gruppo napolet@no
Anno secondo - numero sei - diffusione gratuita - giugno-luglio 2000
Sommario
GIUNTA DELLA
ANM E INCONTRI CON IL MONDO POLITICO
di Mario Cicala
LA FORMAZIONE DEI MAGISTRATI
di Sergio Visconti
RICORDO DI MINO CORBETTA
di Giorgio Pica
ELOGIO DEGLI AVVOCATI SCRITTO DA UN GIUDICE
di Sergio Zazzera
LA LEGITTIMAZIONI ALLE LITI NEL CONDOMINO
a cura di Nick
GAY PRIDE
- I sussulti giacobini della sinistra giudiziaria
di Valter Brunetti
LE CARCERI, IL CONCORSO E ZOFF
di Orazio Dente Gattola
AMNISTIA E CERTEZZA DELLA PENA
di Sergio Gallo
GIUNTA
DELLA ANM E INCONTRI
CON IL MONDO POLITICO
di Mario Cicala
LAssociazione Nazionale Magistrati ha chiesto a tutti
i partiti politici di una qualche consistenza un incontro per illustrare la posizione
della ANM sui problemi della giustizia e richiedere interventi legislativi, specie nei
settori toccati dalla polemica referendaria.
Le risposte sono state sollecite e positive. Tanto che il 21 giugno siamo stati ricevuti
dai DS, dal CCD, da Forza Italia, il 27 dai Democratici. Tutti i partiti hanno messo in
campo una delegazione al massimo livello, i DS con la partecipazione di Veltroni, Leoni,
Finocchiaro, i CCD di Casini e Giovanardi, i Democratici di Parisi; mentre FI ha schierato
niente po po di meno che Berlusconi, Pisanu, La Loggia, Pera.
Il colloquio con Forza Italia è stato particolarmente lungo e cordiale, rallegrato da un
caffè freddo di celestiale bontà (ottime anche le caramelle).
Berlusconi ci ha sollecitato a elaborare una "nostra" ipotesi di riforma del
sistema giudiziario, e ci ha assicurato di esser pronto a recepirla. Ha intanto garantito
che FI sarà favorevole allo stralcio dal disegno di legge sul reclutamento dei magistrati
delle disposizioni sul concorso riservato per gli avvocati, in quanto determinerebbe
lassunzio ne di personale di scarso valore. Ci ha garantito i suoi buoni uffici
presso gli altri partiti del centro-destra.
Quindi non a torto il sen. Pera ha dopo lincontro affermato che FI era forse più
vicina dei DS alle nostre posizioni.
Il 3 luglio è poi la volta di AN (Fini e Mantovano) mentre il colloquio con Castagnetti e
Carotti è stato rinviato per un lutto che ha colpito Castagnetti; e deve essere fissato
lincontro con i radicali.
Tutto questo non deve certo indurre ad alcun trionfa lismo: è ovvio che nella imminenza
di una lunga e difficile campagna elettora le tutti mirano a non avere fastidi dal
"settore giustizia"; i conti veri si faranno a bocce ferme, quando si saprà chi
vince, e soprattutto quanto vince.
E però senza dubbio positiva la diffusa volontà di qualificarsi agli occhi del
corpo elettorale come soggetti politici pensosi e preoccupati per la crisi della
giustizia, in un rapporto di pacata e costruttiva collaborazione con la magistratura,
rappresentata dalla ANM. Tutti in sostanza- ritengono che un conflitto con la ANM
"non paghi", e che sia sterile correr dietro a singoli, rispettabili, magistrati
che assumono posizioni eccentriche rispetto alla linea della Giunta della ANM.
In particolare, le nostre ferme posizioni a difesa dei colleghi vittime di aggressioni
verbali non hanno rappresentato un ostacolo al dialogo, come del resto era emerso già
dall incontro con il Polo avvenuto il 9 dicembre 1999, a ridosso delle polemiche sul
"caso Rossato"; da noi condotto in base al principio "siamo pronti a
parlare con chiunque di giustizia, con nessuno di processi".
Mario Cicala
di Sergio Visconti
Il Consiglio Superiore della Magistratura dedica
un rilevante interesse alla formazione dei magistrati, che è bene analizzare nei suoi
aspetti concreti, anziché con le solite ipocrite espressioni enfatiche.
Il moltiplicarsi degli incon tri di studio può avere un ulteriore impulso, se sarà
possibile scegliere una sede diversa da quella attuale di Frascati, che, pur essendo ormai
collaudata ed in procinto di essere ampliata, non è idonea a realizzare la
contemporaneità di due incontri, ripartendoli tra il settore civile e quello penale.
