Fondi pensione e tutela previdenziale
Sul regime giuridico della nuova previdenza complementare

di Francesco Giuseppe Catullo

 

1. Dalla relazione annuale al Parlamento della Commissione di vigilanza sui fondi pensione presentata il 19 giugno 2001 si evince che i fondi pensione sono una realtà viva ed operante nel nostro sistema.Alla data del 31 marzo 2001, i fondi pensione di nuova istituzione autorizzati all’esercizio della attività sono 107 (di cui 23< negoziali >e <84> aperti); ad essi si aggiungono 20 fondi negoziali autorizzati alla sola raccolta delle adesioni.
Alla fine del 2000 sono iscritti ai fondi pensione circa 1.800.000. lavoratori, in relazione ai quali le risorse complessivamente destinate alle prestazioni sfiorano i 58.000 mld.. Se si considerano i fondi negoziali autorizzati all’esercizio dell’attività nel settore del lavoro dipendente (si tratta di 18 fondi) ci si avvede che il tasso di adesione rapportato alla platea dei potenziali aderenti è pari al 32,6% e migliora (portandosi al 37,3 %) con riguardo ai due grandi fondi di categoria che hanno conferito le risorse in gestione.
Nel novembre del 2000 sono stati poi autorizzati due fondi pensione che rivolgono la propria attenzione al mondo del commercio (con una platea di riferimento di 2 milioni di persone) e a quello dell’artigianato (con una platea di 1,8 milioni)È all’orizzonte, inoltre, lo sviluppo dei fondi negoziali nel settore del pubblico impiego.Il primo accordo istitutivo è stato già stipulato nel settore della scuola: occorre, tuttavia, evitare che il numero contenuto dei fondi suddetti contrasti con il numero elevato dei componenti l’organo amministrativo, rischiando di appesantire l’operatività gestionale e ritardare il concreto avvio dell'operastività ).
I fondi pensione oltre a svolgere un ruolo essenziale sulla scena previdenziale sono destinati ad assumere un ruolo di rilievo nel sistema finanziario essendo formidabili elementi di stabilizzazione dei mercati.E l’aggregazione del risparmio individuale in forma ordinata è elemento qualificante delle vicende del mercato contemporaneo, al riguardo dovendosi considerare che il settore dei fondi pensione ha registrato un flusso attivo di contribuzione pari a 5.230 mld nel corso del 2000 ,con percentuali di variazione dell’attivo netto destinato alle prestazioni sull’anno precedente del 119 % per i fondi pensione negoziali e del 136% per i fondi aperti.Nel corso del primo trimestre 2001, l’attivo netto destinato alle prestazioni si è incrementato di altri 763 mld.
I dati appena segnalati testimoniano il fatto che il risparmio destinato a fini previdenziali non asseconda i cicli di valorizzazione degli investimenti finanziari, potendosi muovere in controtendenza con benefici effetti di stabilizzazione dei mercati.È prevedibile per quest’anno e per gli anni a venire un incremento dei flussi di risparmio in direzione dei fondi pensione di nuova istituzione, in quanto la riduzione della copertura assicurata dal regime pensionistico pubblico costituirà sempre più un elemento condizionante le scelte delle famiglie. Se i flussi di risparmio verranno orientati verso impieghi destinati a realizzare forme di compensazione idonee a rendere più tranquilla la fase di vita successiva al pensionamento, si assicurerà una capacità reddituale aggiuntiva.
Le esigenze di sicurezza sociale manifestano così la loro priorità rispetto a logiche di mera valorizzazione finanziaria che potrebbero risultare trascurate in una fase di mercato non brillante. Si tratta di caratteristiche differenziali strutturali che possono essere apprezzate innanzitutto sul terreno economico.Il rendimento medio netto dei fondi pensione negoziali è stato nel 2000 del 3,6%, in linea con il rendimento del trattamento di fine rapporto (3,5%). Il rendimento medio dei fondi pensione aperti è stato invece del 2,9%, con ampie variazioni tra i diversi prodotti. Le punte di adesione si hanno nei fondi aziendali e di gruppo (76,4%).
Significativa l’iscrizione ai fondi dei chimici e dei metalmeccanici (37,3%),è invece bassa quella agli altri fondi di categoria e a quelli dei lavoratori autonomi, che comunque sono stati costituiti più di recente. I giovani, che dovrebbero essere particolarmente sensibili al problema di costruirsi una pensione da affiancare a quella obbligatoria che è stata ridotta dalle riforme di questi anni, sono però quelli che meno aderiscono aforme di previdenza complementare. Gli iscritti con meno di 35 anni sono solo il 26% del totale. Poche anche le donne: il 23% di tutti gli aderenti.
Occorre perciò guardare alle necessità di un sistema di previdenza complementare che ha grandi potenzialità ma anche problemi di crescita ,spesso evidenziati dalla discussione tra gli specialisti della materia in più occasioni concentrata su di una recente monografia di Mario Bessone .

