Investimenti ed affari
in Tunisia

di Paolo Greco *

 

L’adozione nel 1994 del Codice degli Investimenti e l’adesione all’OMC ha segnato una svolta nel processo di liberalizzazione dell’economia tunisina, anche se risale al 1987 l’avvio del processo di libero commercio, con una progressiva semplificazione delle procedure amministrative e la graduale eliminazione delle restrizioni alle importazioni[1].

Oggi, circa il 96% delle importazioni è stato liberalizzato. Il Codice vuole incoraggiare la partecipazione straniera allo sviluppo economico, nel rispetto dei principi di libero mercato e di trasparenza a cui il governo tunisino si è ispirato.

I settori regolati dal nuovo codice sono:

                   agricoltura e pesca;

                   industria di trasformazione;

                   lavori pubblici;

                   turismo;

                   artigianato;

                   trasporti;

                   educazione;

                   formazione professionale;

                   prodotti culturali e dello spettacolo;

                   spettacoli per bambini e giovani;

                   salute;

                   protezione dell’ambiente;

                   promozione del patrimonio;

                   altri servizi e attività non finanziarie.

Regolamenti ad hoc sono previsti per i settori: minerario, energetico, finanziario e del commercio interno.

Con la nuova regolamentazione l’investimento estero non è più sottoposto a autorizzazione preliminare, ma ad una semplice dichiarazione all’autorità competente[2].

Fanno eccezione le attività inerenti la tessitura di tappeti, la fabbricazione di armi, munizioni e pezzi di ricambio, il riciclaggio e la trasformazione di rifiuti, per le quali è previsto, a causa della particolare protezione imposta in sede governativa, un sistema di concessioni alquanto rigido[3].

Ad ogni progetto di investimento vengono concessi automaticamente benefici fiscali e finanziari, in particolare:

1.     la deduzione fino al massimo del 35% dell’imposta sui redditi per gli utili reinvestiti riduzione del 10% delle imposte doganali ed esenzione dall’IVA per le attrezzature importate se non esistono localmente;

2.     la possibilità di scelta di un sistema di ammortamento regressivo per le attrezzature la cui durata superi i sette anni;

3.     l’esenzione dall’IVA e dall’imposta di consumo per i beni strumentali fabbricati in loco;

4.     l’esenzione totale dal pagamento delle imposte sugli utili generati da esportazioni per dieci anni e imposizione del 60% della tassa comune per un periodo limitato, a partire dall’undicesimo anno se l’imprenditore straniero non effettua altri investimenti. Se effettua ulteriori investimenti, sulle parti reinvestite rimane l’esonero;

5.     la franchigia totale degli oneri e delle tasse per la importazione dei macchinari, di materie prime e di semilavorati per le imprese totalmente esportatrici;

6.     la presa a carico da parte dello Stato del contributo del datore di lavoro alla sicurezza sociale (18%), per un periodo di cinque anni, per gli stipendi degli agenti tunisini nuovi assunti, titolari di un diploma di maturità o di un diploma equivalente[4].

Il Codice degli Investimenti prescrive che vantaggi addizionali specifici possano essere concessi per:

       progetti di investimento relativi a piccole e medie imprese o diretti a promuovere trasferimenti di tecnologia, ricerca e sviluppo;

       protezione dell’ambiente;

       risparmio energetico, produzione e commercializzazione di energie rinnovabili e geotermia[5].

Ulteriori benefici fiscali e finanziari sono riservati alle società totalmente esportatrici, che verranno trattate in seguito vista la centrale importanza che queste ricoprono, e a quelle che operano nelle zone franche, inoltre alle imprese parzialmente esportatrici insediate nelle zone di incentivazione allo sviluppo regionale stabilite per decreto. Si tratta dei governatorati di: Beja, Gafsa, Jendouba, Kairouan, Kasserine, Kebili, Le Kef, Sidi Bouzid, Siliana, Tataouine, Tozeur, Zagouan ed alcune delgazione dei governatorati di: Diserta, Gabes, Mahdia, Medeline, Sfacs, Susa, Sousse[6].

