Bene culturale e diritto d'autore

 

di  Alessandro Ferretti (*)

 

 

 

1. Premesse

 

Un vizio, proprio di chi affronta le tematiche del diritto – ma anche altre discipline -, è quello di andare “per compartimenti stagni”. Si tende, cioè, ad affrontare un tema sotto uno specifico punto di vista, tralasciando quello che potrebbe derivare affrontando il problema da altre angolature.  Personalmente anche io ho questo vizio, anche se in determinate occasioni scruto un po’ più in profondità e penso di accorgermi di qualche interrelazione esistente tra punti di vista diversi. E’ quanto mi accade ad esempio quando affronto alcuni temi del diritto d’autore ponendoli in stretta correlazione con il diritto dei beni culturali[1]. Mi capita così di vedere con le stesse lenti metodologiche due discipline che pur tuttavia hanno un diverso humus (privatistica l’una, pubblicistica l’altra), chiedendomi se sia corretto o meno quello che sto facendo. Tralasciando la questione puramente teorica, mi limito a segnalare alcuni aspetti pratici delle due materie che secondo me si accostano e si intrecciano tanto da non potersi disgiungere più.

 

 

2.  Riproduzione di bene culturale e diritto d’autore

 

Di solito, quando si è intenzionati a voler utilizzare un’opera dell’ingegno altrui, la prima preoccupazione è quella di conoscere se siano ancora dovuti i diritti relativi. In altre parole, se l’opera che intendiamo utilizzare sia ancora protetta dal diritto d’autore. Al contempo, ipotizzando che sull’opera che intendiamo usare vi sia ancora questa protezione, cerchiamo di stabilire se un uso libero della stessa sia consentito. In questo ambito, ho incontrato signori ferratissimi che sapevano tutto il possibile e l’immaginabile sulla possibilità di utilizzare lecitamente la tale opera dell’ingegno, magari sul proprio sito web o sul proprio blog. I riferimenti normativi sono noti e sono quelli che si collegano alle cosiddette utilizzazioni libere. Di più, con la nuova norma recentissima – l. n. 2 del 2008 – che aggiunge il comma 1 bis all’art 70 della l.d.a si è arrivati a sostenere che finalmente anche su internet è possibile pubblicare liberamente immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Il punto nodale, semmai, è rappresentato dall’ identificazione di concetti nebulosi e vaghi come immagini degradate o uso didattico o scientifico (dove lo collochiamo l’uso divulgativo proprio delle enciclopedie, ad esempio..). Non mi addentrerò su questo terreno perché deborderei dal limite di argomento dato; vorrei però porre una di quelle domande che mi fanno sospettare che lo stesso problema può essere trattato anche da punti vista diversi. Che cosa succede se l’immagine degradata, pubblicata liberamente per uso scientifico o didattico, senza scopo di lucro, riproduce un bene culturale?[2] La prima risposta che mi sento di dare è che non sempre è possibile farlo, pena la violazione di specifiche norme che non disciplinano il diritto d’autore, ma il diritto dei beni culturali. Infatti, il Codice dei beni culturali e del paesaggio[3] prevede che il Ministero (beni e attività culturali), le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione nonché l’uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna, fatte salve le disposizioni (..) in materia di diritto d’autore[4] . Parlando in termini atecnici, se vi trovate di fronte ad un pezzo pregiato in un museo non stupitevi se qualche zelante custode vi ricorda che non è possibile fotografarlo non vi stupite, perché è possibile farlo proprio in funzione della norma che è stata appena indicata. Se poi fate parte di quella simpatica schiera di “buffoncelli” che eludono il divieto e riescono a fare lo scatto del secolo, immortalando qualche meraviglia culturale, fate attenzione a pubblicarla immediatamente sul vostro blog, perché non correte tanto il rischio di violare il copyright di qualcuno (la foto l’avete fatta voi!), quanto commettereste un vero e proprio illecito così come previsto dall’articolo 180 del Codice[5].

