Il
recepimento della direttiva 2000/31/CE per la P.A.
Dalla firma elettronica all’e-commerce per una P.A. che si “aziendalizza”
di
Andrea Lisi(*)
Relazione
al Convegno Nazionale DAE, Catania 27/28 giugno 2003
Premesse
Con la recente pubblicazione del
Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70 anche l’Italia (con il consueto
ritardo) ha dato attuazione alla direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti
giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con
particolare riferimento al commercio elettronico (G.U. 14.04.2003 S. O. n. 61 -
Testo in vigore dal 14.05.2003)
Alla luce di queste nuove disposizioni ci si è chiesti prima di tutto se
finalmente si è fatta chiarezza nella normativa italiana in materia di
e-commerce. In verità, partendo dall’ormai ovvio presupposto che Internet
altro non è che un innovativo mezzo di comunicazione, tale decreto poco ha
aggiunto a quanto già era presente nel complesso apparato legislativo nazionale
e comunitario che regolamenta il commercio nazionale e internazionale e, quindi,
anche il commercio elettronico. L’incontenibile fervore nel produrre nuove
leggi in materia di Internet (e Nuove Tecnologie, in generale) ravvisabile nel
nostro legislatore (nazionale ed europeo) è spiegabile, piuttosto che con
urgenti e reali necessità, con una sorta di “innata paura del nuovo
tecnologico” che si va manifestando in questi anni. La normativa in materia,
infatti, più che aggiungere grosse novità, ha mirato a “rassicurare” i
destinatari dei servizi internet, garantendo agli stessi poco o nulla di
ulteriore rispetto a quanto già previsto in loro favore dalla legislazione più
generale.
Inoltre, occorre riferire che, come sottolineato in dottrina(1), “il testo del
decreto legislativo 70/03 delude le grandi aspettative che attorno ad esso si
erano create e non appare neppure rispondente alle finalità ed agli obiettivi
individuati dal legislatore comunitario” (…) “Lo schema di decreto
legislativo pubblicato nei giorni scorsi costituisce, invece, solo un maldestro
tentativo di imitazione della direttiva comunitaria, una distratta e pedissequa
attuazione della delega parlamentare e, soprattutto, un coacervo di ovvietà e
di risposte confuse e contraddittorie che non possono che lasciare insoddisfatti
tanto i "prestatori dei servizi della società dell’informazione"
che i "destinatari" di tali servizi ma che, soprattutto, appaiono
difficilmente conciliabili con tutta una serie di altre previsioni contenute
nella vigente normativa.”
Al fine di meglio far emergere l’odierna complessità della normativa
(italiana) applicabile al commercio elettronico appare utile fornire un sommario
elenco delle disposizioni che possono riguardare tale forma di commercio:
- Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50 - Attuazione della direttiva n.
85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali;
- Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (art. 18) - Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio;
- Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 - Attuazione della direttiva
97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a
distanza;
- Decreto legislativo 9 aprile 2003, n.70 - Attuazione della direttiva
2000/31/CE;
- Circolare n. 3487/C del 01.06.2000 "Disciplina della vendita di beni
tramite mezzo elettronico" del Ministero dell'industria, commercio e
artigianato sul decreto legislativo 114/88.
Il quadro è oggi abbastanza completo e complesso da far sperare a qualche
illustre studioso della materia(2) che presto si possa arrivare ad un Testo
Unico in materia di E-commerce (al pari dell’atteso “codice in materia di
privacy”); anche se, a modesto avviso di chi scrive, molte volte i Testi Unici
si sono rivelati tutt’altro che panacea per sanare tutti limiti del nostro
sistema legislativo…
Arrivando all’oggetto di questo breve saggio/intervento dobbiamo chiederci se
le varie normative in materia di e-commerce (ed in particolare il decreto n.
70/2003) siano applicabili al solo settore privatistico, oppure se, al contrario
delle presunte intenzioni del legislatore e di una prima sommaria lettura,
possano ritenersi comunque applicabili genericamente alla attività on line
della Pubblica Amministrazione. E quindi dobbiamo chiederci se abbia un senso
oggi parlare di e-commerce per la p.a..
Breve analisi del Decreto Legislativo n. 70/2003
Prima di analizzare le
problematiche di cui sopra, appare comunque indispensabile operare una
brevissima e schematica analisi del decreto Lgs. 70 / 2003, focalizzando
l’attenzione su alcune norme che, ad avviso di chi scrive, possono in qualche
modo ritenersi applicabili all’e-commerce in generale e quindi risultano
almeno potenzialmente riferibili a qualsiasi attività svolta on line (compresa
quella della P.A.).
Da un primo sguardo al decreto, a tenere sveglia l’attenzione di un “lettore
sonnecchiante” sono più che altro i tanti limiti del campo di applicazione
delle varie norme fissati dal legislatore piuttosto che le presunte novità
contenute nel decreto stesso. Le varie norme, infatti, si riferiscono solo al
commercio elettronico "generico", escludendo settori come le
transazioni finanziarie, le aste on line, la compravendita d'immobili e così
via, per i quali sono previste disposizioni specifiche(3)…e comunque da una
rapida lettura la P.A. non sembra essere espressamente esclusa dall’ambito di
applicazione di detto decreto…(4)
Passiamo ora ad analizzare i vari e più importanti (per i nostri fini) articoli
del decreto.