Questa politica economica e giuridica ha fatto in modo che si creasse uno sviluppo armonico e completo di tutto il paese. Sostenere questa omogeneità ha comportato una diffusione dei consumi e del benessere insieme ad una certa stabilità politica, economica e produttiva, riducendo il rischio imprenditoriale per chi intende investire in Tunisia[7]. Non a caso la SACE, seguendo l’esempio di “le Moci”, ha ridotto il livello di rischio di assicurabilità nelle operazioni commerciali con la Tunisia; in conseguenza di questo lo Stato magrebino viene collocato adesso al secondo posto nelle valutazioni di rischiosità di mercato, alla pari con i paesi tradizionalmente votati ad un’economia capitalista, liberista ed occidentalizzata[8].

Nelle off-shore, imprese totalmente esportatrici, gli stranieri possono detenere,secondo la legislazione tunisina, il 100% del capitale sociale. Questa forma di società rappresenta la condizione di presenza preferibile in Tunisia,viene infatti,come si vedrà, significativamente incentivata e promossa dal legislatore e dalle autorità tunisine[9]. Lo sviluppo delle esportazioni è una delle priorità dell’azione politica economica del paese nord-africano, la cui bilancia dei pagamenti è tradizionalmente deficitaria rispetto ai paesi europei ed occidentali. Sostenere l’export significa creare un’economia che non soffra le crisi di un mercato piccolo e non particolarmente ricco in vista della diffusione di un’economia interna di tipo solidale.

In quelle che operano sul mercato locale, che devono essere società di diritto tunisino, la quota di partecipazione non può superare il 50% nel settore del commercio e dei servizi[10]. Nei settori industriale, agricolo e turistico può raggiungere il 100%, ad eccezione delle agenzie di viaggio, dove la partecipazione azionaria non può superare il 50%, salvo apposita autorizzazione.

Gli stranieri non possono possedere il 100% del capitale negli investimenti in ambito agricolo, il limite massimo è del 66%, lo sfruttamento è soggetto ad un affitto a lungo termine (25 anni prorogabili fino ad un massimo di 40)[11].

Per quanto riguarda gli organi direttivi, le imprese off-shore, possono assumere fino a quattro dirigenti di nazionalità straniera (investitori e personale possono scegliere un sistema previdenziale non tunisino), mentre per le società che operano sul mercato locale il gerente deve essere tunisino e il direttore generale può essere uno straniero residente. Va chiarito che la legislazione tunisina considera come non residente qualsiasi società il cui capitale sia detenuto per almeno il 66% da stranieri o da tunisini non residenti[12].

Agli imprenditori stranieri è stato consentito di acquistare fino al 10% di una società quotata in borsa, e fino al 30 % di una non quotata senza bisogno dell’autorizzazione della Banca Centrale.

Per quanto riguarda la liquidazione delle società, non ci sono limiti per quelle non residenti. Per quelle in cui la partecipazione straniera supera il 50% del capitale sociale occorre invece chiedere l’autorizzazione della Commissione Superiore degli Investimenti.

Gli investitori esteri sono liberi di trasferire in valuta gli utili e il prodotto della cessione del capitale investito, comprese le plusvalenze[13].

Il Codice degli Investimenti prevede incentivi particolari per le imprese con “vocazione alla esportazione” o “parziale vocazione all’esportazione”.

Il regime applicabile alle imprese totalmente esportatrici (off-shore) è caratterizzato dalla esenzione dalla maggior parte delle imposte e i soli oneri ai quali sono soggette sono i seguenti:

       diritti e tasse relativi agli autoveicoli da turismo,

       tasse di risanamento,

       contribuzioni per la sicurezza sociale, salvo le disposizioni per il personale straniero, oggetto di convenzioni e  quelle concernenti le imprese dislocate nelle zone di decentramento.

Le off-shore sono quindi esenti dalle imposte sulle società per i primi dieci anni di attività, col pagamento di solo il 50% a partire dall’undicesimo anno, inoltre godono del rimborso della TVA, tassa sul valore aggiunto, per gli acquisti effettuati localmente preso soggetti “non imponibili”, per beni e materiali necessari per la costruzione della sede dell’impresa e dei rimborsi dei diritti e oneri doganali sulle attrezzature, materie prime e materiali importati o acquistati localmente per lo stesso scopo[14].

