Considerazioni in tema di banche dati
a cura di Filippo Bianchi
1.
Oggetto
“La
banca dati è costituita da qualsiasi raccolta di opere, dati o altri elementi
indipendenti, sistematicamente o metododicamente disposti ed individualmente
accessibili grazie ai mezzi elettronici o in altro modo”(1).
Già in tempi remoti, ci si era chiesti se ed in che limiti possano essere
tutelate le opere di compilazione (quali le raccolte di leggi, i massimari, etc)
(2)
.
E’
necessario precisare che in ogni Paese la normativa sul diritto d’autore si
fonda sul principio della territorialità; si applica cioè, la legge del Paese
in cui l’opera dell’ingegno viene utilizzata.
Nel caso di opere dell’ingegno diffuse attraverso la rete Internet, risulta alquanto complesso riallacciarsi alla normativa di quale Paese si debba fare riferimento, poiché le normative nazionali applicabili, sono tante quante sono i Paesi coinvolti, considerato che il flusso dell’informazione diffusa tramite bytes supera i confini fisici dei vari Stati e non può essere controllato sul modello del vincolo territoriale.
All’art.3
della Direttiva 96/9/CE (recepita nel nostro ordinamento col D.Lgs. 169/99) si
legge: «[…] le banche dati che per la scelta o la disposizione del materiale
costituiscono una creazione dell'ingegno propria del loro autore, sono tutelate
in quanto tali dal diritto d'autore. Per stabilire se alle banche dati possa
essere riconosciuta tale tutela non si applicano altri criteri. La tutela delle
banche dati in base al diritto d'autore, prevista dalla presente Direttiva, non
si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati i diritti esistenti su tale
contenuto».
Come
noto, dal 1999 la protezione del diritto d'autore è estesa anche alle banche
dati. I diritti concernono le banche dati intese come raccolte organizzate di
"elementi" -comprendenti documenti, informazioni, suoni, immagini -
tra loro autonomi ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici. La
tutela della banca dati non si estende, però, ai singoli dati stessi, ivi
contenuti, i quali, dal canto loro, possono essere oggetto di diritto d'autore. 
La
tutela è, infatti, riconosciuta alle banche dati che, per la selezione o la
collocazione degli stessi, realizzano una creazione intellettuale
“originale” dell'autore; i diritti sulla banca dati consistono, quindi,
nella capacità esclusiva di riproduzione permanente o temporanea, totale o
parziale, con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi forma, di traduzione, adattamento
e modifica, e di distribuzione al pubblico in qualsiasi modo ed in qualsiasi
forma. Vi è un ulteriore diritto, che spetta al gestore della banca dati, di
vietare operazioni complessive di prelievo e riutilizzo degli elementi
contenuti.
La Direttiva muove dal presupposto che il diritto d’autore rappresenti una forma adeguata di diritto esclusivo degli autori delle banche; tuttavia, il legislatore comunitario, per approntare una adeguata tutela giuridica, si muove su un doppio binario: il diritto d’autore, appunto, ed una tecnica sui generis la quale si rifà alla disciplina della concorrenza sleale. L’art.7 riconosce un diritto, in capo al costitutore della banca dati -cioè a colui che ha realizzato l'investimento necessario- il diritto (definito, appunto, sui generis), di vietare le operazioni di estrazione o di reimpiego della totalità o di una parte sostanziale della banca dati.
Tale diritto è riconosciuto, dalla Direttiva, ai cittadini di uno stato membro dell'Unione europea e alle imprese e società costituite secondo la normativa di uno Stato membro dell'Unione. Non è quindi riconosciuto alle pubbliche amministrazioni. In ragione di ciò, le amministrazioni non hanno alcun diritto di impedire l'estrazione o il reimpiego delle informazioni contenute nelle banche dati da esse costituite; evidentemente, a meno che ciò non sia disposto da un'altra fonte primaria.
2. Criterio di originalità ed estensione della protezione
La
Direttiva non distingue tra banche dati elettroniche o cartacee e il criterio
dell'originalità dell'opera, per beneficiare della protezione del diritto
d'autore, è soddisfatto quando la banca dati sia originale nell'aspetto e
nell'organizzazione dei dati(3).