Nell’art. 3 comma 1°, in maniera forse un po’ pleonastica, si afferma che
“i servizi della società dell'informazione forniti da un prestatore stabilito
sul territorio italiano si conformano alle disposizioni nazionali applicabili
nell'ambito regolamentato e alle norme del presente decreto”; in questo modo
viene concretizzato in maniera certamente meno incisiva il principio del paese
d’origine contenuto nel considerando n. 22) della direttiva 2000/31: “(…)
per garantire efficacemente la libera circolazione dei servizi e la certezza del
diritto per i prestatori e i loro destinatari, questi servizi devono in linea di
principio essere sottoposti alla normativa dello Stato membro nel quale il
prestatore è stabilito”. Naturalmente sono previste varie deroghe a questo
principio nell’art. 4 dello stesso decreto (5) .
Pedissequa applicazione di un principio di un certo rilievo contenuto
nell’art. 4 della direttiva, risulta essere invece l’art. 6 (Assenza di
autorizzazione preventiva): “1. L'accesso all'attività di un prestatore di un
servizio della società dell'informazione e il suo esercizio non sono soggetti,
in quanto tali, ad autorizzazione preventiva o ad altra misura di effetto
equivalente. 2. Sono fatte salve le disposizioni sui regimi di autorizzazione
che non riguardano specificatamente ed esclusivamente i servizi della società
dell'informazione o i regimi di autorizzazione nel settore dei servizi delle
telecomunicazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre
1997, n. 318 dalla cui applicazione sono esclusi i servizi della società
dell'informazione”. Anche questo lapalissiano principio non è altro che la
presa d’atto che Internet non è un mondo separato dal reale e, quindi, tutto
ciò che è concesso nel mondo reale è concesso anche nel mondo virtuale, senza
speciali autorizzazioni o limiti… in verità, molto di nuovo anche qui non
c’è…
Le varie disposizioni/informazioni contenute nel decreto oggetto di questo breve
saggio agli artt. 7 (informazioni generali obbligatorie) e 12 (informazioni
dirette alla conclusione del contratto), vanno ovviamente aggiunte e coordinate
a quelle già previste nell’art. 3 del D. Lgs. 185/99 e che devono essere rese
in favore del consumatore "in tempo utile, prima della conclusione di
qualsiasi contratto a distanza":
a) identità del fornitore e, in caso di contratti che prevedono il pagamento
anticipato, l'indirizzo del fornitore;
b) caratteristiche essenziali del bene o del servizio;
c) prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse o le imposte;
d) spese di consegna;
e) modalità del pagamento, della consegna del bene o della prestazione del
servizio e di ogni altra forma di esecuzione del contratto;
f) esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello stesso ai sensi
dell'articolo 5, comma 3;
g) modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di esercizio
del diritto di recesso;
h) costo dell'utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando è
calcolato su una base diversa dalla tariffa di base;
i) durata della validità dell'offerta e del prezzo;
l) durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti
o la prestazione di servizi ad esecuzione continuata o periodica.
In aggiunta a queste disposizioni il prestatore di un servizio della Società
dell’Informazione ex art 7 del decreto legislativo n. 70/2003, deve, quindi,
rendere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente, ai destinatari del
servizio e alle Autorità competenti le seguenti informazioni:
- il nome, la denominazione o la ragione sociale;
- il domicilio o la sede legale;
- gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di
comunicare direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l'indirizzo di
posta elettronica;
- il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche, REA, o al
registro delle imprese;
- gli elementi di individuazione nonché gli estremi della competente autorità
di vigilanza qualora un'attività sia soggetta a concessione, licenza od
autorizzazione;
- per quanto riguarda le professioni regolamentate:
1) l'ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il prestatore sia
iscritto e il numero di iscrizione;
2) il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato;
3) il riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta
vigenti nello Stato membro di stabilimento e le modalità di consultazione dei
medesimi;
- il numero della partita IVA o altro numero di identificazione considerato
equivalente nello Stato membro, qualora il prestatore eserciti un'attività
soggetta ad imposta;
- l'indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei
diversi servizi della società dell'informazione forniti, evidenziando se
comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da
specificare;
- l'indicazione delle attività consentite al consumatore e al destinatario del
servizio e gli estremi del contratto qualora un'attività sia soggetta ad
autorizzazione o l'oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un
contratto di licenza d'uso.
Secondo l’art. 12 dello stesso decreto il prestatore, salvo diverso accordo
tra parti che non siano consumatori, deve fornire in modo chiaro, comprensibile
ed inequivocabile, prima dell'inoltro dell'ordine da parte del destinatario del
servizio, le seguenti ulteriori informazioni:
- le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
- il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità
di accesso;
- i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e
correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l'ordine al
prestatore;
- gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via
telematica;
- le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all'italiano;
- l'indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.
Nel secondo comma del presente articolo si specifica inoltre che il comma 1 non
è applicabile ai contratti conclusi esclusivamente mediante scambio di messaggi
di posta elettronica o comunicazioni individuali equivalenti. Tale principio
(contenuto negli stessi termini anche nella direttiva di riferimento) è
spiegabile se si considera che il legislatore ha individuato nell’e-commerce
la fattispecie tipica della sottoscrizione on line di formulari e condizioni
generali presenti nei vari siti web (attraverso i noti meccanismi del cd.
