità a tutti.
Lart. 46 Cost. individua un momento di grande sintesi e armonia nel mondo produttivo: la Repubblica riconosce, infatti, il diritto dei lavoratori a partecipare effettivamente alla gestione dellattività imprenditoriale, nellottica dello spirito collaborativo.
Il fine è la valorizzazione economico-sociale del lavoro compatibilmente alle libere scelte imprenditoriali.
Lart. 2094 c.c. definisce il prestatore di lavoro subordinato colui che si obbliga a prestare la propria attività, in cambio della retribuzione, secondo un rapporto non solo di subordinazione ma soprattutto di collaborazione.
Queste posizioni che compongono il diritto al lavoro sono resi pienamente effettivi, qualora vengano garantite condizioni di sicurezza nellambiente di lavoro.
A tale scopo viene in soccorso lart. 32 Cost. che tutela la salute come fondamentale diritto dellindividuo e interesse della collettività.
Unapplicazione dei principi generali suindicati è rappresentato dalla previsione contenuta nellart. 37 Cost. che assicura alla donna lavoratrice le condizioni idonee alladempimento "della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
Lart. 32 trova un addentellato nella materia del lavoro nellart. 35 ( che stabilisce che "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni" ) e nellart. 41 ( che prevede che liniziativa economica privata "non può svolgersi in contrasto con lutilità sociale, o in modo da recare danno alla sicurezza , alla libertà , alla dignità umana ).
Relativamente alla materia che qui si tratta, occorre dare una lettura costituzionalmente orientata dellart. 2087 c.c. in forza del quale "limprenditore è tenuto ad adottare nellesercizio dellimpresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, lesperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare lintegrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Inoltre, lart. 9 dello Statuto dei lavoratori ( l. 20 maggio 1970 n° 300 ) prevede che i lavoratori, mediante i sindacati, hanno diritto di accertare lattuazione delle norme antinfortunistiche sul posto di lavoro.
Possono, inoltre, " promuovere la ricerca " e pretendere che vengano attuate le misure di cui allart. 2087 c.c.
Le norme suindicate hanno "ispirato" il legislatore nella emanazione delle norme di settore tra le quali ricordiamo: il DPR 19 marzo 1956 n° 303; il DPR 27 aprile 1955 n° 547; il Dlg 15 agosto 1991 n° 277; il Dlg 19 settembre 1994 n° 626 e successive modificazioni.
Lart. 2087 c.c. , secondo lo spirito della Costituzione che lo anima, è una norma generale che si applica, oltre le ipotesi espressamente previste dalle specifiche disposizioni antinfortunistiche.
La tutela comprende non solo lintegrità psicofisica del lavoratore ma anche la sua personalità morale, la dignità umana, la persona nella sua essenza.
La norma in questione era, fino a qualche anno fa, del tutto inapplicata.
Ora è stata valorizzata dalla giurisprudenza, anche di legittimità, e recentemente costituisce un valido riferimento normativo ai fini della tutela in via durgenza ex art. 700 c.p.c.
La disposizione in esame pone, a carico dei datori, precisi obblighi tesi a garantire e assicurare la tutela della persona dei lavoratori.
Anche nelle ipotesi in cui il datore avesse predisposto le misure previste dalle norme di settore, esso non andrebbe esente, ipso iure, da responsabilità per i danni al lavoratore.
Il datore è tenuto in via generale a prevenire i danni al lavoratore, usando la diligenza richiesta nella realtà concreta.
La giurisprudenza maggioritaria concepisce larticolo in esame, una disposizione di natura contrattuale, rimandando ai criteri previsti dalle norme in materia contrattuale, in particolare lart. 1218 c.c.
La sentenza che per prima ha accolto il termine mobbing nel lessico giurisprudenziale, è la pronuncia emessa dal Tribunale di Torino, Sez. Lav. I grado, datata 16XI/99.
Il caso esaminato dalla Corte Torinese riguarda una lavoratrice dipendente che aveva richiesto il risarcimento del danno biologico ( crisi depressiva ) subito a causa delle condizioni di lavoro gravose e dalle continue e mirate vessazioni e umiliazioni da parte del capo reparto.
Infatti, lattrice era stata costretta a lavorare ad una macchina entro uno spazio angusto e chiuso tra cassoni e macchinari, e isolata dai colleghi.
Alle lamentele della lavoratrice per le cattive condizioni di lavoro seguivano le prese in giro e le aggressioni verbali del capo reparto.