Per tali imprese è inoltre previsto, qualora siano installate nelle zone di decentramento, la totale presa a carico dello Stato degli oneri per la sicurezza per un periodo di cinque anni e un contributo dello stesso per la realizzazione delle strutture, ad esempio costruzione di capannoni. Infine, per quanto concerne i quadri a loro dipendenza, di nazionalità straniera, essi possono essere assunti entro il numero massimo di quattro; i salari devono loro essere corrisposti in Tunisia per il 50% in valuta attraverso conti I.N.R.E., Intérieurs non Résidents Exportation, aperti a loro nome[15].

Le imprese residenti devono, invece, pagare i quadri stranieri integralmente in dinari, sempre attraverso i succitati conti, e i titolari hanno diritto a trasferire i loro salari nella misura del 50%.

I salari degli stranieri sono soggetti ad un’imposizione forfetaria pari al 20% dell’ammontare lordo.

Il regime delle imprese che non esportano la totalità della produzione, per quanto concerne la normativa sul commercio estero e il regime dei cambi, sono considerate come residenti e devono rimpatriare in Tunisia il ricavato delle loro esportazioni[16].

Possono peraltro essere autorizzate ad aprire, per lo svolgimento della loro attività, conti professionali in valute convertibili alimentati dai loro proventi (fino al 20%) e utilizzati per il pagamento delle loro spese all’estero, oppure dei conti professionali in divise valutarie convertibili.

Gli investitori non residenti possono ritrasferire il capitale investito in moneta estera e gli utili che ne sono scaturiti. La garanzia permane, in caso di cessione e liquidazione, anche se il ricavato è superiore al capitale inizialmente investito[17].

Per quel che attiene al regime fiscale, i vantaggi previsti in linea generale, sono i seguenti:

-         registrazione degli atti inerenti la società al diritto fisso di 100 DT;

-         sgravio parziale delle imposte sui redditi, sugli utili investiti nella sottoscrizione in contanti del capitale, sull’aumento di questo, tale sgravio consiste nel pagamento della TVA sulle attrezzature al tasso ridotto del 10% e nell’esonero dalle imposte doganali, i ricavi delle operazioni di esportazione sono esonerati dal pagamento delle relative imposte per i primi dieci anni di attività e per il 50% per gli anni successivi; sussistono, inoltre, diversi vantaggi specifici secondo l’attività dell’operatore o la zona geografica nella quale opera; infine è prevista una concessione dei premi di investimento o parziale copertura delle spese infrastrutturali.

Altri benefici fiscali sono legati al decentramento in zone determinate del paese e riguardano la presa a carico da parte dello Stato dei contributi di sicurezza sociale ed esonero da quelli per alloggi sociali per i primi cinque anni di attività[18].

Vi sono poi vantaggi accordati in relazione all’attività di esportazione che risultano i seguenti:

-         sospensione della TVA per gli acquisti di materie prime e semilavorati utilizzati per produrre prodotti finiti destinati all’esportazione;

-         rimborso dei diritti doganali e tasse sugli analoghi prodotti importati;

-         rimborso dei diritti doganali e tasse sui beni strumentali importati, in percentuale correlata alla cifra di affari in esportazione;

-         cauzione forfetaria nel caso di prodotti importati in ammissione temporanea (circa il 5%);

-         esenzione dalla imposta sulle società in proporzione alla cifra d’esportazione[19].

Infine ulteriori vantaggi specifici possono essere concessi dalle autorità locali allorché si tratti di investimenti ritenuti particolarmente importanti per l’economia tunisina, soprattutto in chiave di sviluppo del benessere e dell’industrializzazione[20].

 

Disinvestimento e garanzie

 

Il cardine della normativa tunisina relativa ai settori produttivi industria, servizi, agricoltura, pesca, turismo, è costituita dalla piena trasferibilità dei capitali investiti in valuta e degli utili ricavati dall’attività svolta.

Il suddetto importantissimo ed utilissimo principio, va applicato su scala generale, vale a dire senza avere riguardo al fatto che l’attività svolta sia totalmente o parzialmente diretta all’esportazione[21].