“point and click”) e ha considerato così lo scambio di e.mail sussumibile
in una forma di scambio di volontà più classica (con maggiori garanzie di
formazione della volontà per il destinatario del servizio). In verità, gli
altrettanto noti fenomeni di inoltro meccanizzato di e.mail non sollecitate a
milioni di indirizzi di posta elettronica scovati in rete (cd. “spamming”)
rendono possibili abusi nei confronti dei consumatori, i quali vengono
letteralmente bombardati con messaggi pubblicitari e proposte commerciali di
massa. Partendo da tale constatazione, appare meno comprensibile la limitazione
di tali garanzie alla sola conclusione del contratto mediante i meccanismi del
c.d. “point and click”…
L’unica vera novità che si ricava dall’esame complessivo di queste norme è
la tutela offerta non più soltanto al consumatore, ma alla più ampia figura
del destinatario del servizio coincidente con “il soggetto che, a scopi
professionali e non, utilizza un servizio della società dell'informazione, in
particolare per ricercare o rendere accessibili informazioni”, secondo la
definizione fornita nell’art. 2 lett. d) dello stesso decreto.
Di una certa importanza risultano essere le disposizioni contenute nell’art.
13 (inoltro dell'ordine) secondo il quale, in primis, si afferma in maniera
quanto meno ovvia (ma non per questo inutile) che “le norme sulla conclusione
dei contratti si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene o di
un servizio della società dell'informazione inoltri il proprio ordine per via
telematica”. Al secondo comma dello stesso articolo si riferisce, inoltre, che
“salvo differente accordo tra parti diverse dai consumatori, il prestatore
deve, senza ingiustificato ritardo e per via telematica, accusare ricevuta
dell'ordine del destinatario contenente un riepilogo delle condizioni generali e
particolari applicabili al contratto, le informazioni relative alle
caratteristiche essenziali del bene o del servizio e l'indicazione dettagliata
del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna e dei
tributi applicabili.” Al terzo comma si afferma ancora che “l'ordine e la
ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali sono indirizzati
hanno la possibilità di accedervi” (6).
Anche in questo caso il comma 4 afferma (in maniera forse poco giustificata) che
le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 non si applicano ai contratti conclusi
esclusivamente mediante scambio di messaggi di posta elettronica o comunicazioni
individuali equivalenti. In verità, il recepimento, rispetto a quanto
espressamente contenuto nella direttiva, presenta una evidente incongruenza e,
cioè, il citato comma 4 del decreto, (a differenza di quanto contenuto nel
recepito comma 3 art. 11 della direttiva) fa rientrare nella deroga di
applicazione relativa ai contratti conclusi attraverso lo scambio di messaggi di
posta elettronica anche il principio (a prima vista generale) secondo il quale
ordine e ricevuta si considerano pervenuti quando le parti alle quali gli stessi
erano indirizzati hanno la possibilità di accedervi. Questo principio, secondo
il decreto, non dovrebbe quindi essere applicabile nello scambio di e.mail. In
verità, più che di una svista del nostro legislatore, tale “deroga
generalizzata e più ampia”, rispetto a quanto contenuto nella direttiva,
sembra essere una ulteriore (e illogica) sottolineatura che i principi contenuti
in questo decreto agli art. 12 e 13 sono riferibili solo e soltanto alla
conclusione dei contratti “tramite accesso al sito web” del fornitore del
servizio e non sono quindi principi generali, ma specifiche deroghe giustificate
dalla particolarità tecnica del mezzo di comunicazione utilizzato per la
conclusione dell’accordo. E, infatti, i principi generali relativi alla
formazione del contratto (e non alle necessità probatorie della stessa
formazione) rimangono sempre e comunque quelli previsti per tutti i contratti, a
prescindere dal mezzo di comunicazione utilizzato (come specificato nel comma
primo dell’art. 13, applicabile infatti a tutti i contratti on line).
L’art. 8 del decreto (7) prevede dei particolari obblighi relativi alla
comunicazione commerciale on line. Appare superfluo sottolineare come tale
normativa vada sempre e comunque coordinata con i dettami del D. Lgs. N. 74 del
25.1.1992.
Nulla di nuovo si legge in quanto contenuto nell’art. 10 (Uso delle
comunicazioni commerciali nelle professioni regolamentate) - secondo il quale
l'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della
società dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una
professione regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia
professionale e in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della
professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi -
a parte il fatto di non poco conto che anche chi oggi svolga on line una
“professione regolamentata” secondo il legislatore comunitario (e quindi
anche quello italiano) fa attività di e-commerce in senso lato.
Nulla di nuovo neppure nell’art. 9 (comunicazione commerciale non
sollecitata), secondo il quale “fatti salvi gli obblighi previsti dal decreto
legislativo 22 maggio 1999, n. 185 e dal decreto legislativo 13 maggio 1998, n.
171, le comunicazioni commerciali non sollecitate trasmesse da un prestatore per
posta elettronica devono, in modo chiaro e inequivocabile, essere identificate
come tali fin dal momento in cui il destinatario le riceve e contenere
l'indicazione che il destinatario del messaggio può opporsi al ricevimento in
futuro di tali comunicazioni. La prova del carattere sollecitato delle
comunicazioni commerciali spetta al prestatore”. Piuttosto che operare una
scelta netta in favore del sistema di OPT-IN (o OPT-OUT) - annoso problema che
ha suscitato vari dibattiti in dottrina - in questo articolo si sono
semplicemente “fatte salve” normative che su questa problematica non
presentano la dote della assoluta chiarezza e certezza (…) Comunque viene
almeno fornita qualche utile indicazione in favore del destinatario del servizio
e si è espressa una posizione forse meno ambigua rispetto a quella del
legislatore comunitario(8)…
Altre norme da ricordare sono l’art. 19 il quale stimola per l’e-commerce
l’adozione di forme alternative per la composizione delle controversie (le cd.