E, infatti, allo studio della IX° Commis sione la possibilità di sce gliere una
sede alberghiera in grado di ospitare 200 magistrati, oltre relatori, in modo da
raddoppiare il numero degli incontri di studio. Ovviamente il maggior problema è dettato
da difficoltà di ordine economico, considerato che la spesa per la formazione dei
magistrati è già, allo stato, quella più rilevante del C.S.M. (dopo le retribuzioni del
personale amministrativo), e raddop piarla comporta una varia zione di bilancio notevole.
Cionondimeno credo che il C.S.M. farà bene ad orientar si nel senso favorevole
allampliamento degli incon tri, in quanto gran parte dei magistrati frequenta un
solo corso allanno, e solo 400 circa riescono a farne due allanno. Ne deriva
che parlare di formazione del magistrato risulta addirittura risibile, in quanto si riesce
a curare la sua maggior prepa razione solo su un argomento allanno. Un piccolo
incisivo allargamento a due o tre corsi allanno sarà a mio giudizio
danaro ben speso.
In tale ottica ben venga la c.d. "formazione decentrata", che pur non
realizzando lo scambio culturale dei magi strati a livello nazionale, consente un costante
aggior namento a livello distrettuale, e funziona da completamento della formazione
realizzata attraverso gli incontri organizzati dal C.S.M.. Tra laltro la formazione
decentrata, organizzando convegni ed altre forme di studio, che possono occupare le sole
ore pomeridiane, consente di non sottrarre alle funzioni giudi ziarie per intere giornate
i magistrati partecipanti.
La scelta dei referenti deve avvenire secondo la mia opinione curando, in
primo luogo, la qualità dei colleghi che hanno fatto domanda, ma non trascurando
lappartenen za alle varie aree ideologiche, anche associative. Ciò non equivale ad
una lottizzazione della "formazione", ma al contrario evita la concentra zione
della "formazione" in seno ad alcuni Gruppi dellA.N.M., che paiono
particolarmente interessati a ricoprire questi incarichi, e la strumentalizzazione della
formazione per fini diversi dal miglioramento della capacità professionale del
magistrato. Per questo mo tivo, i formatori devono essere convinti che il loro sarà un
sacrificio ed un onere, senza subordinare il loro impegno ad interessi di diverso tipo.
In tale ottica si è mosso il Gruppo consiliare di Magistratura Indipendente nella scelta
degli ultimi quat tro componenti del Comita to Scientifico, e cioè Pepe e Chindemi per il
civile, Montagna e Pistorelli per il penale. Premesso che si tratta di quattro magistrati
con ottimi curricula professionali, scientifici e didattici, non si è potuto,
però, non constatare che ve ne erano anche altri qualificati. La scelta è stata molto
sofferta, anche perché era contestata da Magistra tura Democratica e dai Movimenti
Riuniti la scelta di Chindemi al posto di DAscola. Il nostro Gruppo, accogliendo con
soddisfa zione il risultato di Alessan dro Pepe, sostenuto da M.I., che è stato il più
votato in assoluto dallAssemblea Ple naria, ha optato di votare per Chindemi,
sostenuto da Unicost, considerate preva lentemente tre circostanze: vi era pressocché
parità di titoli tra lui e DAscola; Unicost perdeva due rappresentanti in seno al
Comitato Scientifico; soprattutto, Chindemi, pur rappresentando una deter minata area
associa tiva, non aveva precedenti di rilievo sia come componen te, che come semplice
candidato a cariche istitu zionali od associative. Si tratta sia ben chiaro
solo di una questione di estrema e rigorosa trasparenza, ma, come al solito, il Gruppo di
M.I. ha cominciato con il porre la questione al proprio interno, optando per un candidato
di sicuro rilievo culturale, con precedenti didattici ottimi, particolar mente adatto ad
un lavoro di equipe, coprendo anche il settore civile, troppo trascurato dal nostro
Grup po negli ultimi anni, ma anche scegliendo un collega che non ha mai avuto incarichi
associativi od istituzionali, e che certa mente non è un personaggio "storico"
di Magistratura Indipendente.
E evidente che nella formazione decentrata non si può avere eguale rigore, perché
i componenti del Comitato Scientifico in sede al C.S.M. sono poche unità su quasi 9000
magistrati, mentre i formatori locali saranno circa 100 unità, ed in alcune sedi
pochissimi magistrati hanno fatto domanda, ma chi sarà scelto deve accettare
lincarico solo come un peso ulteriore oltre il proprio lavoro, estremamente
gratificante, ma nulla di più.