 

2.  Già in apertura del suo libro (M.Bessone, Previdenza complementare ,editore Giappichelli, Torino,pp. 457) l'a. osserva che <l’efficienza operativa della previdenza complementare è una variabile in gran parte dipendente dall’adeguatezza e dalla razionalità dei congegni normativi>. La regolazione giuridica <vincola a svolgere adempimenti, prescrive forme e talvolta contenuti di attività, impone regole di procedimento, stabilisce divieti e assoggetta a controlli>. E tutto questo per il fondo pensione comporta “costi” in senso economico che finiscono per gravare sul portafoglio pensionistico dei lavoratori destinatari della previdenza complementare.
Molto spesso si tratta di costi < in ampia misura compensati dal risultato utile che la regolazione giuridica assicura sul fronte delle garanzie di ponderazione e tutela degli interessi variamente coinvolti da un sistema di previdenza complementare >. Ma < è pur sempre necessario individuare un possibile punto di equilibrio tra costi e risultato utile della regolazione giuridica. O, se si preferisce, tra valori di economicità e valori di legalità entro una complessiva dinamica del sistema >.
Una riflessione orientata in questa direzione è tanto più necessaria se si considera la tormentata successione di interventi normativi intesi ad integrare e riformare l’originaria disciplina del decreto legislativo 124 del 1993.Bisogna perciò esaminare e valutare in che misura gli interventi normativi e il complessivo ordinamento del settore riescano ad equilibrare il sistema della previdenza complementare, in modo da conseguire una adeguata soglia di efficienza operativa, e bisogna stabilire che cosa è ancora necessario in tema di regole e di vigilanza, senza incorrere in eccessi di policy interventista.
Nel suo libro intitolato appunto < Previdenza complementare> Mario Bessone si prefigge tre obiettivi: registrare lo stato attuale della normativa di settore, decodificare tale normativa alla luce dei valori costituzionali che la informano, prospettare l’evoluzione della materia verso risultati di ottimizzazione del sistema < paese > in funzione di politica economica e politica del diritto. Ne consegue una lettura dell’opera che corrispondentemente si struttura su tre diversi livelli.
Il primo è quello tecnico indirizzato agli operatori del settore che intendono conoscere il sistema positivo della previdenza complementare; il secondo è quello accademico rivolto al giurista interessato ad un puntuale e preciso lavoro di classificazione; il terzo coinvolge la curiosità dello specialista in materie economiche-giuridiche, attento all’evoluzione del sistema giuridico in funzione di politica economica. Si delinea un sistema in continua evoluzione che si colloca in uno spazio virtuale delimitato dagli artt. 38 e 47 della Costituzione: <previdenza complementare e fondi pensione sono luogo di mercato del risparmio con finalità pensionistica> (p. 76).
Il criterio di collocazione del sistema in questo spazio dipende dalla natura dei provvedimenti legislativi che si succedono nel tempo. Dal 1993 al 2000 si registra un trend che tende a spostare il settore della previdenza complementare dalla normativa vincolistica dell’art. 38 verso quella liberistica dell’art. 47, ossia si assiste ad una tensione della materia verso gli orizzonti di una maggiore liberalizzazione con conseguente maggiore fiducia verso le iniziative di self regulation.
Le iniziative legislative che riconoscono la posizione previdenziale di ogni singolo lavoratore come materia di soggettive determinazioni vengono accolte favorevolmente da Bessone.(p. 248), che ha presieduto la Commissione di vigilanza sui fondi pensione dalla sua costituzione al marzo 2000, sebbene resti fermamente convinto di non sacrificare mai l’interesse previdenziale che rimane l’esclusiva ragion d’essere delle forme pensionistiche complementari. La normativa della previdenza complementare perciò non deve essere attratta nella sola orbita degli artt. 41 e 47 della Costituzione, poiché conserva la finalità pubblica di garantire ai propri aderenti la libertà dal bisogno, interesse pubblico costituzionalmente tutelato dall’art. 38.
La funzione sociale della previdenza complementare, che si concreta nell’assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale, è al tempo stesso programma e limite di scopo (p.118). Tuttavia anche il carattere vincolistico dell’art. 38 cost. non informa l’intera materia, vi è una differenza tra la previdenza sociale e quella complementare. La prima va posta in relazione con la sicurezza sociale che tutela esclusivamente un interesse pubblico immediato e diretto (art. 38 cost.); la seconda, invece, perseguendo anche l’interesse alla conservazione della capacità reddituale già assicurata dalla retribuzione, tutela pure un interesse privato.
La previdenza sociale realizza la funzione della liberazione dallo stato di necessità, la previdenza complementare assicura più elevati livelli di copertura previdenziale, ossia soddisfa l’interesse pubblico alla liberazione dal bisogno e l’interesse privato alla soddisfazione di interessi speculativi. Si delinea, pertanto, un ordinamento sezionale della normativa della previdenza integrativa in cui coesistono equilibrandosi libertà negoziale e vincolo.

