da "Italia Oggi" del 26 aprile 2000 - pag. 51

Una lettura dell'art. 96 c.p.c. alla luce della giurisprudenza straniera

MANO PESANTE SU CHI AGISCE O RESISTE
IN GIUDIZIO IN MALAFEDE


di Andrea Sirotti Gaudenzi
avvocato in Cesena


 

Una sentenza della Corte di Cassazione tedesca (BGH, 4 giugno 1992),occupandosi della possibilità di delibare e rendere esecutiva una sentenzacaliforniana contenete una condanna per "punitive damages", ha efficacementesintetizzato la natura e la ratio dell'istituto anglosassone dei "punitiveor exemplary damages", vale a dire dei "danni punitivi".

La Budesgerichshof ha sottolineato come le finalità principali del "dannopunitivo" siano:

1. punire il colpevole per il suo malevolo comportamento, anche per poterevitare fenomeni di "giusitiza privata", vale a dire vendette nonautorizzate;

2. perseguire una finalità pedagogica, tentando di distogliere il colpevole,nonché la collettività, da comportamenti socialmente dannosi, quando laminaccia del solo risarcimento non possa costituire un valido deterrente;

3. ricompensare la parte lesa, oltre al risarcimento, per l'impegno nell'affermazione del proprio diritto, che consente un rafforzamento dell'ordinelegale;

4. attribuire al danneggiato un compenso superiore all'importo delrisarcimento, quando quest'ultimo appare inadeguato.

Inoltre, la Cassazione tedesca ha ricordato che nei Paesi in cui questoistituto viene riconosciuto, la determinazione dell'ammontare dei "dannipunitivi" viene rimesso alla discrezionalità del giudice.Nella sentenza in esame, è stato rilevato che la dichiarazione diesecutività della condanna al pagamento dei danni punitivi contenuta nellasentenza statunitense fosse ostacolata dal limite d'ordine pubblico espressodal § 723, co. II, secondo periodo e § 328, co. I, n.4 ZPO. Infatti, l'ordinamento tedesco prevede quale conseguenza di un'azione illecita ilrisarcimento del danno e non anche l'arricchimento del danneggiato (l'impostazione è simile a quella italiana).

La Budesgerichshof, inoltre, ha ritenuto fondamentale sottolineare come lafunzione punitiva e la funzione pedagogica, configurabili nell'istituto dei"punitive damages", siano proprie del diritto penale, stabilendo come nonsia possibile l'esecuzione di una condanna per danni punitivi(peraltro -nella fattispecie- di notevole entità) in assenza di preciseindicazione da parte del tribunale straniero in ordine ai criteri dideterminazione della condanna.

La conclusione della Budesgerichshof, pur mostrando alcune timide aperturenei confronti dell'istituto anglosassone, non avrebbe potuto permettere ilriconoscimento di una fattispecie così lontana dal sistema contenuto dalBGB, dato che una diversa soluzione avrebbe fatto saltare ogni limite postoai principi in tema di risarcimento nel sistema tedesco.
Nel nostro ordinamento, non esiste alcun riferimento al "danno punitivo".
In passato, taluni hanno ravvisato la possibilità di configurare i "punitivedamages" nell'ambito delle norme che disciplinano la facoltà del giudice dideterminare l'ammontare del danno in via equitativa, nei casi in cui non siapossibile una precisa quantificazione.Con una pronuncia datata 6 luglio 1989, il Pretore di Milano stabilì che, inquesta operazione, il giudice deve tener conto della gravità della colpaindividuale, della spesa per il ripristino, nonché del profitto conseguitodal trasgressore. Lo stesso Pretore, però, ritenne che tale tipo diliquidazione non dovesse essere confusa con il c.d. "danno punitivo",ma -nel caso de quo- rappresentasse semplicemente l'applicazione pratica deicriteri di liquidazione previsti dall'art. 18 L. 349/86.

Ultimamente, l'avv. Aldo Grassi del foro di Rimini ha posto l'attenzione sulprimo comma dell'art. 96 c.p.c., che stabilisce: "Se risulta che la partesoccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ilgiudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre alle spese, alrisarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza."In particolare, l'avv. Grassi ha rilevato come la giurisprudenza dominanteabbia riconosciuto alla disposizione dell'art. 96 c.p.c. una naturagiuridica diversa dal principio generale indicato dall'art. 2043 c.c. (cfr.:Cass., sez. I, 7 maggio 1998, n.4624), riconoscendo un danno diverso daquello effettivamente patito dal danneggiato, a fronte di un comportamentoscorretto tenuto dalla controparte.
Nel corso del primo convegno nazionale in tema di danni punitivi, svoltosi a Santarcangelo di Romagna lo scorso 5 marzo, si è posta l'attenzione sulcomportamento scorretto delle parti processuali, che ricorda l'atteggiamentodi chi agisce in maniera fraudolenta, in base a quello che i giuristianglosassoni definiscono "cynical disregard".

Non sono mancati accenni ai frequenti casi in cui le assicurazioni resistonoin giudizio per scoraggiare la parte attrice, in considerazione dei lunghitempi che caratterizzano la giustizia italiana.
Tale atteggiamento, tenutosolo al fine di giungere a transazioni penalizzanti per la parte lesa, nonpuò che corrispondere al comportamento sanzionato dall'art. 96 c.p.c.In base a queste considerazioni, si aprono suggestivi scenari.In particolare, è stato sostenuto che, per non tradire lo spirito delladisposizione ex art. 96 c.p.c., la condanna del giudice dovrebbe realizzareanche la funzione di deterrente nei confronti del responsabile delcomportamento scorretto. Pertanto, è stato suggerito di applicare unasanzione rapportata alle condizioni economiche del soggetto responsabile(così come accade negli USA).A questo proposito, è stato oggetto di approfondito esame la sent. n.3264/99 del Tribunale di Rimini, che ha deciso sulla richiesta di condannadi una compagnia di assicurazione al pagamento di una cifra pari all'1% delcapitale sociale, di fronte al comportamento scorretto della stessa, cheaveva deciso di provvedere alla liquidazione del danno solo dopo nove annidal momento in cui si era verificato il sinistro.

 

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