A causa della insopportabile situazione, la lavoratrice veniva colpita da una grave crisi depressiva che la costringevano alle dimissioni.
Il Giudice torinese, nella pronuncia in esame, stabilisce che tale ipotesi concretizza il fenomeno del mobbing, conosciuto come la persecuzione psicologica sul posto di lavoro.
La responsabilità del danno biologico subito dalla lavoratrice è da imputare al datore di lavoro il quale in forza dellart. 2087 c.c. deve garantire la tutela della integrità della persona del lavoratore, anche nella ipotesi in cui il comportamento lesivo principale sia stato posto in essere da un suo dipendente ( capo reparto ).
Il datore aveva lobbligo di controllare, di vigilare affinché i fatti de quibus non si verificassero.
Le vessazioni e il danno conseguente potevano essere concretamente impediti da una attenta e oculata attività di prevenzione da parte del datore.
La persona mobbizzata ha lonere di provare il nesso eziologico tra linadempimento delle misure ex art. 1087 c.c. e il danno biologico ( Cass. Sez. Lav. n° 5491 del 2 maggio 2000 ); essa, però, non è tenuta a provare il mobbing in quanto tale, poiché esso costituisce un fatto notorio, che rientra "nella comune esperienza" e può essere posto a fondamento della decisione ex art. 115 c.p.c., previa allegazione dei fatti costitutivi da parte dellattore.
Seguendo limpostazione giuridica delineata dalla Corte torinese, il datore di lavoro, al fine di essere esentato dalla responsabilità civile, deve dimostrare ex art. 1218 c.c. che la mancata adozione delle misure ex art. 2087 c.c. ( inadempimento ) è stata determinata " da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile ".
La giurisprudenza di legittimità ( Cass. Sez. Lav. N° 12339 del 5 novembre 1999 ) ha ritenuto che le cause naturali sono irrilevanti qualora sussista una causa umana, costituita cioè da un comportamento umano illecito.
Il danno biologico ( infarto cardiaco ) conseguente alla dequalificazione professionale ( danno professionale ) non attenua o esclude la responsabilità del datore, solo perché il lavoratore ha una propensione al fumo di sigaretta o ha subito nel passato delle malattie che potrebbero facilitare il danno per cui si agisce.
Il criterio di valutazione della responsabilità basata sulla concorrenza delle cause, trova applicazione in relazione alle condotte umane illecite.
La giurisprudenza di legittimità è attualmente orientata ad affermare la responsabilità del datore per tutti i fatti lesivi che si verifichino in danno dei lavoratori e in violazione dellart. 2087 c.c., anche se i comportamenti persecutori provengono dai suoi preposti o altri dipendenti ( Cass. n° 7768 del 1995 ; Cass. Sez. Lav. n° 5094 del 18 aprile 2000, che tratta di un caso di molestie sessuali, perpetrate dal capo ufficio ).
Abbiamo sottolineato che per la giurisprudenza maggioritaria lart. 2087 c.c. prevede una responsabilità di contrattuale perché la disposizione de qua rientra nel contenuto del contratto di lavoro ( v. anche Cass. 2053/77; 3260/77; 2858/79; 28/80;2654/81;1295/82;2799/86 e le piu recenti Cass. Sez. lav. 143/00; 1307/00 ).
Non sono mancati orientamenti secondo i quali la responsabilità del datore, nelle ipotesi in esame, sia di tipo extracontrattuale ex art. 2043 c.c.
In tal senso è la sentenza del Tribunale di Milano esaminata dalla Cassazione con sentenza n° 5491/2000.
In altre occasioni la Cassazione ha ammesso la concorrenza di responsabilità contrattuale ed extacontrattuale in capo al datore. ( Cass. SS.UU. n° 4441 del 14/05/87; Cass. Sez. Lav. n° 411 del 24/01/90; Cass. Sez. Lav. n° 7768 del 17/07/95; Cass. Sez. Lav. n° 12763 del 21/XII/98 ).
La giurisprudenza di legittimità stabilisce che, qualora un medesimo fatto doloso o colposo integri la violazione dei diritti primari della persona, indipendentemente da un contratto ( principio del neminem laedere ) e la violazione di obblighi contrattuali, sussiste il concorso di responsabilità aquiliana e contrattuale.
Rientra nella facoltà del danneggiato avvalersi dellazione di tutela piu opportuna in ordine allonere probatorio ( 2043, 1218 c.c. ), ai termini prescrizionali ( prescrizione quinquennale per lazione extracontrattuale ).