ADR o ODR), utile riferimento anche per la risoluzione di controversie sorte on
line tra cittadino e P.A. e tra P.A. e impresa e l’art. 18, relativo
all’applicabilità in materia di Codici di condotta.
Particolari ulteriori esclusioni di applicabilità del decreto de quo sono
inoltre previste all’art. 11 per i seguenti contratti:
- contratti che istituiscono o trasferiscono diritti relativi a beni immobili,
diversi da quelli in materia di locazione;
- contratti che richiedono per legge l'intervento di organi giurisdizionali,
pubblici poteri o professioni che implicano l'esercizio di pubblici poteri;
- contratti di fideiussione o di garanzie prestate da persone che agiscono a
fini che esulano dalle loro attività commerciali, imprenditoriali o
professionali;
- contratti disciplinati dal diritto di famiglia o di successione.
Applicabilità del decreto n. 70/2003 all’attività economica on line della
P.A.
Appare inevitabile ora dedicarci
a rispondere alla domanda/punto cruciale di questo intervento e, cioè, se il
decreto si applica genericamente alle attività on line della P.A. (anche al di
là delle attività strettamente svolte “iure privatorum”).
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima di tutto cercare di comprendere
cosa si intenda oggi per commercio elettronico.
Secondo quanto abbiamo visto in precedenza, l’art. 1 del D.Lgs. n. 70/2003 ci
riferisce che “il presente decreto è diretto a promuovere la libera
circolazione dei servizi della società dell'informazione, fra i quali il
commercio elettronico”. Anche la direttiva di recepimento (Direttiva 2000/31)
conteneva all’art. 1 (Obiettivi e campo di applicazione) principi identici:
“La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato
garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione
tra Stati membri”.
Ma cosa deve intendersi allora per servizi della società dell’informazione?
L’art. 2 comma primo lett. a) della direttiva 2000/31/CE afferma testualmente
che "servizi della società dell’informazione" sono i servizi
previsti ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE, come
modificata dalla direttiva 98/48/CE. La richiamata Direttiva 98/34/CE all’
art. 1, punto 2) definisce «servizio», qualsiasi servizio della società
dell'informazione prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via
elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.
Anche l’art. 2 del decreto 70/2003 al comma primo afferma che per
"servizi della società dell'informazione" devono intendersi tutte
quelle attività economiche svolte in linea -on line- nonché i servizi definiti
dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e
successive modificazioni; per "prestatore" (in maniera identica alla
direttiva) qualsiasi persona fisica o giuridica che presta un servizio della
società dell'informazione; e per "destinatario del servizio" il
soggetto che, a scopi professionali e non, utilizza un servizio della società
dell'informazione, in particolare per ricercare o rendere accessibili
informazioni. Infine, secondo l’art. 1 della richiamata legge n. 317 del 1986
come modificata dal Decreto Legislativo 23 novembre 2000, n. 427, lett. b) per
servizio deve intendersi qualsiasi servizio della società dell'informazione,
vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a
distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di
servizi(9).
Dalla semplice lettura di queste definizioni, appare molto difficile pensare che
la P.A. possa ritenersi esclusa dall’applicazione della normativa in esame,
che sembra riferibile a qualsiasi attività svolta on line e che abbia un
contenuto economico in senso molto ampio. Può la P.A. non considerarsi
fornitore di servizi della società dell’informazione? Può il cittadino o
l’imprenditore non considerarsi “destinatario di questi servizi”?
Se questi principi vengono letti sistematicamente con alcuni “considerando”
della direttiva 2000/31/CE, queste affermazioni paiono ancor meno prive di
fondamento:
- Considerando 18) della direttiva: I servizi della società dell’informazione
abbracciano una vasta gamma di attività economiche svolte in linea (on line).
Tali attività possono consistere, in particolare, nella vendita in linea di
merci. Non sono contemplate attività come la consegna delle merci in quanto
tale o la prestazione di servizi non in linea. Non sempre si tratta di servizi
che portano a stipulare contratti in linea ma anche di servizi non remunerati
dal loro destinatario, nella misura in cui costituiscono un’attività
economica, come l’offerta di informazioni o comunicazioni commerciali in linea
o la fornitura di strumenti per la ricerca, l’accesso e il reperimento di
dati. (…)
- Considerando 63) (…): Lo sviluppo della società dell’informazione deve
garantire in ogni caso l’accesso dei cittadini europei al patrimonio culturale
europeo fornito in ambiente digitale.
- Considerando 64): La comunicazione offre agli Stati membri uno strumento
eccellente per fornire servizi pubblici nei settori culturale, dell’istruzione
e linguistico.
A vedere bene se si ricordano le definizioni classiche di COMMERCIO ELETTRONICO
- considerato quale “principale espressione dell’attività economica
telematica” e quindi, consistente “nello svolgimento di attività
commerciali e di transazioni per via elettronica e comprendente attività
diverse quali la commercializzazione di beni e servizi per via elettronica; la
distribuzione on line di contenuti digitali; l’effettuazione per via
elettronica di operazioni finanziarie e di borsa; gli appalti pubblici per via
elettronica ed altre procedure di tipo transattivo delle Pubbliche
Amministrazioni>> (Comunicazione della Commissione al Parlamento COM [97]
157) – esse da sempre hanno considerato forme di commercio elettronico della
P.A.. Si ricordano tra le fattispecie classiche di e-commerce, infatti:
- business to business (B2B) - si tratta della più "classica" forma
di commercio elettronico, realizzata tra diversi operatori commerciali; viene
utilizzato da vari anni anche grazie alla nascita delle reti private;
- business to consumer (B2C) - è la vendita elettronica al minuto (definita
dagli americani electronic retailing) e deve la sua diffusione al Web.