Per quanto riguarda, in particolare gli investimenti italiani, la garanzia è ancora più solida a seguito dell’accordo esistente tra l’Italia e la Tunisia per la promozione e protezione reciproca degli investimenti, firmato il 17 ottobre 1985[22].

Il trasferimento degli utili, nel caso di società mista, è consentito per la parte percentuale corrispondente alla quota sociale dell’investitore estero, mentre per il capitale è autorizzato anche il trasferimento dell’eventuale plusvalore realizzato nei vari anni di attività, purché risulti da una contabilità regolarmente tenuta, e purché tutte le operazioni bancarie di trasferimento dei profitti all’estero passino attraverso la Banca Centrale Tunisina, che svolge funzioni analoghe a quelle della Banca d’Italia[23].

La possibilità di disinvestimento è comunque condizionata all’apertura di un conto in una banca tunisina nel momento in cui viene effettuato l’investimento iniziale. Il conto bancario deve essere utilizzato per il pagamento degli impianti di produzione importati[24].

La Tunisia ha inoltre aderito a numerose convenzioni internazionali e ha concluso accordi con molteplici paesi, tra questi si pongono in evidenza, per la loro centrale importanza:

-         l’accordo con l’Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti (Miga) e Convenzione di New York per quanto riguarda l’esecuzione di sentenze arbitrali;

-         gli accordi di protezione degli investimenti e contro la doppia imposizione sui redditi e l’evasione fiscale, con parecchi paesi dell’ Ocse, compresa l’Italia;

-         la sottoscrizione della Convenzione di Parigi per la protezione della libertà industriale.

La Tunisia è anche firmataria dell’accordo della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e Sviluppo (Cnuced), relativo alla protezione delle licenze e dei marchi depositati; fa parte dell’ Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (Ompi), e del Centro Internazionale per il Regolamento delle Controversie relative agli investimenti (Circi)[25].

 

Disciplina doganale

 

Nel Paese è in vigore dal 1990 il “Tarif des Droits de Douanes”, che descrive e codifica i prodotti in importazione.

La Tunisia adotta il sistema armonizzato e di classificazione delle merci in cui predomina il criterio dell’applicazione di dazi “ad valorem”. Le autorità doganali, ai primi del mese di gennaio di ogni anno, pubblicano sulla Gazzetta Ufficiale (JORT), l’elenco dei prodotti oggetto di riduzione daziaria.

Nel quadro del programma di liberalizzazione dell’economia tunisina, le restrizioni quantitative sono state progressivamente rimpiazzate da dazi doganali il cui valore oscilla tra il 10 e il 43%[26].

Con la legge 80-50 del 25 luglio 1989, la Tunisia ha ratificato l’adesione all’accordo di Ginevra del 25 aprile 1979, per l’eliminazione degli ostacoli tecnici al commercio, pertanto sono recepite le norme legislative internazionali sui requisiti tecnici e qualitativi in aggiunta a quelli locali che sono spesso frammentarie.[27]

Per quanto riguarda in particolare la liberalizzazione degli scambi con l’Unione Europea, l’Accordo di Associazione del luglio 1995, prevede lo smantellamento dei diritti doganali entro il 2008 che avverrà con criteri differenti secondo le quattro liste di prodotti annesse al testo dell’Accordo:

1.     macchinari industriali e affini: nel 1996 è stato previsto l’immediato azzeramento dei dazi;

2.     semilavorati: contempla la riduzione dei dazi in un periodo di 5 anni in ragione di 1/5 annuo, per cui ogni dazio è scaduto a partire dal 2000;

3.     prodotti finiti: prevede una riduzione dei diritti doganali per 1/12 annuo per un periodo di 12 anni, fino alla completa estinzione nel 2008;

4.     beni di consumo: contempla lo smantellamento dei dazi a partire dall’1 gennaio 2000, in un periodo di 8 anni, con una riduzione annua di 1/8[28].

Sono previsti regimi preferenziali per le importazioni di prodotti originari di una trentina di Paesi africani e medio- orientali come: Algeria, Arabia Saudita, Costa d’Avorio, Emirati arabi, Iraq, Giordania, Kuwait, Libia, Marocco, Senegal, Sudan, Siria, ecc.