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Pochi giorni addietro Mino Cornetta ci ha lasciati.
Al di là dellinvincibile sgomento di fronte alla imprevedibilità della vita ed
alla fragilità dellessere umano, ciò che più colpisce è il vuoto incolmabile e
profondo che Mino lascia in tutti coloro che hanno avuto modo di conoscerlo, e di
condividerne esperienze ed idealità, nonché di giovarsi della Sua profonda cultura, non
solo giuridica, ed anche della Sua grande umanità.
Nella troppo breve esperienza terrena Mino ha dedicato tutto se stesso alla funzione
esercitata, intendendola da sempre come servizio per il cittadino e per lo Stato, e mai
come un vacuo esercizio di potere, nella consapevolezza della delicatezza del compito del
giudice e delle conseguenze che un men che attento assolvimento dello stesso potrebbe
comportare per laltrui libertà.
Nonostante limpegno personale profuso - senza mai lesinare - nellesercizio
della funzione, Mino non ha però trascurato di partecipare attivamente alla vita
associativa della magistratura, arricchendo con la sua personalità anche lattività
del Consiglio Superiore della magistratura negli anni settanta, e continuando a fungere,
dopo lesperienza consiliare, da prezioso punto di riferimento per tutti coloro che
credono nella indipendenza e autonomia, ma anche nella legalità, della funzione
giudiziaria.
La sensibilità e lattenzione di Mino per i molti problemi giuridici della realtà
contemporanea lo hanno altresì spinto a partecipare da protagonista al dibattito
giuridico e scientifico di questi anni.
Accanto al prezioso apporto dato da Mino Cornetta alla Rivista penale dellEconomia,
che ha visto, con la direzione di Elio Palombi, coagularsi per un decennio attorno ad essa
tanti nomi altrettanto prestigiosi della cultura giuridica italiana, Mino ha anche avuto
il grande merito di promuovere e coordinare lattività dellAssociazione
Amalfitana di studi giuridici e sociali, che, nelle vesti di presidente della stessa, ha
portato ad organizzare alcuni fra i più importanti Convegni giuridici degli ultimi anni:
il convegno del 1988 sulla riforma dei reati contro la pubblica amministrazione; e ancora
il convegno del 1994 sul Riciclaggio dei proventi illeciti, (i cui atti sono stati editi,
con le introduzioni di Mino Cornetta, nei quaderni della Rivista penale
dellEconomia, a cura della E.S.I. di Napoli); e poi il convegno sulla violenza
sportiva.
Proprio in questi mesi Mino era impegnato nellorganizzazione del nuovo Incontro di
studi amalfitano, che prevedeva per il prossimo autunno, e nel quale, ancora una volta con
la partecipazione di studiosi di altissimo livello, italiani e stranieri, Mino avrebbe
voluto affrontare le spinose tematiche della prevenzione nel settore dei reati economici.
Se la prematura scomparsa ci ha sottratto gli ulteriori arricchimenti che la Sua
infaticabile attività ci avrebbe dato, certamente non ci può togliere il prezioso
esempio di dedizione, serietà, ma anche di stile e di umanità, che Mino ci ha dato e che
resterà per sempre impresso nel nostro ricordo.
