Il diritto delle relazioni affettive

di Paolo Cendon

Ordinario di istituzioni di diritto privato – Università di Trieste


Queste pagine fungeranno da Introduzione dei 3 volumi del trattato "Il diritto delle relazioni affettive - Nuovi danni e nuove responsabilità" di prossima uscita per l'editore Cedam.

 

1. Chi ha scritto che “affetti” e “diritto” non sono realtà fatte per andare d’accordo tra loro? A un interrogativo siffatto è possibile rispondere in vario modo.

Si può dire anzitutto: tanti studiosi hanno espresso punti di vista del genere - giuristi di professione come anche esperti di sentimenti. Con parole diverse sono giunti, gli uni e gli altri, alle medesime conclusioni: fintantoché tra due persone c’è un trasporto autentico, poco o nulla il diritto ha a che fare; e nel momento in cui entra in scena quest’ultimo vuol dire che non molto, della spinta di un tempo, è rimasto in vita. Nessuna coesistenza possibile.

Si potrebbe rispondere invece: nessun autore ha mai detto o scritto cose simili; e neanche - per la verità - sarebbe facile pensarle. I non giuristi attenti all’affettività non si pongono di solito questioni di diritto; e viceversa: alla gran parte degli uomini di legge, assorti nella loro scienza, ben poco interessa dei misteri del cuore. Nessuna relazione fra i due ordini.

Oppure (stessa risposta con variante); enunciazioni come quelle di cui sopra compaiono di rado nei libri; e il perché non è difficile da capire. Chi di emozioni e di regole se ne intende davvero, tende a considerare quel contrasto come ovvio; non sente di dover prendere posizione. Più che sconosciuti, amore e diritto dovrebbero considerarsi elementi opposti fra loro, inconciliabili: far trionfare l’uno significa far arretrare l’altro - così è andata sempre fra le creature terrestri, proclamarlo ad alta voce non serve.


 

2. Nessuna di queste letture, al di là di qualche traccia di verità (presente in ciascuna di esse), può seriamente accogliersi.

Dal punto di vista storico/disciplinare, anzitutto: non sono quelle - degli aut aut, delle incompatibilità strutturali - le direttrici lungo cui si è mosso fin qui il diritto di famiglia. Basta sfogliare i codici civili e le legislazioni speciali dell’Ottocento, confrontandoli con gli analoghi materiali del Novecento, in Italia come nel resto d’Europa. Il dato che emerge, rispetto ai legami domestici, è quello di una normativa sempre più vasta e ramificata.

Sotto il profilo degli equilibri argomentativi, ancora: sono appunti e ragionamenti - quelli appena menzionati - che provano tutti quanti “un po’ troppo”.

Non mancano beninteso, nell’area degli affetti e delle passioni, situazioni in cui ogni invadenza del diritto sarebbe poco opportuna: oggi come ieri. Ce ne sono altre però in cui la verità muove sicuramente in senso opposto - in cui una non risposta del sistema rischierebbe di incoraggiare dei misfatti, o almeno di coprirli. Sia dentro che fuori la famiglia.

Formulare criteri distintivi in materia è arduo? Non più che altrove, e comunque: in nessun caso difficoltà statutarie potrebbero giustificare atteggiamenti di rinuncia, da parte dell’interprete. Si tratterà di domandarsi, casomai, in quali evenienze il diritto debba entrare in gioco e in quali no; secondo che tipi di modalità, ricorrendo a che rimedi tecnici; fino a quali livelli di profondità, con che sorta di controindicazioni; e via di seguito.

Dal punto di vista antropologico, infine: non tutti i sentimenti si assomigliano, non tutte le persone che nutrono affetto per il prossimo sono uguali tra loro. Non tutti coloro che ricevono amore hanno qualcosa in comune. Non ogni sfumatura in cui le pulsioni si esprimono ricorda le altre, non sono sempre gli stessi i riconoscimenti istituzionali cui gli affetti - volta per volta - ambiscono. A seconda dei casi la risposta è destinata a variare, pure nell’orizzonte del giurista: qualsiasi pretesa di semplificazione o appiattimento sarebbe arbitraria.