Qualora fosse prescritta lazione risarcitoria per fatto illecito, il danneggiato può far valere la responsabilità contrattuale , nei termini piu lunghi.
Ma si può rilevare che il meccanismo risarcitorio nel settore contrattuale offre al danneggiato degli strumenti giuridici piu vantaggiosi ( onere probatorio sullinadempimento degli obblighi, sul danno e sul relativo nesso causale ).
La giurisprudenza di merito ha ampliato la tutela del lavoratore, adottando la procedura durgenza ex art. 700 c.p.c., nelle ipotesi di comportamenti vessatori o discriminatori che pongono in grave pericolo i diritti del lavoratore.
Le Corti di merito, affrontando i casi di isolamento per dequalificazione, inattività forzata etc... hanno giustificato la tutela durgenza sulla base della irreparabilità del pregiudizio ( periculum in mora ) e sulla verosimiglianza del diritto ( fumus boni iuris ) ( Trib. Milano Sez. Lav. II grado, 26 novembre 1999; Trib. Roma Sez. Lav. I grado, 18 aprile 2000 e altre ).
Dalla analisi del panorama giurisprudenziale possiamo rilevare le seguenti forme di mobbing: danno biologico ( alla salute ) derivante da umiliazioni, dequalificazione professionale, demansionamento, sovraccarico di lavoro o di mansioni, lavoro usurante, danno alla sfera professionale ( o danno alla immagine professionale ) dovuta a i fattori suindicati.
Possiamo rimarcare che le forme di mobbing possono ledere la sfera della salute, in senso stretto ( nel caso di infermità ), la personalità morale e lo status di lavoratore ( nel caso di danno professionale ) la sfera personale ( in tali casi si potrebbe parlare di danno esistenziale, anche sulla scorta degli ultimi sviluppi giurisprudenziali ( recente sentenza del la Cassazione Sez. I n° 7713/00).Il danno biologico assume una valenza contrattuale, poiché consegue alla violazione della disposizione di cui allart. 2087 c.c., con funzione integrativa del contratto, sulla base dellart. 1374 c.c.
Infatti, tale articolo, stabilisce che " il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge......"
Inoltre, il dovere di buona fede ( art. 1375 c.c. ) e di correttezza ( art. 1175 c.c.) impongono al datore di lavoro di garantire la sicurezza sul posto di lavoro
e la tutela della integrità del lavoratore.
Lautonomia contrattuale non può andare a discapito dei principi cardine dellordinamento, in primis le norme costituzionali, immediatamente applicative quale lart. 32 ( tutela della persona ).
I casi piu recenti di danno biologico affrontati dalla giurisprudenza sono i seguenti: danno biologico ( infermità ) derivante da lavoro usurante ( Cass. Sez. Lav. n° 2455 del 2000), svolto senza il beneficio dei riposi settimanali; la sentenza in esame stabilisce che il danno de quo è distinto rispetto al danno da usura psicofisica, per il mancato godimento del riposo settimanale. Questultimo danno si ritiene presunto nella imposizione delle prestazioni usuranti; il danno biologico, invece, ai fini della risarcibilità, deve essere concretamente provato ( sussistenza della infermità ), unitamente al nesso eziologico tra il comportamento del datore e il danno medesimo.
La Cassazione in esame considera il danno biologico de quo di natura contrattuale poiché consegue ad un illecito contrattuale.
La mancata concessione dei riposi settimanali integra una violazione delle previsioni contrattuali;
danno biologico ( infarto )derivante da sovraccarico di lavoro ( Cass. Sez. Lav. n° 1307/00 ). La Cassazione che si cita coglie loccasione per ripercorrere i passaggi giurisprudenziali che hanno portato ad una piena tutela della salute, anche in campo contrattuale ex art. 32 Cost.
Il Giudice di legittimità ricorda che a carico dellimprenditore sussistono degli obblighi a tutela della integrità ( artt. 32 Cost., 2087 c.c. ), della dignità del lavoratore ( art. 41 Cost. );
danno biologico ( depressione ), derivante dallisolamento fisico e psicologico del prestatore, costretto a lavorare in luogo angusto, e dalle continue e mirate umiliazioni e aggressioni verbali ( Trib. Torino Sez. Lav. I grado del 16/XI/99 );
danno biologico ( depressione e infarto al miocardio) derivante da dequalificazione professionale ( Cass. Sez. Lav. n° 123339 del 5/XI/99 ).