- business to administration (Public Agencies to business) - è la categoria che
riguarda i rapporti tra imprese e Pubblica Amministrazione.
- public agencies to citizens - è la categoria che riguarda i rapporti tra
cittadini e Pubblica Amministrazione
Certamente la P.A. oggi è inserita in un complesso processo di “aziendalizzazione”(10)
che la porta inevitabilmente a svolgere on line attività economiche in senso
lato, fornendo servizi anche solo informativi in favore di imprese e cittadini.
Si pensi (in maniera assolutamente indicativa e non esaustiva) per quanto
riguarda il cd. “business to administration” ai:
- SUAP;
- SPRINT;
- ai vari adempimenti previsti D.Lgs. 98/144 e oggi richiedibili telematicamente;
- al c.d. E-government per lo sviluppo;(11)
- ai Portali per lo sviluppo del territorio;
- oltre ovviamente all’E-procurement (…).(12)
Voler superare la dicotomia commercio elettronico privato - commercio
elettronico pubblico significa anche accettare come la stessa normativa pensata
dal legislatore in funzione della P.A. abbia poi avuto pesanti e inevitabili
ripercussioni nelle contrattazioni tra privati. Infatti, principio generale e
ancor oggi attualissimo in materia di e.commerce in generale rimane l’art. 15
comma secondo della Legge 15.3.1997 n. 59 (delega al Governo per il conferimento
di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa): “Gli atti, dati e
documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti
informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la
loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e
rilevanti a tutti gli effetti di legge”. Ma anche tutta la normativa in
materia di firma elettronica e digitale che è seguita - e che ha tratto
fondamento dalla citata Legge (dal D.P.R. 513/97 al D.Lgs. n. 10 /2002 sino alle
ultime recenti e contestate(13) modifiche del DPR 7 aprile 2003, n.137) - ha
sempre mirato a concepire la sottoscrizione elettronica come una naturale
evoluzione della sottoscrizione cartacea e adattabile quindi non solo ai
rapporti tra privati e P.A. (e all’interno della P.A. stessa), ma anche e
soprattutto al commercio elettronico c.d. tra privati(14).
Oggi la P.A., all’interno della complessa trasformazione verso il
decentramento amministrativo informatizzato, opera economicamente on line (in
senso lato), assumendo un nuovo ruolo nello sviluppo economico del territorio.
Alcuni esempi concreti:
a) I Suap
Dalla Legge 59/1997si è sviluppata tutta la normativa in materia di Sportello
Unico per le Attività Produttive, con l’attribuzione ai comuni di tutte le
funzioni in materia di realizzazione, ampliamento, cessazione, riattivazione,
localizzazione e rilocalizzazione di impianti produttivi (ivi incluso il
rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie): funzioni da esplicarsi
“anche in via telematica” (artt. 23 e 24 del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 112).
Attraverso gli sportelli unici operanti on line i comuni dovranno svolgere,
inoltre, importanti compiti di promozione e sviluppo del territorio al fine di
attrarre in loco gli insediamenti produttivi. Attraverso i SUAP, quindi, i
comuni italiani devono rapportarsi con gli imprenditori locali, ma anche
favorire nuovi insediamenti produttivi, valorizzando le “vocazioni tipiche”
del proprio territorio. Per maggiori dettagli e per visitare i vari siti web dei
Suap italiani: http://si.formez.it/.
In ogni caso si consiglia di visitare il sito www.amministrazionefuturo.com,
quale “best practice” in Italia in materia di SUAP.
b) SPRINT (15)
Gli Sportelli Regionali per l’Internazionalizzazione costituiscono
l’evoluzione più avanzata del sistema pubblico di sostegno alla
internazionalizzazione delle imprese nel quadro del crescente ruolo delle
autonomie locali e delle Regioni in materia di commercio internazionale. Si
ricorda che alle Regioni - alle quali erano state trasferite, nell’ambito del
decentramento amministrativo avviato dalla citata “legge Bassanini” (L.
59/97), le sole funzioni di promozione e di supporto allo sviluppo dei
rispettivi sistemi economico-produttivi - era stata inizialmente sottratta la
materia del commercio estero, riservata allo Stato (art. 1, co. 3 , lett. a) L.
59/97), anche se forte attenzione era stata dedicata
all’internazionalizzazione delle imprese nel processo di decentramento delle
funzioni amministrative (art. 4, 4° comma, lett. c) della stesse legge).
Nel “processo di revisione costituzionale” (L. cost. n. 3/2001) che ha
investito l’intero titolo V della Costituzione (cd. parte “Istituzionale”,
in quanto regola l’ordinamento dello Stato e degli altri enti territoriali)
questa suddivisione delle materie tra Stato-Regioni in materia di commercio
estero è stato stravolta nella piena attuazione del “principio della
sussidiarietà” (“alle Regioni spetta potestà legislativa in riferimento ad
ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato”): tra
le materie di “legislazione concorrente”(16)tra Stato e Regioni, risultano
oggi essere inserite: 1) i rapporti internazionali e con l’Unione europea
delle Regioni, 2) il commercio con l’estero.