Stupiti? Eppure è così. Ma non finisce qui.

Se, per caso, avete intenzione di fare un bel catalogo di immagini fotografiche o di riprese di beni culturali, avete anche altri incombenti, oltre a quello di richiedere l’autorizzazione al soggetto istituzionale che abbia in consegna gli oggetti che volete riprodurre. In particolare, dovrete pagare un corrispettivo all’Amministrazione (che viene determinato sulla base di tariffari predeterminati),dovrete depositare il doppio originale di ogni ripresa o fotografia e dovrete restituire, dopo l’uso, il fotocolor originale con relativo codice[6]. Si potrà pubblicare il catalogo su internet ? Dipende. Perché la norma prevede che la autorizzazione sia rilasciata per fini di raccolta e catalogo di immagini fotografiche e non a fini di pubblicazione sul web, magari per uso scientifico o didattico. In assenza di questa indicazione – presente,come si è visto per le opere dell’ingegno – non risulta del tutto esente da rischi pubblicare sul web il vostro bel catalogo di immagini fotografiche di beni culturali e meno che meno per fini di lucro.

Eppure, nonostante la chiarezza della norma, se avete voglia e tempo di navigare vi accorgerete che esistono siti che fanno tranquillamente questa attività, chiedendo a chi “copia” le immagini di linkare l’url di provenienza, sorta di copyright camuffato. Per togliervi la curiosità potete andare qui http://www.romestate.it/fotobook.php o magari qui http://www.romaincanto.com/monumenti.php  o anche qui http://www.sentieridelbarocco.it/RAGUSA/foto/RAGUSA.htm .

Sembra esagerato? Sicuramente lo è, ma la norma non mi sembra che lasci scappatoie. Da questo punto di vista una soluzione potrebbe prospettarsi o modificando le norme che via via ho richiamato, prevedendo delle eccezioni ad hoc oppure, caso già più possibile, estendere la disposizioni della l. n.2/2008 anche alle riproduzione fotografiche di beni culturali, alle stesse condizioni ivi previste per le opere dell’ingegno.

 

 

3. Panorama libero

 

Ahimè! Anche questo è un mito da sfatare: nel nostro ordinamento (dei beni culturali!) non esiste il c.d. diritto al panorama libero. E’ inutile che vi affanniate a cercare qualche norma in proposito. Non ve ne sono. Al contrario, ricordando quanto appena detto sopra, possiamo riscontrare un divieto generale di uso strumentale e precario dei beni culturali/monumenti, tale da impedire il riconoscimento del panorama libero. Diverse possono essere le soluzioni, ma anche in questo caso ritengo che l’intervento legislativo sarebbe risolutivo.

Il panorama freedom o libertà di panorama è un tema recentemente venuto alla ribalta. In estrema sintesi, si tratta di garantire ragionevolmente la libertà di fotografare edifici o monumenti visibili pubblicamente, senza intaccare gli eventuali diritti delle opere d’arte che possono essere riprodotte.

Si è osservato da più parti che in Italia non vi sarebbe alcuna norma che garantirebbe in maniera espressa questa libertà, al contrario di quanto previsto in altri ordinamenti europei ed extraeuropei. In questo quadro, il primo ottobre 2007 il parlamentare Franco Grillini ha proposto un’interrogazione a risposta scritta (n.4-05031) al Ministro per i beni e le attività culturali chiedendo di intervenire normativamente sulla “libertà di panorama” per mettersi al pari con la legislazione internazionale.