Ciao Mino
Giorgio Pica
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ELOGIO DEGLI AVVOCATI
scritto da un giudice
Lungi da me l'idea dì scherzare intorno a quello che considero un testo sacro per gli operatori del diritto, vale a dire, l'Elogio dei giudici scritto da un avvocato, di Piero Calamandrei; viceversa, poiché alcuni avvenimenti di questi ultimi tempi vedono convergere gli atteggiamenti della classe forense e della magistratura, mi; sembra giusto darne atto, nell'ottica del pensiero espresso dal Maestro, secondo cui " proprio per questo dovrebbero i giudici essere i più strenui difensori dellavvocatura: poiché solo là dove gli avvocati sono indipendenti, i giudici possono essere imparziali; solo là dove gli avvocati sono rispettati, sono onorati i giudici; e dove si scredita I'avvocatura, colpita per prima è la dignità dei magistrati, e resa assai più difficile ed angosciosa la loro missione di giustizia), Ma veniamo a noi. L 'avvenimento centrale, fra quelli ai quali ho fatto riferimento più sopra è costituito dall'assemblea degli avvocati penalisti napoletani, svoltasi il 19 giugno scorso, nel corso della quale è stato dibattuto il tema dell'assegnazione dei processi alle sezioni penali del tribunale di Napoli. Ebbene, quando sentii parlare, per la prima volta, dei criteri che la presidenza di quell'ufficio intendeva adottare, mi ritrovai con le mani infilate nei sempre più radi capelli che mi restano: possibile -mi domandai -che qualcuno creda ancora nell'iperspecializzazione del giudice, il quale, alla fine, dopo che saranno trascorsi gli anni e i decenni, sarà diventato un homo unius libri e, magari, per risolvere i propri problemi personali, in materie diverse da quella nella quale è specializzato, dovrà tempestare di telefonate i colleghi competenti in quei settori? (n.b.: v'assicuro che, già oggi, m'è accaduto. talvolta, di ricevere tal genere di. richieste telefoniche; figuriamoci, poi..) E possibile -mi domandai, ancora - che, nell'era in cui basta schiacciare un bottone, per ottenere il calendario del campionato di calcio, o l'orario delle lezioni d'un'intera scuola, o il bilancio d'un condominio. viceversa, per attuare l'assegnazione dei processi ai giudici si debba ricorrere a sistemi che, per un certo verso, potrebbero ricordare anche quel litem suam tacere, che il diritto romano pretorio considerava gravissimo illecito per il giudice che se ne macchiasse? Ecco perché ho apprezzato positivamente il fatto che lavvocatura napoletana sia insorta, di fronte a siffatta prospettazione, ed ecco perché ho considerato, altrettanto positivamente, il fatto che analogo atteggiamento abbia assunto, sostanzialmente, anche la Procura della Repubblica cittadina, come mi lascia pensare la visita resa dai suoi vertici all'assemblea forense suddetta: chi mi conosce, sa quale peso sono solito dare alla qualità di "parte" del processo, che oggi, più che mai, l'ordinamento attribuisce al pubblico ministero e, dunque, se anche l'organo dell'accusa ha trovato inaccettabili i criteri che dovrebbero presiedere alla distribuzione degli affari penali nellambito dell'ufficio giudiziario napoletano di primo grado, questo deve significare, evidentemente, che qualcosa proprio non va. Ciò che, però, ho apprezzato in maniera più marcatamente positiva è il fatto che gli avvocati penalisti napoletani non abbiano risposto a questo "svarione" con un'ennesima, inutile astensione dalle udienze: spero proprio che questo sia l "effetto Mary Poppins': vale a dire, il segno che qualcosa sta cambiando: se così dovesse essere il mio elogio per essi non avrà mai fine.
Sergio Zazzera
I
REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA:
UN MODO SBAGLIATO PER
AFFRONTARE QUESTIONI DELICATE
di Francesco Ciocia
Come tutti sanno domenica 21 maggio gli italiani sono stati
chiamati nuovamente alle urne per esprimere la propria opinione in ordine, tra
laltro, a tre quesiti referendari riguardanti direttamente il settore della
giustizia.
Il (non) risultato ottenuto dai promotori è noto a tutti ed è stato abbondantemente già
commentato sui mass-media, vale la pena, però, di effettuare a mente fredda, per così
dire, qualche ulteriore considerazione per tentare di spiegare il perché i menzionati
referendum abbiano fallito nel raggiungimento del quorum.
La domanda è la seguente: perché la stragrande maggioranza degli italiani ha scelto di
non esercitare il proprio diritto di voto?
E certamente opinione dello scrivente che lo
strumento referendario sia quello che in assoluto, anche se purtroppo solo in astratto,
rappresenta la forma tecnicamente più diretta di partecipazione dei cittadini
alladozione di scelte di natura politica immediatamente incidenti nella vita del
paese, ma, tuttavia, non si può fare a meno di sottolineare limportanza che
nelleconomia dellistituto assume il presupposto, senza dubbio presente ai
padri costituenti, consistente nel dovere essere i risultati dello stesso frutto della
consapevole espressione della volontà popolare.
Per scegliere tra lalternativa
dellabrogazione o del mantenimento in vita della normativa oggetto del singolo
quesito, infatti, è necessario che sia data la possibilità a tutti gli elettori, e
sottolineo il termine "tutti", di rendersi compiutamente conto della rilevanza e
del significato che labrogazione di una o più norme giuridiche viene concretamente
ad assumere nel settore interessato dalla consultazione.