La giurisprudenza, nella ipotesi de qua, ha escluso che la propensione al fumo di sigaretta e una arteriosclerosi coronarica possano costituire causa concorrente con la responsabilità del datore;
danno biologico (disturbi nervosi con somatizzazioni quali nausee, vomiti, dolori epigastrici ) derivanti da una serie di provvedimenti disciplinari ingiusti ( Cass. Sez. Lav. n° 491 del 2 maggio 2000 ).
La giurisprudenza, nella fattispecie de qua, ha ribadito la natura contrattuale dellart. 2087 c.c. e la conseguente responsabilità del datore.
Essa non ha accolto il ricorso del lavoratore, perché questultimo non ha provato il nesso eziologico tra i comportamenti persecutori del datore e i pregiudizi subiti.
In relazione allonere probatorio sul nesso causale in oggetto, vè da segnalare la sentenza della Cassazione Sez. Lav. n° 143/2000; il Giudice di legittimità affronta il caso di una lavoratrice licenziata, poiché essa, a suo dire, aveva rifiutato le avances sessuali del superiore gerarchico.
La lavoratrice sostiene di essere stata vittima del mobbing, di aver subito una sindrome depressiva a causa del comportamento discriminatorio del capo, e di essere stata, infine, licenziata ingiustamente.
Nellistruttoria del relativo processo emergeva che la lavoratrice aveva in precedenza, anche a mezzo stampa, reso note le vessazioni da essa subite; perciò, lazienda provvedeva al licenziamento, per giusta causa, poiché veniva meno il rapporto di fiducia.
La Cassazione che si considera, pur non entrando nel merito della decisione impugnata del Tribunale, in quanto congruamente motivata, esprime un giudizio circa la necessità ( e lonere ) di provare il nesso causale tra fatto dannoso e pregiudizio.
In difetto, la diffusione di accuse diffamatorie, legittimano il licenziamento, per il venir meno del rapporto fiduciario ( giusta causa );
in materia di molestie sessuali o atti di libidine ( atti sessuali ) nellambiente di lavoro, sono da segnalare le seguenti sentenze: Cass. sez. Lav. n° 7768 del 17/07/1995 e Cass. sez. Lav. n° 5049 del 18/04/00, le quali impongono al datore di lavoro ex art. 2087 c.c. di adottare tutti i provvedimenti idonei ( sanzioni disciplinari, licenziamento ) a prevenire e far cessare tali comportamenti;
la mancata concessione di benefici previsti dallordine di servizio dellazienda, per i dipendenti meritevoli, come ritorsione nei confronti del lavoratore ad una sua azione giudiziaria precedente nei confronti dellazienda ( Cass. Sez. Lav. n° 12081 del 28X/1999 ). La Cassazione, nella ipotesi de qua ha confermato la illegittimità del comportamento ritorsivo dellazienda, condannandola a reintegrare il lavoratore nei suoi diritti.
La Corte di Cassazione, nella sentenza che si considera, stabilisce che lart. 2087 c.c. " trova una fonte immediata e diretta nel rapporto di lavoro " e nei limiti costituzionali ( art. 41 Cost. ).
Linadempimento dellimprenditore può concretizzarsi in condotte commissive e/o omissive .
Il danno biologico che ne deriva rappresenta una categoria di danno che si differenzia dal danno morale ex art. 2059 c.c., dal danno alla vita di relazione e dal danno che pregiudica la capacità reddituale in concreto;
danno biologico ( aggravamento e stabilizzazione di una sindrome ansioso-depressiva ), causato dalle continue visite del medico fiscale , su richiesta del datore di lavoro ( Cass. n° 475/99 ). Lipotesi de qua è stata riconosciuta come una forma di persecuzione sistematica causante il danno alla salute, il danno morale, il danno patrimoniale, quale mancato guadagno derivante dalle "forzate dimissioni".
Le richieste di controllo devono essere fondate da un intento persecutorio e discriminatorio in danno del lavoratore;
danno professionale o danno alla dignità professionale , dovuto a cumulo di mansioni, anche inferiori rispetto alla professionalità acquisita ( Trib. Civile di Milano, Sez. Lavoro n° 2908 del 5/XI-29/XII/99 ); nella ipotesi in esame, la Corte di merito succitata, stabilisce che la condizione umiliante, derivante dal cumulo di mansioni, per la volontà ripetuta e manifesta del datori di non potenziare lorganico dellufficio, legittima il lavoratore medesimo ( nella fattispecie concreta si trattava di un giornalista capo redattore di un periodico ) alle dimissioni, senza preavviso, per giusta causa ex art. 2119 c.c. o per i motivi previsti dal contratto nazionale di categoria.