Volendo offrire qualche ulteriore spunto di riflessione si ricorda che tra le altre legislazioni, quella Svizzera prevede la possibilità di fotografare opere installate in via permanente in un luogo pubblico o accessibile al pubblico, essendone consentito anche l’uso commerciale. In Austria, la libertà di fotografare in luoghi pubblici include anche le zone accessibili al pubblico all’interno degli edifici. Nel Regno Unito, il Copyright, Designs and Patents Act del 1988 consente di fotografare edifici, sculture, modellini di edifici e opere di artigianato artistico, purché permanentemente installato in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza violare per questo il copyright. I fotografi potranno utilizzare le proprie fotografie per qualsiasi scopo. Il dato interessante è offerto dalla circostanza che questa norma si applica esclusivamente alle opere tridimensionali. Da segnalare, infine, Paesi come il Belgio e, per l’appunto, l’Italia dove la libertà di panorama non è prevista. Nell’Unione Europea si è provveduto con la Direttiva 2001/29/EC a fornire ai singoli Stati membri la possibilità di restringere i diritti di copyright per sculture ed edifici esposti al pubblico.

La risposta fornita a Grillini non riesce a risolvere il problema, ancorandosi mestamente alla anonima osservazione che la libertà di panorama sarebbe ammessa in Italia in forza del “… noto principio secondo il quale il comportamento che non è vietato da una norma deve considerarsi lecito …” .Di ben diverso tenore sarebbe stato un intervento che, riconoscendo il valore del principio della libertà di panorama, avesse impegnato il Ministro per i beni culturali, e con esso il Governo, ad un’azione positiva diretta all’adozione di norme ad hoc. Inoltre, nella risposta che è stata offerta all’interrogazione parlamentare di Grillini si attua una confusione interpretativa di rilievo affermando che l’attuale normativa di cui all’art. 107 e 108 del d. lgs. N. 42/2004 riguarda esclusivamente le opere considerate beni culturali, ossia aventi più di cinquant’anni e di interesse culturale che si trovano in consegna nei musei o negli altri luoghi della cultura, quando la stesso complesso di norme non opera nessuna distinzione di regime giuridico in base allo stato di consegna dei beni, essendo del tutto irrilevante se il bene culturale si trovi o meno all’interno di musei e/o altri luoghi della cultura. Del tutto incomprensibile, quindi, appare il richiamo a norme che prevedono uno speciale regime sulla riproduzione dei beni culturali –in generale -, salvo poi affermare che alcuni monumenti di eccezionale valore culturale quali il Colosseo o l’Ara Pacis possono essere liberamente riprodotti in immagini, in quanto non sono beni culturali, per di più in consegna allo Stato! D’altra parte, solo volendo scorrere la lettura di qualche riga – come abbiamo fatto anche poco sopra - non v’è chi non legga all’interno del Codice dei beni culturali che qualora la concessione abbia ad oggetto la riproduzione di beni culturali per fini di raccolta e catalogo di immagini fotografiche e di riprese in genere, il provvedimento concessorio prescrive: a) il deposito del doppio originale di ogni ripresa o fotografia; b) la restituzione, dopo l’uso, del fotocolor originale con relativo codice (art. 109 d. lgs. N. 42/2004) Sembra del tutto evidente, allora, che il legislatore abbia inteso porre dei limiti ben rilevanti alla possibilità di riprodurre con immagini fotografiche i monumenti e siti che devono essere considerati beni culturali.

Una possibile soluzione della questione – anche in questo caso - si potrebbe e dovrebbe semplicemente prospettare, oltre che con una migliore precisazione delle nozioni di immagine a bassa risoluzione e degradata poste dalla l. n.2/2008, con l’introduzione di una norma ad hoc che permetta di riconoscere la libertà di panorama in generale e specificamente anche per quei beni culturali che siano installati permanentemente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, senza violare eventuali diritti degli autori di opere dell’ingegno. A posteriori, la norma poteva ben essere introdotta all’interno dello stesso Codice dei beni culturali, tra l’altro, recentemente aggiornato con i due decreti legislativi n. 62 e 63 del 26 marzo 2008.

