OPA
E OPAS.
Uno sguardo di sintesi alle discipline della sollecitazione al disinvestimento
di Mario Bessone
Queste pagine sono materiali del corso di Diritto dei mercati mobiliari che si svolge alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma “La Sapienza”, e in più ampio contesto saranno comprese in un volume di prossima pubblicazione presso l'editore Giuffrè.
1. Sollecitazioni al disinvestimento. La comunicazione alla Consob e il
documento informativo. Le regole di svolgimento dell'operazione finanziaria.
Forme e garanzie della pubblica vigilanza.
Già per espressa definizione delle norme del Testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria (in via breve il Tuf) è appello al
pubblico risparmio anche l’offerta pubblica di acquisto, in via breve l’Opa
diventata operazione così rilevante e così frequente sul mercato finanziario
dei tempi di capitalismo maturo. Si offre denaro contante per ricevere
“prodotti finanziari” da quanti sono disposti a farne vendita. Si tratta
perciò delle operazioni che configurano una sollecitazione al disinvestimento.
E anche per questo genere di operazioni di mercato finanziario si rendeva
necessaria una speciale disciplina, al tempo stesso dovendosi considerare il
caso dell’offerta (di acquisto e) di “scambio, l’Opas che “in tutto o in
parte” propone per l’appunto di scambiare titoli con titoli. Che una
speciale disciplina di queste fattispecie fosse davvero necessaria all'inizio
degli anni Novanta doveva emergere con sempre maggior chiarezza dal crescente
numero delle operazioni di Opa (e Opas) progettate per conquistare posizioni di
comando estese ad interi comparti dell’economia. E a ciò si è era provveduto
con le norme della legge 149 del 18 febbraio 1992 che in allora avevano
stabilito una complessa disciplina della materia.
Disciplina che non si sottraeva a motivate obiezioni sia di genere concettuale
sa in punto di operatività, e perciò molto discussa essendo poi comunque
interamente riformata dalle disposizioni degli artt.102 a 112 del Tuf.
Disposizioni dove si stabilisce un più lineare regime di Opa e Opas anche
mediante normative che una volta di più sono per consistente parte (e forse per
eccesso) normative di rinvio ai poteri regolamentari della Consob. Per il
particolare ordinamento di materia che si deve adesso considerare “offerta
pubblica” di acquisto o di scambio è nozione del più ampio contenuto, in
linea di principio comprensiva di “ogni offerta”, ma anche di ogni “invito
ad offrire” o ancora di ogni “messaggio promozionale” come si legge alla
lettera v) del primo comma dell’art. 1 del Tuf “finalizzati all’acquisto o
allo scambio” di “prodotti finanziari”. Opera allora una speciale
disciplina di settore sempre che si tratti di iniziativa di un certo ammontare e
rivolta ad un numero sufficientemente elevato di destinatari.
Con sue prescrizioni di fonte regolamentare la Consob ha regolato la materia nel
senso che la speciale disciplina si applica soltanto se (i) l'importo
dell'offerta supera i quarantamila euro essendo comunque (ii ) più di duecento
i soggetti che ne sono destinatari. Possono poi configurarsi differenti
fattispecie. In linea generale l’offerta pubblica è materia di una volontaria
decisione di procedere all’indicata operazione di mercato.Vale il principio di
libertà che di regola vale per ogni possibile impiego di risorse
finanziarie,dovendosi tuttavia pur sempre assicurare le necessarie garanzie di
trasparenza e di corretto svolgimento delle inziative. Ma quando oggetto ne sono
azioni ordinarie di società italiane quotate in “mercati regolamentati
italiani”, e soltanto in tale eventualità possono darsi i casi di obbligo
dell’offerta pubblica di acquisto che in questa particolare fattispecie era
pur sempre indispensabile stabilire per assicurare a eguale trattamento alla
generalità degli investitori.
A tutte le possibili fattispecie comunque si applica la impegnativa disciplina
degli artt. 102 a 104 del Tuf. Dell’iniziativa di offerta occorre fare
“preventiva comunicazione alla Consob”. Alla comunicazione si deve allegare
altro documento “destinato alla pubblicazione” che avrà per contenuto tutte
le informazioni ai destinatari dell’offerta occorrenti per poter “pervenire
ad un fondato giudizio” su di essa. Si tratta di un documento che anche in
punto di stretto diritto impegna la responsabilità di quanti lo sottoscrivono,
dovendosi ancora una volta ricordare quanto adesso stabilisce la nuova
disposizione dell'art. 2623 del codice civile con riguardo all'intera materia
del “falso in prospetto”, e per ciò che qui più interessa con preciso
riguardo ai documenti da diffondere in occasione di offerte pubbliche di
acquisto o di scambio. Ne risultano infatti configurate rigorose fattispecie di
reato che sarà bene considerare con la dovuta attenzione.