Le facilitazioni daziarie concesse alle importazioni in Tunisia, da detti paesi, sono stabilite sulla base di accordi commerciali stipulati con i vari Stati e possono prevedere una franchigia doganale o una riduzione daziaria fino al 50%[29].

Le aliquote daziarie sono state abolite per la quasi totalità delle macchine e attrezzature per uso industriale così come per le materie non reperibili in loco e necessarie per lo sviluppo nazionale.

Sui beni di consumo, che vengono prodotti in misura sufficiente anche in Tunisia (tessile, olio…), è applicato un dazio molto elevato che può arrivare fino al 200%[30].

Salvo rari casi di prodotti esenti, in quanto trattasi di materie prime per uso alimentari, prodotti medicali, ecc. e di altri prodotti importati gravano, oltre al dazio:

       imposte sul valore aggiunto con aliquota dal 6 al 29% sul valore CIF da sommare al valore daziario (escluse le società off-shore);

       imposte sul consumo: sul valore CIF con aliquota che varia dal 10 al 90%, per gli articoli di lusso può raggiungere il 320%;

       canone sulle prestazioni doganali: con aliquota del 2% sull’ammontare del dazio, dell’imposta provvisoria compensativa e dell’IVA;

       sovrattassa su tutte le importazioni con aliquota del 5% (escluse le ditte off-shore);

       tariffa di importazione per i beni di investimento con aliquota che può arrivare fino al 25%.

I beni di investimento destinati al turismo sono esonerati dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto e sui consumi e godono di agevolazioni sui dazi doganali; per i medicinali è sospeso il pagamento della tassa sul valore aggiunto.

L’aliquota del 29% è quasi esclusivamente applicata ai beni di consumo considerati voluttuari[31].

Perché le merci possano lasciare gli spazi doganali è indispensabile che vengano previamente pagate o fornite fideiussioni bancarie per tutti i diritti e le tasse che dovrebbero essere pagate in caso di immissione in consumo. Il pagamento avviene presso i servizi doganali che ne rilasciano regolare quietanza[32].

Nel caso di immissione differita sul mercato, è prevista la possibilità che le merci siano custodite in depositi posti sotto sorveglianza delle dogane. Nei depositi portuali “entrepot reel” gestiti dalla pubblica amministrazione, il deposito può durare fino a cinque anni. Gli stessi possono essere costituiti temporaneamente per ricevere merci destinate a fiere, esposizioni, concorsi, ecc. I diritti dovuti per merci immesse in “entrepot reel” variano in base alla tipologia delle merci. Gli “entrepoct fictif” possono essere costituiti su tutto il territorio nazionale, sono gestiti da società private e qui le merci possono restare per un massimo di due anni[33].

L’importatore si occupa delle procedure di sdoganamento, nel caso in cui i beni siano destinati alla vendita sul territorio tunisino, il suo compito consiste nella presentazione agli uffici doganali di una copia delle fatture delle merci e di una copia dell’autorizzazione all’importazione.

Nel contratto commerciale o fatture proforma, devono essere contenuti i seguenti elementi:

1.     descrizione commerciale precisa del prodotto;

2.     voce doganale del prodotto;

3.     prezzo unitario e quantità;

4.     prezzo globale e valuta di pagamento;

5.     timbro e firma del fornitore;

6.     tempi e modalità di consegna (CIF, FOB);

7.     tempi e modalità di pagamento;

8.     origine, provenienza e destinazione del prodotto;

9.     data di conclusione, la quale non deve essere anteriore di più di tre mesi;

10. valore FOB, a prescindere dalle modalità di spedizione;

11. eventuale dichiarazione di conformità alle norme tunisine o internazionali;

12. certificato di importazione;

13. licenza di importazione;

14. certificato di conformità all’ordine[34].

La legge prevede due regimi per le importazioni:

- merci ammesse liberamente;

- merci vietate.

Le merci ammesse liberamente all’importazione devono essere accompagnate da certificato di importazione. La lista di questi prodotti è riportata in un avviso, aggiornato annualmente dal ministro dell’Economia Nazionale, pubblicato sul JORT e disponibile presso la Tipografia Ufficiale.

I prodotti compresi in tale lista sono costituiti prevalentemente da attrezzature e prodotti industriali non fabbricati nel paese. Il regolamento finanziario delle operazioni soggette a tale disciplina avviene direttamente su iniziativa della banca intermediaria autorizzata[35].