 

 

4. Esistono altri casi di interrelazione tra diritto d’autore e diritto dei beni culturali ?

 

Direi proprio di sì e mi riferisco ad esempio, all’art. 20 della l.d.a relativa alla dichiarazione di valore artistico delle opere di architettura contemporanea che viene richiamato in più di un’occasione nel Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e indirettamente nello stesso Codice agli articoli 11 e 37. Lo sapevate che l’opera che riceve questa dichiarazione può ottenere dei contributi dallo Stato per apportarvi delle modifiche e migliorie? Mi riferisco anche alle espressioni di identità culturale collettiva e che si rifieriscono al patrimonio culturale immateriale – dove vi sono numerose opere dell’ingegno - e che vengono assoggettate alla disciplina del Codice dei beni culturali ex art. 7-bis. Non voglio però andare oltre, anche perché mi sembrerebbe davvero un fuori tema.

Lascio alcuni link che potrebbero essere utili e che magari potrebbero far conoscere ancora meglio quello che ho definito all’inizio come il diritto culturale.

 

 

Per approfondimenti:

http://www.mecenate.info/    Mecenate il giornale dei beni culturali online

http://web.tiscali.it/osservatoriobc/  Osservatorio Permanente per la Protezione dei Beni Culturali ed Ambientali in Area di Crisi

http://www.ibc.regione.emilia-romagna.it/  Istituto per i beni artistici, culturali, e naturali della Regione Emilia-Romagna

http://www.giornaledellarte.com/index.asp Il Giornale dell’Arte

http://www.icr.beniculturali.it/rischio00.htm Carta del Rischio del Patrimonio Culturale

http://www.aedon.mulino.it/  Aedon Rivista di arti e diritto online

 

 


 

[1] A me piace usare questa espressione e non quella più asettica di “legislazione dei beni culturali “che si incontra in tanti programmi universitari. Durante alcuni sprazzi di lucidità notturna – quando ho il piacere di occuparmi di questi temi – mi impongo di parlare di diritto culturale, comprensivo dei due aspetti appena richiamati, sposando la lezione di Marco Marandola, giovane  avvocato esperto della materia, prematuramente scomparso all’età di 36 anni, e che in maniera significativa parlava di diritto e cultura (www.dirittoecultura.com).

[2] L’ipotesi non è del tutto peregrina se solo si pensi a quante immagini che riproducono beni culturali vengono pubblicate su blog di ogni tipo, su siti di ogni dove, su enciclopedie di qualsiasi genere.

[3] Il Codice è stato introdotto nel nostro ordinamento con il D. Lgs n. 42 del 22 gennaio 2004. Un copia sempre aggiornata è liberamente scaricabile da questo link http://www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/2004_0042.htm . Per alcuni articoli esplicativi della materia si può far riferimento al sito istituzionale del Ministero per i beni e le attività culturali www.beniculturali.it oppure su Altalex a questo link http://www.altalex.com/index.php?idstr=124

[4] E’ l’art. 107, comma 1 del d. lgs. n. 42/2004: “Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione nonché l’uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna, fatte salve le disposizioni di cui al comma 2 e quelle in materia di diritto d’autore.”

[5] Art. 180_. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque non ottempera ad un ordine impartito dall’autorità preposta alla tutela dei beni culturali in conformità del presente Titolo è punito con le pene previste dall’articolo 650 del codice penale.

[6] Art. 109_. Catalogo di immagini fotografiche e di riprese di beni culturali1. Qualora la concessione abbia ad oggetto la riproduzione di beni culturali per fini di raccolta e catalogo di immagini fotografiche e di riprese in genere, il provvedimento concessorio prescrive:a) il deposito del doppio originale di ogni ripresa o fotografia;
b) la restituzione, dopo l’uso, del fotocolor originale con relativo codice

 

 

(*) Dott. Alessandro Ferretti, Direttore amministrativo – Direzione regionale Beni Culturali Paesaggisitici dell'Umbria, MiBAC (Ministero per i beni e le attività culturali)


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