Tale passaggio appare, poi, tanto più delicato laddove si pensi che nellattuale società i mezzi di informazione tendono ad operare pericolose semplificazioni in ordine alla portata dei quesiti ed alla reale possibilità di ottenere in caso di vittoria del "si" il risultato cui schematicamente il referendum dovrebbe tendere: è un problema che riguarda direttamente proprio la tutela della effettiva (perché, appunto, consapevole) libertà di scelta del cittadino (soprattutto di quello più indifeso perché culturalmente nella materia meno accorto), che corre il rischio di vedersi orientato da sfavillanti, ma in concreto sterili, slogan e di finire, questa è la cosa grave, strumentalizzato.
Evidenti sono, allora, i rischi che si corrono nel proporre
agli elettori quesiti che lungi dal riguardare tematiche generali ed avere ad oggetto
norme la cui abrogazione è direttamente determinante circa la produzione degli effetti
cui la consultazione e finalizzata (si pensi ai referendum sullaborto, sul divorzio
o sulla scala mobile), attengono a questioni che definirei "di nicchia" ed a
materia che comunque non otterrebbe una sistemazione del tipo di quella ventilata dai
promotori anche in caso di approvazione del quesito.
Esempio tipico, direi quasi "di scuola", di quanto detto sono due dei quesiti
sulla giustizia: quello sulle carriere dei magistrati e quello per labolizione del
voto di lista nelle elezioni del C.S.M.
Non si può negare, infatti, che la menzionata "consapevole" partecipazione
dellelettore proprio per tali quesiti era già prima del 21 maggio difficile da
prefigurare e tale si è poi rivelata: si noti, infatti, lo schizofrenico sistema che
labrogazione delle norme contenute nel quesito sulla separazione delle carriere
sarebbe venuto a creare, incidendo lo stesso solo sui casi di trasferimento c.d.
"orizzontale" e lasciando immutata la possibilità di passaggio tra un settore e
laltro nelle ipotesi di conferimento di incarichi direttivi o funzioni superiori
(sic: come dire cambio il corpo ma mantengo la testa!!), e di trasferimenti
dufficio.
Alle stesse conclusioni si può agevolmente pervenire anche nel caso del referendum sul
sistema elettorale del C.S.M.: il perdurante vigore della disposizione dellart. 25
commi 5° e 6° l. 24-3-1958 n°195, che prevede la possibilità di partecipare in veste
di candidato alle elezioni solo per i magistrati inseriti in una lista presentata
da un elevato numero di elettori (trenta o cinquanta a seconda dellambito
territoriale o nazionale del collegio) anche in caso di vittoria del "si"
avrebbe lasciata intatta lefficacia del sistema delle correnti: anche in tal caso il
cittadino, soprattutto quello favorevole allaccoglimento del quesito, avrebbe
ottenuto in caso di vittoria un "aliud pro alio", fonte probabilmente di un
contesto ancora più favorevole allespressione degli aspetti maggiormente dannosi
del fenomeno delle correnti, inteso non come momento di aperto e leale confronto
ideologicamente orientato tra i magistrati, bensì come sistema di lottizzazione
"pseudo-politica".
Se tutto questo è vero, allora sorge spontanea la domanda,
ormai retorica, in ordine al perchè non ci si assuma la responsabilità di scegliere la
strada, da percorrere fino allapprovazione con perseveranza e con assunzione di
tutte le relative responsabilità, della elaborazione di organici progetti di legge,
idonei a dare una completa, razionale e intrinsecamente coerente sistemazione degli ambiti
ordinamentali interessati.
Bisogna ancora una volta rilevare, quindi, come il mondo politico non solo sia incapace o,
peggio, non voglia offrire concrete ed efficaci soluzioni ai problemi della giustizia, per
alcuni versi acuiti dalla recente riforma del cd. giudice unico, ma continui spesso a
presentare come possibile fonte di decisivi e rilevanti cambiamenti iniziative, quali
quelle referendarie in tema di giustizia, che probabilmente hanno il solo vero scopo di
minacciare, e qualche volta infliggere, punizioni severe, nella fattispecie, ciò che più
addolora, tentando di servirsi della innocente ed inconsapevole mano dellelettore
disinformato.
Probabilmente questa volta gli elettori linganno lhanno fiutato, o, più semplicemente, hanno ceduto alla voglia di mare o di montagna in quanto per nulla "appassionati" da quesiti quanto meno di difficile lettura e comprensione: dove non cè chiarezza ivi alberga la diffidenza ed il disinteresse che poi di traducono in astensione.