In base all’art. 128 del “Code des Douanes” viene vietata in senso assoluto l’importazione nel Paese di prodotti contro e la salute, le armi, ad esclusione di quelle da caccia, le munizioni e gli esplosivi ad eccezione di quelli destinati ad uso civile, gli stupefacenti e, infine, tutti i prodotti recanti abusivamente il marchio di fabbrica “Made in Tunisia”.

Esistono anche altre eccezioni:

-         i vini e la carne bovina che sono normalmente sottoposti ad una autorizzazione, sono infatti vietati per proteggere la produzione locale, nel primo caso, per via del problema dell’ESB, nel secondo;

-         dal 1998 viene vietata l’importazione di alcuni prodotti agricoli, tra cui henné, lucerna e datteri, per ragioni fitosanitarie;

-         le automobili, che pagano tra il 24% ed il 390% di dazi ed imposte in base al numero di cavalli, sono sottoposte ad un regime di aliquota determinato ogni anno secondo i risultati ottenuti dai costruttori esteri in materia di compenso industriale[36].

Il termine di pagamento previsto nel contratto deve essere fissato entro e non oltre 90 giorni; se detto termine è superato il regolamento è subordinato all’ autorizzazione della Banca Centrale di Tunisia.

A decorrere dalla data di domiciliazione, il certificato di importazione ha sei mesi di validità prorogabili al termine ultimo di consegna delle merci, fissato nel contratto, se trattasi di forniture destinate a progetti autorizzati, tuttavia per alcuni prodotti l’esistenza di dazi particolarmente elevati equivale, di fatto, a un limite alle importazioni[37].

In linea generale tutte le merci importate devono essere oggetto di una dichiarazione depositata in dogana.

A tale dichiarazione vanno allegati i seguenti documenti[38]:

-         fattura commerciale, in cinque copie redatte in lingua francese, firmata dall’esportatore, contenente una descrizione dettagliata delle merci spedite;

-         fattura “pro forma”, per le merci che necessitano di licenza;

-         certificato d’origine, se richiesto e legalizzato dalla Camera di Commercio;

-         polizza di carico;

-         lista di carico, se la spedizione comprende più colli separati;

-         certificati sanitari, per animali vivi, carne, frutta e verdura;

-         certificato di conformità all’ordine, nel quale l’esportatore deve dichiarare che la merce inviata corrisponde esattamente a quella richiesta.

A partire dal 1997 lo Stato tunisino ha intrapreso un processo che ha visto una progressiva semplificazione delle procedure amministrative e l’eliminazione delle restrizioni sulle importazioni. Oggi, circa il 96% delle importazioni è libero da procedure burocratiche in dogana, anche se permangono le restrizioni ex art. 128 del “Code des Douanes”[39].

Il riscontro dell’avvenuta importazione è effettuato direttamente dai servizi della Direzione Generale delle Dogane, non essendo in certificato di importazione soggetto all’autorizzazione delle Autorità locali.

Le imprese industriali esportatrici sono autorizzate a importare le materie prime, i semilavorati e le attrezzature necessarie alla loro attività in regime doganale sospensivo[40]. Per attivare detta procedura, le Autorità doganali richiedono che l’importatore depositi un’apposita dichiarazione con la quale si impegna a riesportare i prodotto importati e a fornire una cauzione pari al 54% del valore delle merci. Questo regime preferenziale è applicabile a due generi di applicazione: lavorazione per conto terzi e lavorazione per proprio conto. In questo secondo caso l’importazione è autorizzata solo previa presentazione di contratti di vendita dei prodotti che saranno ottenuti dalle merci importate.

I prodotti importati temporaneamente beneficiano anche della sospensione della TVA locale[41].