Il conferimento di queste due funzioni alle Regioni ha determinato
l’assunzione da parte di tali enti di un ruolo strategico nell’ambito del
processo di internazionalizzazione della realtà politica, economica e
socio-culturale del territorio italiano.
Le Regioni italiane hanno dato vita ad una serie di “accordi di programma”
conclusi con il Ministero delle Attività Produttive, tramite i quali l’azione
delle Regioni, essenzialmente di programmazione, di indirizzo e coordinamento,
è stata raccordata con l’azione statale, al fine di rendere massima la loro
sinergia. Sugli accordi di programma si sono poi innestate una serie di intese
operative aperte alla partecipazione di altri enti istituzionali operanti con
finalità di assistenza e promozione del sistema imprenditoriale nel processo di
internazionalizzazione (ICE, Camere di commercio ed associazioni di categoria)
Si è avviata così la costituzione degli Sportelli Regionali per
l’Internazionalizzazione delle Imprese (SPRINT), strutture aventi il compito
di “avvicinare” alle imprese gli strumenti pubblici di sostegno
all’internazionalizzazione, offrendo in ambito regionale i servizi
promozionali e reali dell’ICE, quelli finanziari della SIMEST e quelli
assicurativi di SACE.
I sistemi camerali regionali, integrati in queste strutture, hanno consentito la
localizzazione presso le Camere di Commercio delle singole Province, di tanti
“Sportelli provinciali per l’internazionalizzazione”, quali terminali
operativi dello Sportello Regionale.
Gli Sportelli Regionali costituiscono oggi un “punto di raccordo” tra le
imprese e i soggetti pubblici preposti al sostegno
dell’internazionalizzazione, ed una sorta di interlocutore unico a cui è
possibile rivolgersi per avere informazioni ed assistenza sugli strumenti
pubblici che possono agevolare l’inserimento nei mercati esteri.
In alcuni casi gli SPRINT hanno assunto il ruolo di veri e propri
“osservatori” sulla struttura economico-produttiva regionale, affiancando
alle funzioni di promozione ed assistenza alle imprese, una funzione di
monitoraggio continua delle economie locali, in modo da offrire concreto
supporto alle Regioni nell’ambito delle loro funzioni di programmazione delle
strategie di internazionalizzazione. Per maggiori informazioni sui siti web
degli SPRINT: http://www.mincomes.it/sportelli_reg/lista.htm
c) Tra le azioni che possiamo definire di “e.government per l’impresa” (e
quindi di commercio elettronico in senso lato) meritano di essere ricordati
anche e in modo più generico i vari “Servizi elettronici informativi ed i
servizi offerti dalla P.A. Centrale e locale in favore del cittadino digitale e
dell’imprenditore digitale” (così come indicati nella direttiva del maggio
2002 del Presidente del Consiglio dei Ministri “in materia di portali della
P.A.”).
Conclusioni
L’informatizzazione della P.A.
si inserisce quindi nel complesso e inarrestabile fenomeno del decentramento
amministrativo e del nuovo ruolo di promozione economica del territorio assunto
dall’ente pubblico, costituendone un efficace strumento di attuazione, un
volano per la trasparenza ed efficienza della nuova azione amministrativa. Tale
fenomeno va analizzato nella sua complessità economico/giuridica e non può che
essere studiato con un’ottica multidisciplinare.
“D’altra parte, l’avverarsi della “società globale
dell’informazione”, con l’universalità e l’interoperabilità delle
infrastrutture e dei servizi, rende del tutto inadeguati gli approcci settoriali
via via seguiti nell’affrontare il tema “informatica e pubblica
amministrazione” e impone una visione d’insieme dei vari problemi ad esso
attinenti e delle loro reciproche relazioni, quali: la tutela della privacy e la
sicurezza (dei dati e delle informazioni, degli archivi, dei sistemi informatici
e delle reti di telecomunicazioni); la proprietà intellettuale (dei dati e
delle informazioni in circolazione) e il commercio elettronico; i documenti
elettronici e la fiscalità per l'acquisizione di beni e servizi informatici
telematici; l’integrazione computer-tv e le tecnologie “pulite”, in grado
cioè di ridurre i rischi per gli utenti sullo stesso piano tecnologico
ecc.”(17).
Appare pertanto inevitabile per la “Nuova P.A. Digitale” - che offre servizi
di informazione al cittadino e alle imprese, promuove il suo territorio di
riferimento, attrae investimenti con accattivanti siti web, interagisce con il
suo tessuto produttivo - confrontarsi con le normative di attuazione delle
direttive in materia di e-commerce assicurando ai suoi servizi quei principi di
trasparenza, corretta informazione, rispetto della privacy etc. contenuti nelle
stesse e superando nei fatti quella dicotomia tra commercio elettronico privato
e commercio elettronico pubblico che oggi forse non ha più ragione di esistere.
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Note
(1)G. Scorza, 5.5.2003,
“Testata editoriale telematica: le sviste del legislatore” su Interlex
all’indirizzo http://www.interlex.it/stampa/scorza4.htm.
(2)M. Cammarata, “Troppe norme, occorre un testo unico” 17.04.2003, su
Interlex, all’indirizzo http://www.interlex.it/ecomm/troppenorme.htm
(3)Così M. Cammarata, cit.