 

3. Ad esempio: è palese come, là dove il corso di un affetto venga tingendosi di violenze, di inganni, di incantamenti oppressivi (magari a danno di qualcuno non in grado di difendersi da solo), il diritto non potrà non far sentire la propria voce: con reazioni destinate a variare - secondo le circostanze - da un addebito nella separazione, all’allontanamento dal nucleo domestico; da una sanzione penale, a qualche correttivo nella potestà genitoriale; dalla revoca di un affido minorile, a un annullamento, a una mediazione necessaria, a un risarcimento del danno, etc.

Quest’ultima via d’uscita a maggior ragione allorché i guasti – occorre sottolineare - giungano dall’interno stesso della famiglia; e in effetti:

(x) non vi è al riguardo la semplice considerazione che le aggressioni attuate - con cinismo e malvagità - da un parente stretto del plaintiff (provenienti cioè da qualcuno su cui quest’ultimo aveva riposto ogni sua fiducia) si profilano quali eventi atti a minacciare contraccolpi particolarmente gravi, duraturi;

(y) né appena il rilievo secondo cui le ombre inter-relazionali, che il soggetto leso sa destinate a innescarsi presso i congiunti più prossimi (quelli all’oscuro di tutto), risulteranno anch’esse ben più diffuse e corrosive, d’abitudine, che non nell’eventualità di torti arrecati da un quivis e populo;

(z) vi è anche la constatazione che assai meno facili, sotto il profilo sociale, psicologico, culturale, economico, religioso, si presentano qui ab initio, rispetto a quanto i colpi dal di fuori non preannuncerebbero, le possibilità di fronteggiamento/reazione da parte della vittima predestinata.

 


 

4. Stesso discorso per quel che attiene, in generale, all’universo dei soggetti deboli. Le occasioni in cui il diritto non potrà “stare a guardare” – come se nulla fosse accaduto - appaiono qui innumerevoli.

I problemi dell’alcool nel focolare domestico, ad esempio; oppure le insidie della droga pesante, soprattutto ove ad esserne toccato sia un genitore (magari il padre e la madre al tempo stesso). Le varie altre figure di “dipendenza”, più o meno sottili e patologiche - gioco d’azzardo, bische clandestine, scommesse, bizzarrie sessuali, sale corsa, lotte fra i cani. O ancora lo spiritismo, le collezioni maniacali, le corse automobilistiche in periferia, le invenzioni da notte brava.

Fondali da romanzo ottocentesco, sotto alcuni aspetti; di fatto carichi aggiuntivi, spesso intollerabili, per le persone viventi in casa: che potranno temere di venir uccise, picchiate, derubate, intimidite, etc. (talvolta saranno loro a fare del male per reazione, a opprimere). Comunque, incombenze spesso angosciose per i servizi socio-sanitari - quando esistano, quando dovrebbero operare.

Elementi di forte appesantimento, d’altronde, nel quadro delle inchieste sulla responsabilità.

Non diverse le conclusioni per quanto riguarda, sotto il profilo affettivo, soggetti come i malati cronici, o magari i bambini difficili, gli handicappati fisici e sensoriali; come pure gli individui a rischio di suicidio, gli anziani della quarta età, i pazienti ospedalizzati, i congiunti in fin di vita.

Sono tutte ipotesi - di fragilità o di sfortuna - destinate a venire in evidenza rispetto a questo o a quel ruolo storico, ricoperto di fatto nella vertenza: e si può pensare

  1. alla parte di vittima, dei terzi oppure di un familiare; oppure

  2. alla posizione di autore di un fatto illecito, soprattutto a danno di un parente; o magari

  3. alla veste di referente/beneficiario di una protezione che la pubblica amministrazione potrebbe, qua e là, aver mancato di fornire.


 

5. Nel momento in cui ci si avventuri poi (com’era negli intenti del presente Trattato) oltre la soglia dei temi più canonici – più rappresentati anche nei repertori di giurisprudenza -, al di là della cerchia strettamente coniugale, oppure delle relazioni tra figli e genitori, la rosa degli interrogativi è destinata ad allargarsi di molto.

A parte i capitoli non proprio inediti - il ruolo e i diritti dei nonni (poniamo), oppure i legami e i dissidi tra fratelli, la procreazione assistita, la famiglia di fatto, la disciplina delle unioni omosessuali, etc. - molte sono le questioni che si affacciano.

Ad esempio le relazioni sentimentali nell’universo dei minori. Gli sviluppi, in quest’ambito, della sessualità e della capacità procreativa; le tipologie classiche dei legami adolescenziali, le falsarighe di conflittualità più comuni. L’importanza (psicologica, economica, culturale) dei richiami alla famiglia, al romanticismo, al Natale, alle trasgressioni, ai giochi seduttivi, alla bontà, agli usi emozionanti del tempo libero, nella TV e nella pubblicità (specie quella a portata dei minori).