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LA LEGITTIMAZIONE ALLE LITI NEL CONDOMINIO
a cura di Nick
La 2 sezione ha ritenuto con la sentenza .4345/2000 che le
azioni a difesa o a vantaggio della cosa comune possono essere esperite dai singoli
condomini senza che sia necessaria l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli
altri partecipanti alla comunione.
La stessa sezione è tornata sul punto con la decisione 4810/2000 che ha ritenuto che la
legittimazione dell'amministratore del condominio ad esercitare azioni a tutela del
possesso della cosa comune, non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa dei
diritti esclusivi o comuni.
Sempre la 2 sezione ha stabilito (5117/2000) che in tema di obbligazioni contratte dall'amministratore del condominio verso terzi, la legittimazione passiva dell'amministratore stesso deve ritenersi eventuale e sussidiaria, giusta disposto dell'art. 1131, comma secondo c.c., con la conseguenza che il terzo puo' chiamare in giudizio tutti i condomini, anziche' l'amministratore, oppure, oltre a quest'ultimo, taluni condomini per l'accer-tamento del fatto costitutivo dell'unica obbligazione im-mediatamente azionabile anche nei loro confronti.
- GAY PRIDE. I sussulti giacobini della sinistra giudiziaria -
di Valter Brunetti
Avrei volentieri fatto a meno di discettare su bi-sessuali, omosessuali e lesbiche , sodomiti e pederasti, impegnati come è noto nel prossimo Gay Pride organizzato in Roma, se non fossi stato a tanto stimolato dalla lettura di un documento del 23\5\2000 diffuso in rete da un gruppo di giuristi di varia estrazione scientifica e politica attraverso un sito gestito da esponenti della sinistra giudiziaria ( ).
Il documento - intitolato La Libertà di riunione vale per tutti e sotto-titolato appello di giuristi a proposito del Gay Pride a dispetto delle intenzioni dei promotori, è firmato da soggetti di estrazione invero assai poco varia, i più anziani ed autorevoli dei quali son già segnalati nel libro di Misiani La toga rossa come protagonisti della rivoluzione giudiziaria in atto da un trentennio a questa parte.
La circostanza che un fenomeno di malcostume e, al più, di
ordine pubblico abbia finito per calamitare tanto interesse nei detti giuristi giustifica
qualche nostra riflessione, che parta dalla considerazione dei passaggi cardine del
documento diffuso via internet.
Lappello, con riferimento al Gay pride, individua innanzitutto il problema, -
peraltro con toni e terminologia cari al noto Peppone, che i lettori di Guareschi
ricordano quale sindaco di un paesino della Bassa. Si legge infatti Già da qualche
settimana esponenti del mondo vaticano hanno fatto sentire la loro voce, contraria
allo svolgimento a Roma della manifestazione (
) A queste prese di posizione si
sono aggiunte quelle di diversi esponenti politici, tra i quali spicca il neo
presidente della regione Lazio, che ha chiesto al Governo di vietare la
manifestazione.
Lappello richiama i diritti di riunione e di libera manifestazione del pensiero, che
devono essere garantiti a tutti. Conclude con un invito alle Autorità a consentire il
regolare svolgimento della manifestazione, nonché a prendere atto delle convivenze non
matrimoniali , tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso,
riconoscendo una serie di diritti ai conviventi.
Invero nulla si dice circa il numero massimo di conviventi che possano dar luogo ad una
stessa unione di fatto cui il legislatore dovrebbe riconoscere diritti. Avuto riguardo al
tenore del documento, risultano discriminate dagli appellanti le convivenze di fatto tra
più persone dello stesso sesso e di sesso diverso.
Il documento, malgrado tale evidenziato limite, segna una ripresa delloffensiva
culturale della sinistra giudiziaria; della sua vocazione ad espletare ruolo di
avanguardia nel processo di trasformazione della nostra società e di sovversione delle
realtà naturali poste a presidio e garanzia delle libertà fondamentali degli individui.
Conferma la matrice giacobina della intellighenzia di sinistra, che, rivendicando a
sé la capacità di cogliere il senso della Storia e della modernità, di incarnare i
principi di uno stato autenticamente democratico, di volta in volta si sente investita
della missione di indicare in cosa consista la vera Libertà ad una plebe che si avverte
ancora bisognosa di guida.
