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L’AZIONE INIBITORIA AI SENSI
DELL’ART. 1469-SEXIES C.C.

Tra dispute accademiche e problemi pratici

di Andrea Sirotti Gaudenzi

 

 

La legge n. 52/96, con cui è stata recepita la direttiva 93/13 in tema di "clausole vessatorie" (o –rectius- "abusive", per mantenere l’originaria dizione comunitaria) è stata accompagnata da numerose critiche, talvolta feroci. 1)
C’è chi si è soffermato sulla "sciatteria linguistica" del legislatore, chi ha denunciato la mancanza di uniformità dell’intervento normativo, chi ha posto in rilievo l’inadeguatezza della riforma.
In questo spazio, data l’impossibilità di esaminare l’intera questione, vorrei occuparmi di uno specifico problema legato al recepimento nel nostro ordinamento della direttiva 93/13, vale a dire dell’introduzione del meccanismo di tutela d’urgenza contro l’utilizzo delle clausole vessatorie, cercando –se possibile- di instaurare un dialogo telematico con i lettori di questa rivista, che invito ad intervenire su questo tema. 2)

L’art. 1469-sexies, introducendo una forma di tutela inibitoria collettiva, stabilisce che "le associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono convenire in giudizio il professionista o l’associazione di professionisti che utilizzano condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l’uso delle condizioni di cui sia accertata l’abusività"; si precisa inoltre che "l’inibitoria può essere concessa, quando ricorrono giusti motivi di urgenza, ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile".

Fin dalle prime letture delle nuove norme, la dottrina è apparsa divisa. 3)
Ferri ha sostenuto che questa norma "contiene il regolamento di un’inibitoria urgente tipica che non può ricondursi semplicemente all’ambito applicativo della tutela dell’art. 700 c.p.c." 4)
In effetti, appare chiaro che debba intendersi come semplicistica l’operazione di chi, sottovalutando il tenore letterale delle due norme, tentasse di sostenere che i due istituti siano uguali. Secondo il Ferri, la differenza maggiore tra le due fattispecie starebbe nel fatto che i "giusti motivi di urgenza" di cui fa menzione l’art. 1469-sexies, sarebbero il presupposto necessario e sufficiente per la concessione del rimedio.
Proseguendo su questa strada, è stato affermato che la formulazione dell’art. 1469-sexies c.c. consentirebbe una dilatazione al massimo del campo di applicazione della tutela d’urgenza contro le clausole vessatorie, ammettendola anche in assenza dell’accertamento di un concreto "periculum in mora", dato che il legislatore lo avrebbe ritenuto "in re ipsa".

Il dato letterale sembrerebbe chiarire questo punto: la nuova disciplina, limitandosi a richiedere i "giusti motivi d’urgenza" avrebbe esteso il ricorso all’azione inibitoria, richiedendo un presupposto più ampio e generico del "pericolo di pregiudizio imminente e irreparabile" ex art. 700 c.p.c. 5)
Partendo da questo presupposto, è stato affermato che l’inibitoria di cui all’art. 1469-sexies c.c. sarebbe un’azione di carattere speciale, e che, nei casi in cui non siano presenti i "giusti motivi d’urgenza" sarebbe possibile esperire la normale inibitoria ex art. 700 c.p.c. 6) 
Secondo altra teoria, il rimedio previsto dall’art. 1469-sexies dovrebbe essere comunque ricondotto entro il generale schema dell’azione cautelare; la diversa formulazione dovrebbe spiegarsi col fatto che il legislatore abbia voluto inserire una maggiore "elasticità", data la necessità di considerare il requisito del pregiudizio non nei confronti dei singoli, ma nei confronti della collettività. 7)

La questione potrebbe sembrare una disputa accademica, ma –a ben vedere- ha notevoli risvolti pratici, soprattutto con riferimento al problema legato al periculum in mora.
E’ opportuno, quindi, esaminare i primi passi compiuti dalla giurisprudenza in questo settore.
In una delle prime questioni in cui il giudice nazionale è stato chiamato a pronunciarsi sull’ammissibilità di un ricorso ex art. 1469-sexies c.c., si è cercato di risolvere il problema della qualifica dei "giusti motivi d’urgenza": "la dizione usata dal legislatore è assai generica ed è quindi compito dell’interprete quello di riempirla di contenuto. Con tale norma il legislatore ha creato un nuovo tipo di procedimento cautelare per la cui esperibilità sarà necessario il previo accertamento in ordine alla sussistenza dei due requisiti propri del procedimento cautelare: il fumus boni iuris ed il periculum in mora." 8)