Nella ipotesi in esame, la lavoratrice ha diritto ad ottenere lindennità di preavviso;
danno professionale derivante dalla dequalificazione o demansionamento, in violazione dellart. 2103 c.c.
Lipotesi in esame riguarda la lesione della sfera professionale, costituita dalle conoscenze ed esperienze lavorative acquisite sul campo e che il lavoratore ha diritto a valorizzare e migliorare in virtu dellart. 2 Cost., dellart. 2103 c.c.
Viene, in altri termini, tutelato la sua dignità e il suo status di lavoratore, a prescindere dal verificarsi di danni biologici in senso stretto, danni morali e patrimoniali. Esso costituisce una categoria di danno autonomo rispetto alle altre ipotesi di danno ed è valutato sia nellan ( sussistenza ) che nel quantum ( entità ), sulla base della durata del momento dequalificante, con esclusione di responsabilità, qualora lassegnazione a mansioni inferiori abbia avuto una durata brevissima, o sia dettata da motivi organizzativi, con lassenso del lavoratore.
Il demansionamento può causare un danno allimmagine professionale del lavoratore, al suo valore di mercato, con perdita di opportunità lavorative o di progressione della carriera.
In tale ipotesi, il danno ha natura patrimoniale e viene risarcito in via equitativa ex art. 1226 c.c., sulla base di una percentuale ( 25%, 50% ) della retribuzione dovuta per il periodo di demansionamento ( v. Pretura di Milano 16/09/94 ).
Inoltre, il datore dovrà reintegrare il lavoratore nelle mansioni precedenti, nel rispetto dellart. 2103 c.c. ( v. Pret. Milano 01/04/98 e altre ).
Dalle pronunce giurisprudenziali in materia di danno professionale si può arguire che la responsabilità del datore è di tipo contrattuale.
Da ultimo, segnaliamo la sentenza della Cassazione Sez. Lav. n° 7395 dello 02/06/2000; la pronuncia in esame stabilisce che , in virtu dellart. 2103 c.c., sono equivalenti le mansioni che, anche se non identiche alle precedenti, corrispondono alle competenze tecniche del lavoratore e valorizzano il suo patrimonio professionale acquisito.
In via generale possiamo affermare che la giurisprudenza ammette il risarcimento in via equitativa ex art. 1226 c.c. del danno da mobbing, data la impossibilità di determinarlo nel suo preciso ammontare.
Proposte di legge
In Parlamento giacciono alcune proposte o disegni di legge che prevedono degli strumenti per prevenire e combattere il fenomeno del mobbing.
Il DDL Camera 6410 dà una nozione molto ampia di violenza e persecuzione psicologiche, comprendenti tutti gli atti e comportamenti che i datori e lavoratori pongono in essere nei confronti del lavoratore , in maniera sistematica, duratura e predeterrminata, al fine di distruggerlo psicologicamente.
Il DDL in questione stabilisce che tali atti devono tradursi in lesione della capacità professionale, o pregiudicare lautostima o provocare sindrome depressiva.
Allart. 2 prevede la possibilità per il danneggiato di richiedere lannullamento degli atti discriminatori.
Un certo risalto è data allopera di prevenzione ed informazione da parte dei datori e i sindacati, anche di concerto tra di essi ( art. 3 ).
Inoltre, allart. 6, il giudice può disporre la pubblicità del provvedimento giurisdizionale di condanna del datore, mediante lettera agli interessati, omettendo il nome del datore medesimo.
Le altre proposte di legge sono la n° 6667 e la n° 1813 che creano il reato di mobbing. A queste si affianca il disegno di legge, già in discussione in Parlamento, sul danno biologico in generale.
Per concludere, è opportuno aspettare le prime risultanze applicative del Dlgs 23 febbraio 2000 n°38, in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Lart. 13, infatti, definisce in via sperimentale e ai fini della tutela assicurativa, il danno biologico " come la lesione alla integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona. Il risarcimento è dovuto indipendentemente dalla capacità di reddito in concreto del danneggiato ".
Lart. 13 prevede che, le menomazioni dal 6% al 16% sono indennizzate dallINAIL, mediante capitale, dal 16% mediante rendita.
E prevista, pertanto, una franchigia per le menomazioni inferiori al 6% !!!!!
Senorbì-Cagliari, lì 10/08/00
Avv. Bruno
Sechi
avv.brunosechi@tiscalinet.it