Il lavoratore inidoneo può essere licenziato

Breve nota a Cass. Sez. Lav. n. 15688/2000
a cura dell’Avv. Bruno Sechi del Foro di Cagliari

 

La Cassazione - Sezione Lavoro, nella sentenza n. 15688/2000, stabilisce che il datore di lavoro può legittimamente adottare il provvedimento del licenziamento nei confronti del lavoratore, divenuto inidoneo alle mansioni alle quali è stato adibito, per l’aggravarsi di una malattia a causa dell’esercizio dell’attività lavorativa.

E’, inoltre, legittimo il licenziamento qualora sussista "la rilevante probabilità" di aggravamento dello stato di salute del lavoratore tale da renderlo inidoneo. Nell’ipotesi in esame il provvedimento di licenziamento è legittimo poiché è giustificato da un motivo che rende impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Il licenziamento de quo rende esente il datore di lavoro dalle responsabilità civili di cui all’art. 2087 c.c. (Tutela delle condizioni di lavoro); quest’ultimo, così dispone: "L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".

La norma in oggetto disciplina il rapporto di lavoro in tutti i suoi aspetti contrattuali, legali e costituzionali.
L’art. 2087 c.c., secondo una lettura costituzionalmente orientata, opera un contemperamento tra diritti individuali e tra questi e interessi della collettività (art. 2 Cost.: solidarietà economica e sociale; art. 4 Cost.: promozione della tutela effettiva del diritto al lavoro e riconoscimento di quest’ultimo; art. 32 Cost. diritto individuale e interesse collettivo alla salute; art. 36 Cost.: diritto ad una esistenza libera e dignitosa per sé e la famiglia; art. 41 Cost.: diritto alla libertà economica, nei limiti dell’utilità sociale, sicurezza e dignità umana.)

Nel caso affrontato dalla Cassazione che si considera, il licenziamento costituisce la misura ultima e maggiormente adeguata alla tutela della integrità e personalità del lavoratore.
Infatti, la prosecuzione del rapporto di lavoro (e l’espletamento delle corrispondenti mansioni) causerebbero un’aggravamento dello stato di salute del lavoratore e, pertanto, una palese violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 c.c.

E’ significativo il riferimento ad altra Cassazione (Cass. del 20 marzo 1992, n. 03517) la quale ha stabilito la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro che omette di licenziare il lavoratore, divenuto inidoneo alle mansioni affidategli, prima del superamento del periodo di comporto, per l’aggravarsi delle condizioni di salute a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa.

Il riferimento de quo, operato dalla Cassazione, nella sentenza n. 15688/2000, chiarisce l’obbligo del datore di lavoro all’adozione del licenziamento; in difetto, il datore medesimo è soggetto alla responsabilità civile ex art. 2087 c.c. e al conseguente obbligo risarcitorio nei confronti del lavoratore " inidoneo ".

Per concludere, si riporta testualmente il principio di diritto enucleato nella sentenza n. 15688/2000: "... ai fini della responsabilità ex art. 2087 c.c., il datore di lavoro, che ha acquisito conoscenza di malattia del lavoratore alle proprie dipendenze, suscettibile, con valutazione prognostica, di possibile o anche probabile ingravescenza oltre i limiti della naturale evoluzione negativa di essa, e, perciò, tendente alla inidoneità ( c.d. in pectore ) alle mansioni affidategli, per effetto delle modalità di espletamento della propria attività è legittimato al licenziamento solo previo accertamento di fatto, insindacabile in questa sede ove congruamente e logicamente motivato, della sopraggiunta incompatibilità dell’esigenza del dipendente al mantenimento del posto di lavoro in relazione al pregiudizio, da valutarsi quest’ultimo in termini di certezza o anche di rilevante probabilità di aggravamento delle sue condizioni di salute per effetto dell’attività lavorativa in concreto svolta".

Senorbì-Cagliari, dicembre 2000

Avv. Bruno Sechi
avv.brunosechi@tiscalinet.it

 

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