(4)Art. 1 (Finalità) 1. Il presente decreto è diretto a promuovere la libera
circolazione dei servizi della società dell'informazione, fra i quali il
commercio elettronico. 2. Non rientrano nel campo di applicazione del presente
decreto:
- I rapporti fra contribuente e amministrazione finanziaria connessi con
l'applicazione, anche tramite concessionari, delle disposizioni in materia di
tributi nonché la regolamentazione degli aspetti tributari dei servizi della
società dell'informazione, fra i quali il commercio elettronico;
- le questioni relative al diritto alla riservatezza, con riguardo al
trattamento dei dati personali nel settore delle telecomunicazioni di cui alla
legge 31 dicembre 1996, n. 675 e al decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 e
successive modifiche e integrazioni;
- le intese restrittive della concorrenza;
- le prestazioni di servizi della società dell'informazione effettuate da
soggetti stabiliti in Paesi non appartenenti allo spazio economico europeo;
le attività, dei notai o di altre professioni, nella misura in cui implicano un
nesso diretto e specifico con l'esercizio dei pubblici poteri;
- la rappresentanza e la difesa processuali;
- i giochi d'azzardo, ove ammessi, che implicano una posta pecuniaria, i giochi
di fortuna, compresi il lotto, le lotterie, le scommesse i concorsi pronostici e
gli altri giochi come definiti dalla normativa vigente, nonché quelli nei quali
l'elemento aleatorio è prevalente.
(5)Art. 4 (Deroghe all'articolo 3) 1. Le disposizioni dei commi 1 e 2
dell'articolo 3, non si applicano nei seguenti casi:
- diritti d'autore, diritti assimilati, diritti di cui alla legge 21 febbraio
1989, n. 70 e al decreto legislativo 6 maggio 1999, n. 169, nonché diritti di
proprietà industriale;
- emissione di moneta elettronica da parte di istituti per i quali gli Stati
membri hanno applicato una delle deroghe di cui all'articolo 8, paragrafo 1,
della direttiva 2000/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante
l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di
moneta elettronica;
- l'articolo 44, paragrafo 2, della direttiva 85/611/CEE, in materia di
pubblicità degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari;
- all'attività assicurativa di cui all'articolo 30 e al titolo IV della
direttiva 92/49/CEE, terza direttiva sulle assicurazioni sui danni, agli
articoli 7 e 8 della direttiva 88/357/CEE, seconda direttiva sulle assicurazioni
sui danni; al titolo IV della direttiva 92/96/CEE, terza direttiva sulle
assicurazioni sulla vita, e all'articolo 4 della direttiva 90/619/CEE, la
seconda direttiva sulle assicurazioni sulla vita, come modificate dalla
direttiva 2002/83/CE; (continua)
- facoltà delle parti di scegliere la legge applicabile al loro contratto;
- obbligazioni contrattuali riguardanti i contratti conclusi dai consumatori;
validità dei contratti che istituiscono o trasferiscono diritti relativi a beni
immobili nei casi in cui tali contratti devono soddisfare requisiti formali;
- ammissibilità delle comunicazioni commerciali non sollecitate per posta
elettronica.
(6)Principio che trova un raccordo sistematico con l’art. 14 D.p.r. 445/2000
(1° comma) secondo il quale “il documento informatico trasmesso per via
telematica si intende inviato e pervenuto al destinatario, se trasmesso
all'indirizzo elettronico da questi dichiarato”.
(7)Art. 8 (Obblighi di informazione per la comunicazione commerciale) 1. In
aggiunta agli obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi, le
comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società
dell'informazione o ne sono parte integrante, devono contenere, sin dal primo
invio, in modo chiaro ed inequivocabile, una specifica informativa, diretta ad
evidenziare:
- che si tratta di comunicazione commerciale;
- la persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la
comunicazione commerciale;
- che si tratta di un'offerta promozionale come sconti, premi, o omaggi e le
relative condizioni di accesso;
- che si tratta di concorsi o giochi promozionali, se consentiti, e le relative
condizioni di partecipazione. Per comunicazione commerciale si devono intendere,
ai sensi dell’art. 2 (definizioni) 1 comma lett. f) del decreto “tutte le
forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere
beni, servizi o l'immagine di un'impresa, di un'organizzazione o di un soggetto
che esercita un'attività agricola, commerciale, industriale, artigianale o una
libera professione”. “Non sono di per sé comunicazioni commerciali: 1) le
informazioni che consentono un accesso diretto all'attività dell'impresa, del
soggetto o dell'organizzazione, come un nome di dominio, o un indirizzo di posta
elettronica; 2) le comunicazioni relative a beni, servizi o all'immagine di tale
impresa, soggetto o organizzazione, elaborate in modo indipendente, in
particolare senza alcun corrispettivo”.
(8)Art. 7 (direttiva 2000/31/CE) Comunicazione commerciale non sollecitata
1. Oltre agli altri obblighi posti dal diritto comunitario, gli Stati membri che
permettono comunicazioni commerciali non sollecitate per posta elettronica
provvedono affinché tali comunicazioni commerciali trasmesse da un prestatore
stabilito nel loro territorio siano identificabili come tali, in modo chiaro e
inequivocabile, fin dal momento in cui il destinatario le riceve.