 

3. La monografia di Mario Bessone giustifica l’intervento pubblico nel settore, tenendo conto della finalità previdenziale dei fondi pensione. La Costituzione affida alla Repubblica il compito di incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme, tuttavia il risparmio a fini previdenziali non ha né può avere la stessa valenza del risparmio azionario o di quello destinato più in generale a investimenti di tipo finanziario: sussiste un’esigenza di sicurezza sociale che si aggiunge a quella di tutela del risparmio e che richiede, in questo senso, una protezione differenziata.
La vocazione pensionistica del risparmio, investito nelle suddette forme, giustifica il controllo pubblico sia nelle attività dei fondi pensione chiusi, sia in quelli aperti. Ne consegue che le forme e le modalità della pubblica vigilanza, che si concretano nell’attività della Covip, dipendono non dalla specialità dell’interesse collettivo bensì dalla destinazione pensionistica del risparmio consegnato ai fondi pensione (p. 378).
L’incisiva tutela che viene accordata all’interesse previdenziale degli aderenti ai fondi pensione chiusi si traduce in un complesso procedimento atto ad attivare e costituire, come nuovo< soggetto di diritto >, un fondo pensione(p. 171). Risultano configurate fasi di un procedimento privato necessariamente preliminare alle fasi di un procedimento amministrativo che delineano fattispecie a formazione progressiva e percorsi procedimentali di notevole complessità. Le fasi del procedimento amministrativo consistono nelle deliberazioni della Covip che provvedono ad approvare ed autorizzare (p. 164).
Alla Covip sono assegnate anche competenze nella diversa materia dei fondi pensione aperti che non presentano i caratteri distintivi dei fondi pensione negoziali attivati nell’interesse di una categoria o di un comparto, espressione di un interesse collettivo o di gruppo.
Al riguardo si deve osservare che il fondo pensione aperto per struttura e modalità di gestione in monte di una serie di posizioni finanziarie < indifferenziate > configura una fattispecie di prestazione professionale non lontana da quella offerta dalle società di gestione del risparmio, che attivano fondi comuni di investimento mobiliari “aperti”. Tuttavia la finalità previdenziale del fondo pensione aperto ne caratterizza per intero l’identità, con una serie di conseguenze disciplinari molto evidenti, se si considerano talune delle competenze assegnate alla Covip dall’art. 17 del decreto legislativo (p. 368).
Un servizio che si rivolge al mercato di risparmio delle famiglie alla ricerca di una risorsa previdenziale perciò non è un operare finanziario come tanti altri, occorrendo stabilire un giusto punto di equilibrio tra libertà di iniziativa delle imprese che attivano organismi di investimento collettivo del risparmio e adeguatezza di discipline (e di forme di vigilanza).
Le precedenti riflessioni sull’intervento pubblico della Covip non legittimano a credere che la previdenza complementare appartenga al settore del diritto pubblico, sebbene la Corte costituzionale sia di diverso avviso. La Consulta ha segnalato, con la sentenza 392 del 2000, <le finalità di raccordo delle varie forme di previdenza complementare con il trattamento pensionistico di base>, e ha avvertito <che non può essere messa in dubbio la scelta del legislatore (…) di istituire (…) un collegamento funzionale tra previdenza complementare” inteso ad iscrivere quest’ultima nel sistema dell’art. 38, secondo comma, della Costituzione.