Il punto di vista del diritto per quanto concerne gli scambi amorosi fra minori e adulti. Il matrimonio e la genitorialità degli infradiciottenni.

I legami di amicizia, ancora – fra adulti dello stesso come di diverso sesso. Il loro significato per il diritto civile e penale; la rilevanza (giuridica) degli abbandoni e dei tradimenti in quest’ambito. Le meccaniche delle bande e dei branchi di teen ager. La tutela dei diritti della personalità del compagno impossibilitato a difendersi - la risarcibilità (eventuale) del danno per l’uccisione e la menomazione dell’amico.

Oppure (aspetti già meno vergini, ma di perdurante interesse) gli attentati alle prerogative spirituali del defunto. La salvaguardia - allora - delle volontà del de cuius a rilievo non economico, il presidio dei momenti soggettivi di chi non è più al mondo. Le regole sulla legittimazione attiva in questi casi. Le soluzioni da adottare con riguardo alla tumulazione, alla cremazione, alla dispersione delle ceneri, alla scelta del sepolcro, al diritto morale d’autore del congiunto scomparso.


 

6. Sollecitazioni diverse - nel campo dei sentimenti - giungono poi dal mondo animale e vegetale. L’importanza dell’animale d’affezione, allora; il valore della pet therapy, il rapporto fra bambini e animali domestici (chi è titolato a prendere le decisioni?). Le novità legislative e giurisprudenziali sul terreno dell’abbandono e del maltrattamento degli animali.

La tutela (vera e finta, riuscita e non riuscita) della fauna selvatica ai giorni nostri. In generale, l’amore degli uomini per il verde, per le foreste, per il paesaggio, per le piante - su scala grande e piccola.

Altro settore di rilievo, quello delle bellezze artistiche, dei beni e degli oggetti d’affezione - pubblici e privati. Le modalità di tutela della casa d’abitazione e dei luoghi domestici, in primo luogo; le violazioni (magari drammatiche o profanatorie) del domicilio. L’attaccamento - nostalgico, culturale - alle collezioni e ai tesori di famiglia; il riguardo per il sentimento religioso popolare, magari di una minoranza, la rilevanza civilistica delle festività.

Gli amori ossessivi e i danneggiamenti morbosi di opere d’arte. Il capitolo delle ricerche genealogiche.

Le questioni della scuola, ancora. Doveri dei genitori e osservanza degli obblighi di frequenza, sullo sfondo. E, in primo piano, lo spazio dei valori affettivi e sentimentali nei programmi d’insegnamento; le questioni dell’educazione sessuale; i compiti dei servizi sociosanitari nelle strutture educative (specie quelli di matrice psi). Le prepotenze e il “bullismo“ in aula: crudeltà coi più timidi, mobbing striscianti, difesa dei diversi, compiacenze o cecità dei docenti.


 

7. Particolarmente delicati i profili dell’ affettività e della sessualità nei frangenti più “difficili”.

L’ambiente del carcere anzitutto (comunicazioni con l’esterno, visite dei parenti, scambi di tenerezze, maternità, neonati e figli piccoli). In generale, gli intrecci amorosi nelle istituzioni chiuse (ospedali, manicomi, caserme, ospizi, comunità, etc.); i legami emotivi e fisici fra handicappati. Le relazioni sentimentali dei religiosi.

L’amore a pagamento, il “contratto di meretricio”, le chat line, il cyber-sex.

L’infermità di mente, di uno o di entrambi i partner, nelle storie d’amore e di sesso - il bene e il male che possono nascerne: problemi di t.s.o, aborto, matrimonio dell’incapace, proposte di sterilizzazioni, disciplina penale, etc.

Innamoramenti e passioni nelle situazioni catastrofiche; diritto e affetti nelle guerre etniche, Romeo e Giulietta ai tempi che viviamo. Gli “eccessi” in amore, di tutte quante le sorte.

Ancora: i comportamenti atti a pregiudicare - dolosamente o colposamente - le aspirazioni di una persona a farsi una famiglia. Gli illeciti che si collegano, in special modo, alle inserzioni amorose sui giornali, o sui siti Internet; gli abusi e le manchevolezze aventi a che fare con la piccola posta sui giornali. I torti connessi alle attività delle agenzie matrimoniali, comunque al mondo dei cuori solitari.