Altra novità introdotta dalla Direttiva riguarda il problema, dello sforzo economico che grava sul primo realizzatore, costretto a ricercare i dati a organizzarli e a renderne possibile la fruizione selettiva, in contrapposizione alla possibilità di apprendere a costi pari a zero per chi vuole ottenere un identico risultato perché può limitarsi a copiare quanto già c’è. La soluzione fornita dalla Direttiva è quella di valorizzare il c.d. "artificial lead time" cioè un periodo di tempo artificialmente creato dal legislatore, al fine di garantire al creatore della banca dati un vantaggio (che nella visione tradizionale della tutela giuridica delle privative sulle opere dell’ingegno sarebbe naturalmente connesso alla creazione intellettuale) su coloro i quali, venendo a conoscenza dell’informazione, potrebbero appropriarsene e sfruttarla economicamente, quindi tra il primo realizzatore e il secondo(4).
Sul fatto che l'innovatore sia meritevole di godere di un cd. artificial lead time non ci sono dubbi. Del resto questo è il principio che regge la Direttiva, la quale estende il diritto d'autore alla banca dati, proteggendo la selezione e la disposizione del suo contenuto. Quando selezione e disposizione del contenuto siano "originali" esse vengono tutelate per mezzo di diritti esclusivi di riproduzione, traduzione, adattamento, distribuzione, i quali, nel loro insieme, costituiscono i diritti economici d'autore.
Gli stati membri, infatti, sono tenuti al attribuire al costitutore di una banca dati il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo, cioè quando ciò avvenga per fini commerciali (art. 7 n.1). Di questo diritto ne è titolare l’utente legittimo cioè il costitutore della banca dati indipendentemente dall’originalità della stessa. Infatti il carattere dell’originalità è condizione per la protezione attraverso il diritto d’autore, requisito che si estrinseca nel caso della banche dati nella "scelta o disposizione" delle materie o delle opere raccolte. Il diritto di impedire l’estrazione sleale, invece, per essere esercitato non necessita del presupposto dell’originalità.
Si consideri che, almeno in linea di principio, la previsione di un artificial lead time dovrebbe premiare unicamente l'innovatore. Con il diritto "sui generis" viene invece concesso un artificial lead time anche a colui che non innova in senso proprio, ma si limita a raccogliere ed archiviare elettronicamente dati su di una determinata materia. L'arrivare primi nel cogliere la proficuità di un investimento per la realizzazione di una banca dati su di un determinato argomento è certamente una scelta meritevole di tutela, ma con le disposizioni che prevedono il diritto "sui generis" verrebbe trasferita nella dimensione erga omnes una forma di privativa sui contenuti delle basi di dati che, allo stato della normativa vigente, è confinata nella dimensione inter partes, contrattuale. Il diritto "sui generis" ha una durata di 15 anni a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo - alla data in cui la banca dati è stata messa per la prima volta a disposizione del pubblico, o - a qualunque modifica sostanziale della banca dati. Ciò significa che viene concesso un artificial lead time di 15 anni. Per il titolare della banca dati, l'utilità di poter disporre di un diritto quale il diritto "sui generis" sta nel potersi garantire, a prescindere dall'esistenza di una specifica disciplina contrattuale, che gli investimenti fatti e le risorse spese per la realizzazione del prodotto "banca dati" non siano erosi dalla concorrenza in un tempo più breve del tempo cosiddetto "naturale" di vantaggio che l'innovatore possiede sugli imitatori (natural lead time). In sostanza, quindi, la Commissione, ha preso atto dei forti rischi di downloading non autorizzato del contenuto di una banca dati, dovuti alle moderne tecnologie dell'informazione, e, con la previsione del diritto "sui generis", ha offerto a colui che la realizza uno strumento in grado di garantirgli un artificial lead time che, evitando la libera appropriazione (free riding) del suo lavoro, lo ricompensi dell'attività svolta.
Il concetto di "originalità", attributo necessario affinché l'opera dell'ingegno possa godere della tutela a mezzo del diritto d'autore, è da sempre considerato come fattore in grado di introdurre aree di monopolio. Infatti, se si adotta un'interpretazione del criterio dell' "originalità" in base alla quale, perché l'opera possa essere ritenuta tutelabile, risulti sufficiente che essa non sia stata copiata (per analogia con l'interpretazione autentica del requisito dell'"originalità" fornita dalla Direttiva sulla tutela giuridica del software), si ha una drastica perdita di selettività del parametro qualitativo che determina l'accesso all'esclusiva, con conseguente perdita di efficacia della tutela (con una frase ad effetto, anche se un po' troppo drastica, si potrebbe affermare che tutelare tutto equivale a non tutelare alcunché); ma, estremizzando, se l' "originalità dell'opera consiste addirittura nel fatto di non essere stata mai realizzata da nessun altro, si assisterebbe ad una corsa finalizzata unicamente a precedere e, di conseguenza, bloccare la concorrenza .