Per  Bessone le suddette conclusioni confliggono con la puntuale disciplina della materia, sia perché in nessuna materia la presenza di un regime di limiti all’autonomia dei privati di per sé significa appartenenza delle loro attività all’universo delle “funzioni” o del “servizio” di diritto pubblico, sia perché disposizioni intese a prefigurare forme pensionistiche individuali aperte a quanti non sono i “lavoratori” del secondo comma dell’art. 38 indicano con evidenza che non è questa la norma costituzionale al vertice del sistema delle fonti della previdenza complementare (p. 32).
Nel settore della previdenza integrativa, alle disposizioni di regolazione pubblica della materia è assegnata funzione ausiliare poiché sono l’autonomia dei soggetti privati e i congegni normativi del diritto privato a costituire la nota dominante del sistema. Alla Covip spetta una funzione di garanzia, essendole esclusa qualsiasi forma di direzione pubblica del settore e di interferenza dei suoi poteri nello spazio di autonomia che compete ai soggetti privati attivi entro il sistema della previdenza complementare (p. 11).
L’interesse pubblico tutelato dall’art.38 della Costituzione viene soddisfatto sia garantendo, attraverso la Covip, la protezione di beni pubblici come la veridicità, la completezza e la trasparenza dell’informazione che deve essere tanto maggiore quanto più si tratta di assicurare tutela ad investitori di risparmio con finalità previdenziale (p. 76), sia attraverso forme di investimento che seguono le regole dell’agire finanziario di lungo periodo. Il fondo pensione è un investitore paziente che si caratterizza per una tendenziale avversione al rischio, di modo che la sua eventuale (e inevitabile) esposizione al rischio di mercato e al rischio di controparte deve essere contenuta entro la soglia di comportamenti ragionevolmente prudenziali (p. 324).
Nei diversi capitoli del suo libro, Bessone illustra poi gli effetti positivi successivi all’affidamento di maggior autonomia al sistema.
Il riconoscimento di una maggiore autonomia al sistema è richiesta al fine di garantire sia una posizione più forte per l’aderente al fondo pensione, che si concreta nella varietà di opzioni che ogni singola forma pensionistica complementare offre al mercato, sia una più alta competitività dei programmi pensionistici italiani rispetto a quelli europei.
Il principio generale è che non si danno forme di previdenza complementare se non per impulso di atti di autonomia privata (p. 109), ne segue che per ogni forma di fondo pensione valgono sia le garanzie di libertà che i principi di utilità sociale dell’art. 41 cost.. Ulteriore fonte normativa al vertice del sistema pensionistico complementare è l’art. 47, che promuove e tutela il risparmio (p. 33).
L’attivazione di forme di previdenza complementare comporta iniziative e confronti tra parti sociali, modalità di relazioni industriali e prassi negoziali che influiscono notevolmente sulla complessa dinamica dei rapporti tra mondo del lavoro, sue rappresentanze sindacali e imprese (p. 114). La fonte istitutiva di un fondo pensione, costituente la parte obbligatoria del contratto collettivo, rappresenta il risultato di una rivendicazione sindacale accolta dalla controparte. Il fondo pensione assume le caratteristiche dello “strumento” che consente di “entrare nelle dinamiche finanziarie” e di partecipare al governo delle imprese (p. 117). Tuttavia Bessone è bene attento a sottolineare che ogni progetto di “cogestione” tra mondo delle imprese e fondi pensione è da disapprovare: perché < qualsiasi distrazione della forma pensionistica complementare dall’interesse previdenziale che ne costituisce l’esclusiva ragion d’essere rischia di pregiudicare i risultati che gli iscritti al fondo pensione legittimamente si attendono> (p. 118).