 

 


[1] Loi n. 93-120 du 27 décembre 1993, Code d’Incitations aux Investissements, API, Tunis, 2002;

[2] «Décrets d’attuation de la loi sur les investissements», da Loi des investissements en Tunsie- Delegation de la Commission Europeenne en Tunsie, Tunis, 2001;

[3]Programma di iniziativa comunitaria PMI 1994- 1999, studi di settore nei paesi terzi mediterranei- Tunisia”, sito internet CESMA, 2002;

[4] «La consitution de nouvelles enterprises», sito internet UNIDO, ottobre 2002;

[5]5 Raisons majeure d’investir en Tunisie”, FIPA, Tunis, 2002;

[6] Office de Développement du Sud, «Guides aux Gouvernorats», Tunis, 2002;

     The North West Development Office, «Guides of the Gouvernorats», Tunis, 2002;

[7]The Cartage Forum Investment”, FIPA, Tunis, 10- 12 October 2002;

[8]Le Moci”, n. 1530/2002, Sedec, Paris, 2002;

[9]Le Moci”, n. 1555/2002, Sedec, Paris, 2002;

[10] Arsenio Pardo Rodriguez., “African trade review”, n. 414/2000, Madrid, 2000;

[11]Agricoltura”, n. 278-79/96, Ismea, Roma, 1996;

[12]Commercio internazionale”, n. 9/98, Ipsoa, Milano, 1998;

[13] «Tunisia in Brief», sito della Banca Mondiale, 2002;

[14] «Note de présentation de la Tunisie», sito internet Banca Mondiale, 2002;

[15] «Fiscalité, Entreprise, Investissement, Société, Travail, Banque, Environnement, Import- export, Arbitrage», sito internet FIPA, 2002;

[16]Analisi dei mercati internazionali”, n. 37/97-serie gialla, CCIAA di Reggio Emilia, Reggio Emilia, 1997;

[17]Paesi arabi”, n. 79/2000, Camera di Commercio italo araba, Roma, 2000;

[18] “Tunisia”, in The Economist Intelligence Unit- Country Profile 1998- 1999;

[19] Lemarois T., «Sitel international expérience en Tunisie», présentation au Forum des Investissements de Carthage, Tunis, 2002;

[20] The North West Development Office, «Guides of the Gouvernorats», Tunis, 2002;

[21] «Information du commerce exterieur», n. 19/95, Obce, Bruxelles, 1995;

[22]Notiziario”, n. 5/94, Centro Estero Camere di Commercio delle Marche, Ancona, 1994; 

[23] «Tunisia in Brief», sito della Banca Mondiale, 2002;

[24] «Tunisia in Brief», sito della Banca Mondiale, 2002;

[25] «Exporter», n. 88/95, Cepex, Tunisi, 1995;

[26] ICE, “Guida per l'esportatore”, Roma, 2002;

[27] WTO, “Finance & development”, Washington, 1996;

[28] Van Wittenberghe A., «La Tunisie et l’U.E., une expérience dans le domaine de la collaboration», OBCE, Bruxelles, 1996;

[29]Notizie e tabelle paesi arabi: Algeria, Egitto, Liba, Marocco, Tunisia”, sito internet Camera di Commercio Italo- Araba, 2002;

[30] «Exporter», n. 88/95, Cepex, Tunisi, 1995;

[31]Paesi arabi”, n. 72/99, Camera di Commercio italo araba, Roma, 1999;

[32] Angeli, “Tunisia, guida pratica all' oasi del liberismo maghrebino”, Milano2000;

[33]Scambi con l'estero notiziario” n. 1/93, CCIAA di Napoli, Napoli, 1993;

[34] Fiscalité, Entreprise, Investissement, Société, Travail, Banque, Environnement, Import- export, Arbitrage», sito internet FIPA, 2002;

[35]Affari esteri”, n. 121/99, Aispe, Roma, 1999;

[36]Le Moci”, n. 1530/2002, Sedec, Paris, 2002;

[37] “Tunisia”, in The Economist Intelligence Unit- Country Profile 1998- 1999;

[38] ICE, “Guida per gli investimenti”, Roma, 2002;

[39]Paesi arabi”, n. 65/98, Camera di Commercio italo araba, Roma, 1998;

[40] AA.VV., «The World Factbook 1998», sito internet CIA, USA 1998;

[41]The Cartage Forum Investment”, FIPA, Tunis, 10- 12 October 2002.




(*)
Dottore in Giurisprudenza.
Master in Scambi commerciali, attività bancarie ed investimenti con i Paesi arabi nell'Università degli Studi di Bologna.

 


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