In realtà, come per ogni altra forma di proprietà intellettuale, anche il problema della tutela giuridica delle banche dati viene a porsi nei termini seguenti: posto che qualunque disciplina delle privative industriali è, per sua stessa natura, interferente con quella della concorrenza, si deve attentamente considerare, da un lato, il criterio in base al quale la Direttiva determina la soglia di accesso alla tutela proprietaria di una banca dati (problema del fondamento della tutela) e, dall'altro, sin dove si estenda tale tutela (problema dell'estensione della tutela) (5).
A tal proposito, si parla di estendere la protezione offerta dal diritto d’autore alle raccolte elettroniche dei dati, anche al complesso dei dati memorizzati, ossia al contenuto della banca dati (6).
Lo stesso Copyright Act specifica che "the copyright in a compilation extends only to the compilation itself, and not to the underlyng materials or data". A questo punto è doveroso quindi domandarsi se il miglior tipo di protezione non sai offerto dal diritto d’autore. E’ bene però fare una precisazione: nessuno ha mai negato che il diritto d’autore non fosse applicabile alle banche dati, nemmeno gli irriducibili sostenitori della concorrenza sleale o degli altri istituti sopracitati, ma il problema si pone quando le banche dati siano prive dei requisiti richiesti per proteggere le opere intellettuali o quando la giurisprudenza si trova in difficoltà davanti al problema di stabilire la soglia minima di requisiti che le banche dati devono possedere per potergli accordare una tutela in termini di privativa intellettuale. Ma quali sono questi requisiti? Normalmente si tende a pensare che il requisito richiesto sia quello dell’originalità. Ma in tema di banche dati non è sempre facile trovare l’originalità anzi spesso questa è totalmente assente o ridotta al minimo fino ad essere identificata nel “criterio organizzativo” dell’opera, o addirittura fino ad esser ritenuto sufficiente “little more than actual copying”. Inoltre fondare la tutela dei database sul criterio dell’originalità può portare alcuni problemi non irrilevanti. Ad esempio il creatore di una banca dati esaustiva che aspiri a vedersi riconosciuto il diritto di privativa potrà conferire alla propria opera il requisito dell’originalità aggiungendo informazioni che vadano ad arricchire il contenuto, informazioni che potranno anche non essere essenziali ai fini dell’utilità del prodotto finale (7).
 
 
  
  
(1) 
    sul punto si veda:
    T.
    Bertagna,
    La
    protezione dei database,
    consultabile in rete all'indirizzo 
http://www.jus.unitn.it/users/pascuzzi/privcomp98-99/papers.html
(2) 
    A questo proposito L.C.Ubertazzi
    individua cinque principi che sono stati messi a punto prima dell’avvento
    delle banche dati elettroniche: "a)
    Il punto di partenza è dato ovviamente dal principio secondo cui il diritto
    d’autore tutela unicamente "le opere dell’ingegno di carattere
    creativo (art.2575 cc e art.1 l.a.); b).."carattere creativo"
    dell’opera ricorre quando l’opera costituisce un quid novi, un prodotto
    dell’intelletto concretamente apporto del singolo al preesistente
    patrimonio intellettuale comune: quid novi che
    ovviamente deve raggiungere almeno una certa soglia minima. c) L’opera
    dell’ingegno, in particolare, può consistere anche in una
    "riproduzione creativa" della realtà, risultante da una triplice
    attività di percezione, di elaborazione interna e di espressione. 
    d) Nelle opere di compilazione.. il carattere creativo può essere
    dato dai criteri di cernita, di selezione dei materiali, ma può anche esser
    dato dai criteri di organizzazione sistematica dei medesimi materiali..e
    potrebbe esser dato
    dall’applicazione di criteri di questo genere a dati precedentemente non
    sistemati. e) L’applicazione di tali criteri ad organizzare un insieme di
    dati di dominio pubblico deve complessivamente condurre ad un’opera che
    raggiunga un sufficiente livello di novità oggettiva/originalità: e
    reciprocamente non può essere considerata come opera dell’ingegno una
    compilazione di dati noti secondo criteri del tutto consueti o necessari,
    quali una raccolta privata puramente cronologica di tutte le leggi dello
    stato".