La maggioranza degli individui e delle famiglie, ancora barbaramente legati a realtà
naturali, persiste infatti nellesercizio di libertà concrete che con la vera
Libertà celebrata dalla sinistra sembrano avere poco a che fare. Il richiamo della
coscienza democratica serve dunque ad impedire che nel moderno Stato
democratico e giacobino il legislatore si distragga, sentendo di dovere rispondere a tale
maggioranza e venendo meno al suo dovere di religioso ossequio al Progresso che avanza.
Per quanto siano stati convinti di incarnare il Progresso, gli organizzatori della dimostrazione romana dellorgoglio omosessuale, se ancora in Italia esiste e ha qualche significato uno Stato di diritto, non possono tuttavia vantare alcuna Libertà assoluta. Essi vantano una mera libertà di riunione e di manifestazione del pensiero il cui godimento deve essere oggi garantito nella misura utile a evitare che sia conculcata la libertà di milioni di cattolici di professare la propria religione, anche mediante atti pubblici quali il pellegrinaggio in Roma - città che, quale sede vescovile del Sommo Pontefice, nellanno giubilare assume un significato ancora più pregnante per la Cristianità.
Quello stesso rispetto dovuto alle minoranze e che indurrebbe allindignazione anche i giuristi firmatari dellappello ove unanaloga manifestazione venisse organizzata in Palestina in occasione della Pasqua ebraica e\o alla Mecca in occasione dellannuale pellegrinaggio islamico - vorrà lo Stato garantire, malgrado la bisessualità dichiarata di qualche membro dellesecutivo, alla vasta comunità dei cattolici, maggioritaria nel nostro paese, risparmiando così un inutile oltraggio al loro senso religioso.
Valter Brunetti
Anche il nostro giornale va in ferie.
Fateci pervenire i vostri contributi
per il numero di fine settembre
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LE CARCERI, IL CONCORSO E ZOFF
di Orazio Dente Gattola
I lettori di questo giornale (che mi auguro siano un po di più dei 25 di manzoniana memoria) si chiederanno il perché di questo titolo. Ed io passo subito a soddisfare la loro legittima curiosità.
E di questi giorni il tormentone del provvedimento di clemenza (oggi indulto, domani amnistia, dopodomani ) che, stando alle intenzioni, dovrebbe servire a deflazionare le carceri: notizie di stamattina (5 luglio) dicono che il Polo chiede un dibattito in senato per capire cosa intende fare la maggioranza. Questa replica inserendo lindulto allordine del giorno della commissione per i provvedimenti di clemenza. Non intendo prendere posizione a favore delluna o dellaltra parte politica per cui mi limito a dire che mesi di dibattito da un lato e la lettura di un buon manuale di diritto costituzionale dovrebbero avere fatto comprendere al Polo che per capire e per sapere sarebbe stato sufficiente sedersi ad un tavolo lontano dai riflettori e al Centro sinistra che senza il consenso dellaltra parte um provvedimento di clemenza è impossibile stante la necessità di un consenso pari ai due terzi. Ed intanto le carceri stanno per esplodere se non sono già esplose. Il tutto ricorda molto le dispute dei dotti bizantini i quali discettavano del sesso degli angeli mentre le mura di Bisanzio si coronavano di turbanti maomettani.
Ed ancora una legislatura ormai vicina alla conclusione attende di pronunziarsi sulla famosa vicenda del reclutamento straordinario ed il concorso (quello ordinario a 360 posti) attende da mesi di essere bandito come se fossimo a pieno organico e non ci trovassimo nelle condizioni che tutti sappiamo. La coperta che già era corta rischia di polverizzarsi. Ma di ciò nessuno si preoccupa.
Nel frattempo la polemica sui recenti europei di calcio non fa che montare. Un indignato leader dellopposizione ha criticato con toni accesi ed irati la tattica adottata dal c.t. Zoff che ha reagito dimettendosi. Non mi interessano le dimissioni e le ragioni che hanno indotte Zoff a presentarle. Quello che mi interessa qui sottolineare è che allintervento del suddetto leader ha fatto seguito un indignato intervento del segretario dei D.S. per cui la cosa è finita, per così dire, in politica. Mi chiedo a questo punto: possibile che in una situazione del genere anzi descritto non ci sia nullaltro di cui occuparsi di una partita di calcio?
Ed allora non posso che concludere con amarezza che di questo paese e delle sue sorti in realtà non interessa niente a nessuno, come ha osservato mio figlio.