2. Fatte salve la direttive 97/ 7/CE e la direttiva 97/66/CE, gli Stati membri
adottano i provvedimenti necessari per far sì che i prestatori che inviano per
posta elettronica comunicazioni commerciali non sollecitate consultino
regolarmente e rispettino i registri negativi in cui possono iscriversi le
persone fisiche che non desiderano ricevere tali comunicazioni commerciali.
(9)L’articolo citato continua riferendo che “ai fini della presente
definizione si intende: per "servizio a distanza” un servizio fornito
senza la presenza simultanea delle parti; per "servizio per via
elettronica” un servizio inviato all'origine e ricevuto a destinazione
mediante attrezzature elettroniche di trattamento, compresa la compressione
digitale e di memorizzazione di dati e che è interamente trasmesso, inoltrato e
ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici; per
"servizio a richiesta individuale di un destinatario di servizi” un
servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale.
(10)Il termine certamente poco affascinante per i “puristi del diritto” ben
sottolinea e fa emergere il nuovo ruolo che la P.A. va assumendo nella società
moderna. Una società dove anche il cittadino è protagonista del cambiamento e
può pretendere un servizio efficiente e differenziato al suo fornitore
privilegiato nella Società dell’Informazione, e cioè la Pubblica
Amministrazione.
(11)Si veda in proposito A. Lisi “E-government per lo sviluppo:
internazionalizzazione e innovazione per il sogno di una e-democracy globale”,
in “La Pratica Forense” alla pagina http://www.lapraticaforense.it/articolo.php?idart=201.
(12)Nella ampia nozione di commercio elettronico amministrativo andrebbe
inserito anche il c.d. “P.A. to citizens”, comprendente le tante e complesse
attività che rapportano la P.A. ai suoi cittadini non imprenditori. Si pensi
agli URP, ai Portali per il cittadino, allo stesso procedimento amministrativo
elettronico, al voto elettronico, al concorso pubblico elettronico, al concetto
di “cittadino digitale” nella sua globalità (…). Certo voler sussumere
tutto questo nella categoria essenzialmente economica (se pur in senso lato) del
commercio elettronico appare ancora oggi andare forse troppo oltre con la
“fantasia”…
(13)Si vedano in proposito le animate pagine di Interlex (www.interlex.it) di
questi giorni…
(14)Alla luce di queste considerazioni andrebbero quanto meno ammorbidite le
tante “feroci” critiche al “nuovo testo in materia di firma
elettronica”. Infatti - a parte una innegabile confusione terminologica e una
certamente urgente necessità di maggiore tutela nella fase di identificazione
del titolare della firma elettronica da rilasciare (così come correttamente
evidenziato durante il convegno e lungo le numerose pagine di interlex dedicate
alla materia) - il decreto in materia non è proprio tutto da buttare e non
possiamo neppure illuderci e pensare (o sognare) che il resto del mondo si possa
(o debba) adeguare alla maggiore bellezza stilistica e al più solido sostegno
dogmatico che erano presenti nella elaborazione normativa del DPR 513/97 (dove
“semplicemente” la firma digitale "coincideva" con la
sottoscrizione cartacea...e il rinvio al 2702 c.c. era valido, chiaro ed
efficace... ma tutto il resto era confinato in un imprecisato limbo giuridico).
La firma elettronica non l'abbiamo inventata noi, ma è purtroppo richiamata
nella direttiva comunitaria 1999/93/CE e anche nella Legge Modello Uncitral.
Insomma, con la firma elettronica il nostro legislatore doveva necessariamente
fare i conti e, a parte delle incongruenze più o meno gravi, con una certa
elasticità e uno sforzo interpretativo tutti noi possiamo/dobbiamo evitare
analisi “ipercritiche” (se non “catastrofiche”) nel valutare la recente
normativa. A modestissimo avviso di chi scrive, garantire anche alla firma
elettronica cd. “leggera” una qualche valenza giuridica e riportarla
nell'alveo della "forma scritta" ha un senso proprio per l'evoluzione
dell'e-commerce anche tra privati (ma soprattutto per evitare di confinare
l'Italia all'interno di un processo che appare inevitabile).
Infine, è chiaro che per lo sviluppo dei servizi della P.A. ci vuole certamente
una imputazione più certa delle dichiarazioni di volontà, ma con strumenti che
siano “liberati” da difficoltà tecnico/burocratiche che cancellerebbero in
un istante le grandi conquiste avviate in questi anni per una amministrazione più
snella e efficiente (firma elettronica leggera per l’e-commerce e per gli
scambi interni alla P.A.; Firma digitale/elettronica pesante per “scambi
ufficiali”).
(15)Per un approfondimento si consiglia la lettura di D. Desiderio, “Il ruolo
delle regioni nell’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano”,
in “La Pratica Forense”, all’indirizzo http://www.lapraticaforense.it/articolo.php?idart=202
(16)Come è noto, pur essendo attribuita potestà legislativa alle Regioni, allo
Stato è stata comunque riservato il compito di determinare i principi
fondamentali relativi ad esse.
(17)M. Iaselli, I Portali di servizi, in E-government, a cura di F. Sarzana di
Sant’Ippolito, 2002, Ed. La Tribuna
(*)Andrea Lisi. Avvocato in Lecce, Studio Legale Lisi. Titolare, con il dr.
Davide Diurisi, dello Studio Associato D.&L., consulenza aziendale e legale.
Vice Presidente del Centro Studi & Ricerche SCiNT. Curatore del portale per
l’internazionalizzazione www.scint.it.
Collabora con la cattedra di diritto commerciale internazionale dell’Università
di Lecce.