Così avanti. Le cattiverie e i reati tra fidanzati, la responsabilità nelle ipotesi di contagio sessuale, le condotte riprovevoli legate all’AIDS. La difendibilità dei diritti della persona (soprattutto immagine, privacy, segretezza, onore) sia all’interno che all’esterno delle coppie nascenti. La prospettabilità dell’abbandono dell’amante, in casi limite, quale fatto “ingiusto” - la possibilità di ottenere eventualmente il risarcimento del danno.


 

8. Fili conduttori da prospettare, per quanto concerne il futuro della materia? Qualche traccia è possibile già intravederla - sul versante positivo come su quello negativo.

Fra i “si” e i “no” che emergono con maggior evidenza, allora. Sì a un diritto degli affetti come tessuto da annodare partendo “dal basso”, nel vissuto specifico degli individui - assai più che attraverso analisi “dall’alto”, guardando alle gabbie immaginate dal legislatore.

SI ad un approccio policentrico in questo campo, sì all’idea di un dipanarsi delle emozioni (non già nel chiuso di un'unica stanza, bensì) lungo una pluralità di lieviti e piani inclinati, ben distinti fra loro - ciascuno improntato via via a registri di carattere individuale o familiare, religioso o laico, egoistico o altruistico, serio e faceto, individuale o associativo, etc.

Sì alle indicazioni circa la centralità della persona, nel quadro dell'ambiente circostante - sì alle attenzioni da riservare ai passaggi del fare/essere, all'idea di relazionalità/fecondità quali chiavi permanenti di lettura. Sì alla prospettazione dell' "avere" di ciascuno come un "tendere verso", come investimento spontaneo di energie.

No alla solitudine forzata, no all’ emarginazione sentimentale dei deboli e dei disadattati: no - pur qui - all’affettività imposta in modo autoritario, burocratico, no all’ammissibilità di una “pretesa” ad essere ricambiati amorosamente da qualcuno.

No alle resistenze contro gli sforzi della tecnologia e della ricerca genetica di migliorare la condizione umana, e quindi i rapporti di ognuno coi suoi cari; no alle chiusure rispetto a ciò che – contro gli ostacoli e le crudeltà della natura - promette di schiudere a una coppia senza figli (magari a singole persone) la possibilità di avere un bambino proprio, fisicamente e psichicamente sano.

 

9. Sì d’altro canto a ogni risposta - istituzionale e organizzativa - che semplifichi l’ingresso di un bambino abbandonato nel seno di una (buona) famiglia; sì al potenziamento dei servizi sociosanitari in quest’ambito.

No a un sistema di reazioni circoscritte - quando si parla di minori maltrattati – ai soli assalti e alle omissioni plateali (il bimbo bastonato, strattonato, il neonato nella lavatrice, le sindromi di Münchausen, gli aborti nel bagno di casa). Sì invece a un gioco di scudi pensati anche contro le scalfitture più segrete, poco vistose - un fanciullo disamato nella sostanza, non capito davvero, mai ascoltato.

No – dal punto di vista disciplinare - alle postulazioni secondo cui torti come quelli affettivo/familiari non si presterebbero a venire amministrati, per loro natura, con strumenti di tipo aquiliano. Sì alla presa d’atto della versatilità della responsabilità civile, sul terreno applicativo - come attitudine (dell’istituto) a percepire attraverso i suoi terminali, e a rispecchiare volta a volta nelle soluzioni alle controversie, la complessità e “volatilità” delle aggressioni sentimentali.

Sì, in generale, ai richiami al motivo della “felicità” terrena - lemma pur estraneo, nominalmente, alla nostra Carta fondamentale - quale tramite da rapportare ai suoni del rigoglio partecipativo, del venire oltre la linea di galleggiamento. Sì al richiamo a misurare, caso per caso, la legittimità e ammissibilità dei singoli impedimenti.

Sì alla (visione della) persona umana come entità protesa a spendersi in ciò che scopre o trasmette, a inverarsi nello scambio con coloro che sceglie di frequentare, di abbracciare - come realtà che nel vivo dei propri sentimenti è destinata a scoprire se stessa, che abbandonandosi giorno per giorno agli affetti diverrà ciò che è davvero.


 


 

 


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