AMNISTIA E CERTEZZA
DELLA PENA
di Sergio Gallo
Il dibattito di questi giorni sullamnistia richiede una riflessione pacata ma ferma delle ragioni che militano a favore di una tale ipotesi e di quelle che ne sconsigliano in questo particolare momento ladozione.
Le prime sono state riproposte dopo le autorevoli esternazioni di rappresentanti della Santa Sede, i quali hanno evidenziato lopportunità di un provvedimento di clemenza proprio in relazione allAnno Santo, anno giubilare, con il suo significato di perdono e di conversione.
Chi è cattolico non può non tenere conto della necessità di atti "significanti" il percorso giubilare di questanno davvero così particolare. Si tratta, peraltro, di un discorso complesso che dovrebbe essere recepito nella sua totalità e quindi con riferimento anche ad altre situazioni particolari che di qui a qualche giorno si realizzeranno in Roma.
Lo spunto della Chiesa è stato poi ripreso da molti
autorevoli esponenti, sia politici che del mondo giudiziario, i quali hanno inteso
motivare lopportunità delladozione dellamnistia a molteplici esigenze
non ultima quella della necessità di una sostanziale diminuzione della popolazione
carceraria per i problemi noti a tutti ed esplosi in modo così eclatante con la vicenda
sassarese.
Tuttavia ritengo che le ragioni che militino contro lemanazione di un tale
provvedimento siano di gran lunga superiori a quelle poste a suo sostegno.
E noto a tutti che lamnistia costituisce un provvedimento generale ed astratto
con il quale lo Stato rinuncia a punire un determinato numero di reati.
La Corte Costituzionale, poi, con la sentenza n. 32 del 19
febbraio 1976, ha sostenuto che la ragionevolezza di un provvedimento di clemenza, come
appunto lamnistia, dipende dal rapporto strumentale che si instaura fra esso e le
finalità proprie della legislazione generale del settore cui si riferisce.
Infine lamnistia viene tradizionalmente considerata una causa di clemenza e
giustificata dalla presenza di situazioni oggettivamente eccezioni e irripetibili.
Ebbene rispetto a questa ricostruzione dellistituto appare innegabile come
lamnistia abbia perso da tempo la sua natura di provvedimento eccezionale per
assumere il profilo di atto sostanzialmente deflattivo non solo della popolazione
carceraria ma anche e soprattutto dei procedimenti penali pendenti.
Lultima amnistia, infatti, venne adottata proprio in
relazione allentrata in vigore del nuovo codice di procedura penale alla fine degli
anni 80.
Ma questo provvedimento, avendo perso la sua natura eccezionale, contrasta sostanzialmente
con due princìpi costituzionalmente tutelati e protetti: il principio della certezza
della pena e il principio della tutela della sicurezza del cittadino.
Il principio della certezza della pena, inteso anche come certezza che il reo sappia che dovrà scontare la pena una volta accertata la sua responsabilità penale al fine di ristabilire lordine sociale leso dalla sua azione, viene del tutto esautorato perchè la cadenza periodica dellamnistia induce a ritenere, insieme ad altri istituti come la prescrizione dei reati per la lunghezza dei processi, che lo Stato non sarà mai in grado di far rispettare la legge e soprattutto di farla rispettare da quei soggetti che più necessitano di un percorso rieducativo cui è destinata appunto la pena.
Il principio della sicurezza del cittadino - che si ricava dalla lesione di quellordine sociale cui fa riferimento anche la Costituzione nellart. 3-2 co. laddove sancisce il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana - viene continuamente leso sia dallincapacità sostanziale dello Stato di controllare il territorio soprattutto in alcune parti della Nazione sia dallincapacità di punire quei pochi nei cui confronti è in atto il procedimento per la comminazione della pena commisurata allinfrazione commessa.
Linsicurezza sociale, che ormai pervade non solo larga parte della società meridionale, ma anche parti del territorio nazionale più vicine allEuropa costituisce sicuramente ed oggettivamente un ostacolo allo sviluppo della persona umana sia nella sua individualità che nelle formazioni sociali intermedie e dunque lo Stato viene meno ad uno dei suoi compiti primari e le istituzioni a ciò preposte non si adeguano al dettato costituzionale sostanzialmente eludendo gli imperativi che dallo stesso sorgono.
Ecco dunque perchè in questa particolare realtà sociale nella quale si viene a trovare la nostra Nazione lamnistia costituisce un altro elemento di sostanziale abdicazione dello Stato allesercizio delle sue funzioni primarie.
Sergio Gallo
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Finito di stampare il 1 luglio 2000