(3) Secondo M. Chiarolla si è però via via posta l’esigenza di rivedere il requisito dell’originalità della forma, e parlando di banche dati l’originalità va ricercata ne "criterio organizzativo" delle medesime: Puntualizza però l’autore che "anche ammesso che si riesca ad individuare un a soglia di originalità talmente bassa da ricomprendere le raccolte informatizzate di dati (anche quelle meno innovative), il problema del "borseggio” delle informazioni rimarrà immutato... pare logico, infatti, ipotizzare che una volta trasferiti i dati da una banca dati all’altra, sarà sufficiente qualche piccolo "ritocco" per far rientrare la banca dati autrice del pillage nel novero delle opere dell’ingegno. Si verificherebbe insomma una crescita esponenziale del mercato con una conseguente automatica moltiplicazione dell’offerta delle informazioni di identico contenuto… vanificando nella sostanza tutti gli sforzi compiuti per raccogliere prima , tutelare poi, i dati."
(4)
    secondo A.Zoppini "la
    Direttiva mira a garantire un premio al produttore dell’informazione,
    perché la libera appropriazione del lavoro altrui è fonte di effetti
    disincentivanti, il che significa contrazione della produzione e maggiori
    costi".
(5)
    Il Comitato Economico e Sociale ha, fortemente, criticato la posizione della
    Direttiva sostenendo che, "dati i crescenti progressi della
    legislazione comunitaria in materia di concorrenza, le disposizioni di
    quest'ultima potranno essere applicate contro qualsiasi abuso di questo
    diritto di esclusione [il diritto "sui generis"] da parte dei suoi
    titolari". Il suggerimento non è però stato accolto dalla
    Commissione, e, sul punto, nell'ultima versione pubblicata della Direttiva,
    è possibile riscontrare soltanto alcune modifiche nella definizione dei
    casi in cui devono essere consentiti l'estrazione il riutilizzo dei dati
    anche a fini commerciali e nella individuazione dei soggetti a ciò tenuti.
(6)
    secondo L.C. Ubertazzi questa
    estensione non è possibile per due ragioni: 1) la disciplina sul diritto
    d’autore distingue fra contenuto, forma interna e forma esterna
    dell’opera dell’ingegno. Il diritto d’autore tutela la forma
    espressiva dell’opera, ma non si estende al contenuto che deve rimanere a
    disposizione di tutti per il progresso della cultura generale e delle
    scienze e, suggerirei di aggiungere , per il diritto all’informazione. 2)
    Gli artt. 65,66,101 l.a. riconfermano che la semplice informazione, quando
    sia astratta dalla sua particolare espressione creativa o quando sia stata
    sin dall’origine espressa senza alcuna creatività non può formare
    oggetto di diritto d’autore ed è liberamente riproducibile. (Così anche R.
    Pardolesi il quale commentando la sentenza della Corte Federale
    d’appello 1986 caso West v. MDC, precisa che nessuno può pretendere il
    copyright sulle decisioni rese dalle corti di giustizia perché i testi
    delle sentenze sono di pubblico dominio e perciò liberamente
    riproducibili).  Anche A.Zoppini
    crede che la tutela non sia rivolta al contenuto dell’opera bensì al modo
    in cui i dati sono organizzati: "..si
    riconosce quindi la protezione di opere risultato di elaborazione e
    coordinamento di elementi non nuovi e originali..purché la coordinazione
    sia attuata in modo originale. La sussistenza di un carattere selettivo
    originale implica quale logica consequenziale l’esclusione dalla tutela
    delle raccolte esaustive (dragnet database), ciò quelle che si propongono
    di raccogliere tutti i dati
    nell’ambito di un dominio scientifico determinato. Così si postula il
    diniego a fronte di un carattere esclusivamente funzionale della selezione,
    come anche nelle ipotesi in cui il metodo di classificazione sia puramente
    "trivial" "(banale). Secondo questo autore è quindi da
    prendere in considerazione solamente la forma espressiva della banca dati e
    non il suo contenuto.
(7) Introvigne distingue tre tipi di teorie ciascuna delle quali indica il requisito che l’opera deve possedere per essere tutelata attraverso il diritto d’autore. Secondo la prima teoria è necessario che l’opera sia una vera creazione artistica (le opere di compilazione ne sono quindi escluse). Questa è una teoria antica per lungo tempo sostenuta in Italia, Francia, Germania e Inghilterra. Per la seconda teoria è necessario che l’opera sia il risultato di uno sforzo (quantitativo o qualitativo) o di una abilità superiore alla media. Questa teoria è spesso dominante in molti paesi, ma ha l’handicap di basarsi su un criterio di valutazione soggettivo. Infine la terza teoria considera necessario che l’opera sia il frutto di uno sforzo lavorativo e di una causalità materiale senza che di tale sforzo e causalità siano da giudicare l’intensità o la qualità.