 

4. Il rapporto giuridico previdenziale secondo Bessone è contratto di scambio, costruito sul principio di corrispettività tra contribuzioni percepite dal fondo e prestazioni a suo tempo erogate dal fondo, tuttavia esso non è configurabile in un tipo negoziale di genere unitario, esistendo varianti che si segnalano per una serie di differenze di regime marcate che appartengono al genus dei contratti standard organizzati sul modulo delle condizioni generali di contratto unilateralmente predisposte (p. 149).
La volontà contrattuale dell’aderente spazia nell’articolazione dei suddetti contratti e nel sistema delle condizioni generali. Proposte negoziali sufficientemente articolate permettono di incrementare la massa degli aderenti alla forma pensionistica con la conseguenza che la competizione tra fondi pensione si traduce in concorrenza competitiva sul fronte dei contenuti della proposta pensionistica e perciò competizione sul fronte delle possibili varianti delle condizioni generali di contratto. Conseguenza accolta positivamente con riguardo all’estensione delle opportunità offerte ai destinatari della previdenza complementare (p. 152). Alla diversità delle aspettative dei possibili destinatari del fondo pensione aperto devono corrispondere iniziative previdenziali molto più articolate di quanto non lo siano le pure e semplici distinzioni per classi di età o per appartenenza professionale o per altri indicatori generalizzanti.
La concorrenza tra imprese e tra fondi pensione diversamente organizzati avvicinerà la previdenza integrativa al modello di un mercato finanziario che prevede in astratto l’opportunità di confronto tra proposta e proposta. La suddetta concorrenza deve ricercarsi soprattutto nel contenere il rischio di un possibile deflusso di risparmio previdenziale verso l’estero (p. 372) con conseguenti riflessi negativi oltre l’ambito dell’ordinamento previdenziale. Non bisogna dimenticare che il punto forte del sistema “fondi pensione”, rispetto ad altre forme di gestione collettiva e “in monte” di portafoglio finanziario, è la continuità dei flussi contributivi e la ragionevole prevedibilità dei tempi di erogazione delle prestazioni dovute (p. 425). I fondi pensione, rendendo disponibili risparmi per investimenti a medio e lungo termine, aiutano a superare l’asincronia tra i bisogni finanziari con caratteristiche di lungo periodo e gli impieghi di breve periodo, rilevandosi accattivanti per le aziende industriali la cui evoluzione implica l’accrescersi delle necessità finanziarie, cui è difficile sopperire con il solo autofinanziamento.
In breve, dal punto di vista del risparmiatore, rendere meno vincolistica la disciplina dei fondi pensione significa riconoscere maggiore autonomia alla normativa di settore che si manifesterà nella predisposizione di proposte contrattuali peculiari e differenti, che consentiranno una maggiore libertà di scelta a chi aderirà alle forme di previdenza complementare.
Dal punto di vista macroeconomico, alla maggiore autonomia accreditata ai sistemi a “capitalizzazione” corrisponderà una più incisiva diffusione dei fondi pensione che contribuiranno ad incrementare il risparmio nazionale, ossia il capitale accumulato dal sistema “paese” e i volumi del prodotto interno lordo (p. 33).
Il lavoro presenta compiutamente l’intero percorso normativo della previdenza complementare decodificandolo tramite differenti valori costituzionali: da una parte vi è l’art. 38 cost. che tutela la sicurezza sociale al fine di garantire la libertà dal bisogno, dall’altra vi sono gli artt. 41 e 47 cost. che incentivano e tutelano l’iniziativa economica privata e il risparmio. Le relazioni che esistono tra i diversi valori costituzionali sembrano destinate a modificarsi man mano che s’infittiscono gli interventi del legislatore, di qui la cura dell’A. nello scandagliare i numerosi e differenti provvedimenti legislativi che si sono succeduti nel tempo e che hanno delineato la natura sezionale della suddetta normativa di settore.

 