Tale conclusione dimostra di basarsi, oltre che su argomenti di natura sistematica, anche sul dato letterale: "La (ovvia) necessità della presenza del fumus boni iuris è riassunta nell’aggettivo "giusti" utilizzato dal legislatore, mentre per quanto attiene al concetto di periculum in mora –posto che non esiste, nel nostro ordinamento, un concetto astratto ed univoco di periculum- il legislatore del ’96 lo ha individuato nella dizione "motivi di urgenza". 9) Pertanto, ricondotto il nuovo istituto entro i confini delle azioni cautelari, il giudice nazionale lo differenzia dal ricorso ex art. 700 c.p.c.: "è necessario, quindi, accertare quali sono quelle situazioni di urgenza che legittimano l’ente qualificato ad ottenere una tutela anticipatoria degli effetti della successiva decisione di merito, dovendo necessariamente individuare un discrimine rispetto alla tutela ordinaria, al fine di evitare che il ricorso alla tutela cautelare diventi lo strumento tipico attraverso il quale le associazioni professionali possano esercitare la loro tutela general-preventiva. Tale imprescindibile esigenza nasce dalla necessità di dare una struttura autonoma e differenziata al mezzo cautelare rispetto a quello dell’azione ordinaria, posto che il ricorso alla tutela ordinaria costituisce lo strumento tipico, mentre quello alla procedura cautelare lo strumento eccezionale che, come tale, intanto potrà essere ammesso in quanto ricorrano determinati concreti presupposti." 10)

Con premesse come queste, sarebbe stato logico che il Tribunale di Torino avesse sviluppato conclusioni che avessero fatto chiarezza sul nuovo meccanismo inibitorio, assegnandogli un ruolo ben definito e decisamente diverso rispetto a quello spettante al ricorso ex art. 700 c.p.c. 
Invece, in quella circostanza, il giudice nazionale, alle prese con la nuova normativa, ha stabilito che il ricorso ex art. 1469-sexies c.c. può essere presentato "quando il consumatore risenta di un danno immediato per il sol fatto di avere stipulato un contratto alle condizioni vessatorie impostegli dal professionista e tale danno non sia suscettibile di riparazioni per equivalente". 11)
Risulta evidente, quindi, come la prima giurisprudenza, pur centrando in maniera chiara determinati elementi, sia giunta ad alterare la funzione dell’inibitoria collettiva. Che senso ha parlare di "danno immediato" subito dal singolo consumatore, quando appare chiaro che, con la proposizione di un’inibitoria ex art. 1469-sexies c.c., il legislatore intende tutelare non l’interesse del singolo, ma l’interesse della collettività?

Come chiarisce perfettamente Ernesto Cesàro in un recente scritto, la funzione dell’inibitoria collettiva è quella di prevenire la "dannosità sociale " di certe clausole contrattuali, impedendo che il "professionista" le riproduca in nuove operazioni contrattuali. 12)
Solo se la giurisprudenza si muoverà in questa direzione, facendo proprie le conclusioni dei migliori esegeti della riforma, sarà possibile riconoscere un ruolo preciso all’azione inibitoria ex art. 1469-sexies, superando il caos interpretativo, di cui il legislatore –con la sua goffa ed incerta operazione- è il principale artefice.

 

 

NOTE

1) Cfr.: CASTRONOVO, Profili della disciplina nuova delle clausole c.d. vessatorie cioè abusive, in Europa e Diritto privato, 1998; ROPPO, La nuova disciplina delle clausole vessatorie: spunti critici, in Europa e Diritto privato, 1998; BIN, Clausole vessatorie: una svolta storica (ma si attuano così le direttive comunitarie?), in Contratto e impresa/Europa, 1996; CIAN, Il nuovo capo XIV-Bis (Titolo II, Libro IV) del codice civile, sulla disciplina dei contratti con i consumatori, in Studium Iuris, 1996.

2) i contributi possono essere inviati all’indirizzo di posta elettronica: sirottigau@interoffice.it;

3) cfr.: LIBERTINI, La tutela d’urgenza contro l’uso di clausole vessatorie, in Contratto e impresa/Europa, 1997;

4) FERRI, L’azione inibitoria prevista dall’art. 1469-sexies c.c., in Riv. Dir. Proc., 1996;

5) DANOVI, L’azione inibitoria prevista dall’art. 1469-sexies c.c., in Riv. Dir. Proc., 1996;

6) BIN, Clausole vessatorie, una svolta storica (ma si attuano così le direttive comunitarie?, in Contratto e Impresa/Europa, 1996;

7) CONSOLO, Tutela urgente, clausole abusive e pregiudizi rilevanti seppur non irreparabili, in Corriere. Giuridico, 1997;

8) Trib. Torino, sent. 14.08.96;

9) Ibidem;

10) Ibidem;

11) Ibidem;

12) CESARO, Clausole vessatorie ed azione inibitoria: prime pronunzie della giurisprudenza, in Contratto e impresa/Europa, 1997.

 

 

Questo articolo è stato pubblicato anche sul numero di dicembre 1999 della rivista giuridica on line "StudioCelentano".

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