5. Il sistema delle fonti del diritto della previdenza complementare è composto da fonti primarie e da secondarie, nel contesto di queste ultime rientrano le fonti di autonomia privata che assicurano al settore dei fondi pensione chiusi un consistente spazio di self regulation. L’estensione di tale spazio è quanto si prefigge Mario Bessone che avverte l’esigenza che si elabori una normativa del settore che stabilisca vincoli strettamente necessari a scongiurare il rischio che l’autonomia dei privati degeneri nell’assenza di garanzie di tutela degli aderenti alla forma pensionistica complementare (p.51).
Si richiama poi più volte l’attenzione sull’art. 2 d.l. 47 del febbraio 2000, integrante la disciplina del decreto 124 con la disposizione art. 9 bis che indica come destinatari della forma pensionistica individuale anche i <soggetti non titolari di reddito di lavoro o di impresa >, per sottolineare la rimozione del vincolo di obbligata connessione tra attività lavorativa e previdenza pensionistica (pp. 8, 32, 366, 417).
Dal punto di vista fiscale nel libro di Bessone si segnala il bisogno di compensare lo svantaggio derivante dal vincolo di portafoglio con una politica intesa a contenere gli oneri fiscali per garantire consistenza quantitativa alle forme di previdenza integrativa,considerato che “la decisione di rinviare al lungo periodo il godimento di ricchezza finanziaria per motivi previdenziali è decisione socialmente apprezzabile, che merita di essere premiata da una politica di favore fiscale invece non dovuto a quanti scelgano un diverso impiego del loro portafoglio” (p. 14). In costituzione economica una normativa di favore orientata in questa direzione trova adeguato riscontro nel quarto comma dell’art. 38, dove è certamente possibile rinvenire un “obbligo costituzionale” di concorrere con il beneficio fiscale allo sviluppo delle forme di previdenza pensionistica (p. 103).
Ad una policy di adeguata incentivazione dell’investimento di risparmio in forme pensionistiche complementari si devono indirizzare norme progressivamente uniformate al principio del rinvio della tassazione del reddito . Devono più precisamente essere <assoggettate ad imposta soltanto le prestazioni previdenziali erogate, perché esse soltanto costituiscono ricchezza finanziaria finalmente disponibile per il consumo > (p. 106).E Bessone si sofferma significativamente sull’art. 10 del decreto legislativo 124 che riconosce la posizione previdenziale di ogni singolo lavoratore come materia di proprie soggettive determinazioni (p. 248), anche se avverte la necessità di estendere lo spazio della portability delle posizioni previdenziali anche al di fuori delle situazioni di carattere eccezionale (p. 251).
Approva la disciplina del recente terzo comma quinquies dell’art. 10, che per le fattispecie di adesione ad una forma pensionistica individuale assicura facoltà di trasferimento dell’intera posizione previdenziale, trascorsi tre anni dalla data di adesione ai fondi pensione o dalla data di sottoscrizione del contratto con l’impresa assicurativa, come pure l’altrettanto attuale tredicesimo comma dell’art. 13 del decreto 124, che esenta da oneri fiscali le “operazioni” di trasferimento delle posizioni pensionistiche (p. 252). Dimostra, inoltre, di apprezzare il comma terzo ter dell’art. 10 modificato dall’art. 58 comma 8 lettera c) della l. 144 del 1999, che costituisce la posizione previdenziale del defunto come oggetto di diritti, jure proprio acquistabili da parte del congiunto o degli altri membri della sua famiglia, o comunque in base alle eventuali “disposizioni del lavoratore” (p. 257).
Mario Bessone condivide la tensione del sistema verso il riconoscimento della disponibilità della posizione previdenziale di ogni singolo lavoratore purché non venga sacrificato l’interesse previdenziale. Sostiene che i poteri di self regulation si devono impiegare con grande attenzione alla particolare destinazione del portafoglio finanziario, essendo necessario operare secondo regole capaci di assicurare “sana e prudente” gestione di portafoglio pensionistico agli iscritti (p. 369).
Per la sistematicità ed organicità della trattazione, l’opera di Bessone si presta, come si è fatto cenno all’inizio, a tre possibili e differenti gradi di lettura a cui sembrano corrispondere analoghe dimensioni temporali di studio ed applicazione della materia. Il passato rappresenta il settore del giurista che astrae e classifica la normativa in categorie, il presente riguarda la dimensione dell’operatore di settore interessato esclusivamente alle norme vigenti, il futuro appartiene allo specialista di materie economiche-giuridiche che prevede ed auspica riforme del settore.
Nelle  chiare pagine del libro, in particolare in quelle della descrizione scandita della complessa normativa, è riconoscibile l’impronta del giurista maturo e dell’esperto in materie economiche-giuridiche. Quanto alla dimensione temporale, il passato e il presente alimentano la coscienza del giurista, il futuro le rivela gli obiettivi da raggiungere.E icasticamente rappresentato, il futuro della previdenza complementare per Mario Bessone corrisponde ad uno spazio virtuale delimitato da norme vincolistiche e liberistiche in cui la disciplina di settore deve trovare la più ampia collocazione possibile consentita all’autonomia privata, una volta fissato il limite invalicabile che deve essere riconosciuto alla normativa vincolistica.

 

Home Page