Il primo comma della norma ne definisce i caratteri distintivi sanzionando
l'agire di “chiunque” esponga “false informazioni” oppure occulti
“dati e notizie” in modo “idoneo a indurre in errore” i
“destinatari” della dovuta documentazione, con “la consapevolezza della
falsità” e “con l'intenzione di ingannare” così operando “allo scopo
di conseguire per sé o per altri” un “ingiusto profitto”. Se la condotta
criminosa non ha “cagionato un danno patrimoniale” l'autore del reato sarà
“punito (…) con l'arresto fino ad un anno”. Se invece danno parimoniale si
configura (per disposizione del secondo comma dell'art. 2623 cod.civ.) la pena
sarà quella “della reclusione da uno a tre anni”. Da tutto questo una più
incisiva policy di prevenzione dei comportamenti devianti e il conseguente
impulso ad un esauriente e corretta informativa di mercato.
Il ricorso allo strumento forte della norma penale tuttavia (anche) in materia
finanziaria deve pur sempre essere pensato come estrema risorsa dell'ordinamento
di settore, di modo che risultati di esauriente e corretta informativa di
mercato si devono in via principale attendere dalla attivazione dei poteri
dell'autorità di vigilanza. In considerazione delle particolarità del caso
singolo compete infatti alla Consob (i) valutare se a fronte del documento
ricevuto si rendono opportune “informazioni integrative”, (ii) eventualmente
prescrivere speciali “modalità” di pubblicazione del documento e infine (iii)
stabilire se occorre prestare particolari garanzie. E la normativa del Tuf
separatamente considera il caso delle offerte “aventi a oggetto” o come
corrispettivo “prodotti” finanziari non quotati “né diffusi tra il
pubblico ai sensi dell'articolo 116”. Decorsi i termini indicati dal secondo
comma dell’art. 102 “il documento può essere pubblicato”.
E sarà informazione di mercato che le norme regolamentari deliberate dalla
Consob con il provvedimento 11971 del maggio 1999 prefigurano mediante schemi di
documento (diversi a seconda delle diverse operazioni ogni volta possibili ma)
comunque tali da assicurare adeguate garanzie di trasparenza e chiarezza quanto
al soggetto offerente, agli strumenti finanziari oggetto dell’offerta e al
loro prezzo di acquisto, alle ulteriori condizioni del contratto e molto altro
ancora. Anche quando sia soggetta a condizioni l'offerta sarà in ogni caso
irrevocabile e “rivolta a parità di condizioni a tutti i titolari” dei
valori che ne sono oggetto .Si svolgerà nei tempi concordati con le autorità
di regolazione del mercato finanziario. E se è vero che le discipline
regolamentari della Consob non escludono una eventualità di “proroga”. Si
tratterà comunque di tempi brevi. Possono poi darsi offerte di aumento e da
parte di altri offerte concorrenti.
Vale la norma del quarto comma dell'art. 103 del Tuf che domandava alla Consob
di stabilire con suo regolamento intese a disciplinare “le offerte i aumento e
quelle concorrenti, senza limitare il numero dei rilanci, effettuabili fino alla
scadenza di un termine massimo”. Occorreva immaginare regole al giusto punto
di equilibrio tra il comprensibile beneficio di una disciplina flessibile e la
evidente necessità di non consentire un protrarsi delle operazioni di mercato
che rischia fortemente di diventare fattore di sua instabilità. E con l'art. 44
del regolamento 11971 la Consob ha disposto che le offerte concorrenti possono
essere “pubblicate fino a cinque giorni prima della data prevista per la
chiusura dell' offerta precedente”. Eventuali “rilanci” dovranno essere
pubblicati almeno dieci giorni prima della data prevista per la chiusura
dell'ultima offerta. In ogni caso offerte concorrenti e rilanci sono ammessi
soltanto se il corrispettivo “globale” (e “per ciascuna categoria di
strumenti finanziari interessata”) è superiore a quello dell'ultima offerta o
rilancio (o se comportanto l'eliminazione di una condizione di efficacia).
Quanto alla “durata” delle offerte il regolamento della Consob avverte che
la “durata” delle offerte precedenti sarà “allineata” a quella
“dell'ultima offerta concorrente”. Nel corso delle operazioni si
osserveranno regole delle attività e doveri di correttezza assoggettati alla
rigorosa vigilanza della Consob, particolarmente necessaria sia quanto alle
modalità della ulteriore diffusione di “dichiarazioni” relative
all'iniziativa in atto, sia con riguardo a vendite e acquisti degli strumenti
finanziari oggetto dell’offerta che si fossero eseguiti “sul mercato”.
Occorre comunque vigilare per garantire che fattori devianti non interferiscano
con l’ordinato e corretto svolgimento della sollecitazione che si è avviata
con la pubblica offerta. Nei casi previsti dall'art. 102 possono darsi
provvedimenti di sospensione cautelare delle operazioni. E in caso di accertata
violazione delle disposizioni regolatrici dell'offerta “la Consob può (…)
dichiararla decaduta”. Con quale ampiezza si configurano poteri di vigilanza
informativa della Consob indica la disposizione dell'art. 103 del Tuf.
A norma del suo terzo comma per parte sua la società che ha emesso i titoli
adesso diventati oggetto di una offerta pubblica dovrà diffondere un
“comunicato” che contenga sia “ogni dato utile per l’apprezzamento
dell’offerta”, sia una responsabile “valutazione” di essa così da
assicurare ai possessori delle azioni ulteriori elementi di giudizio sul merito
della proposta di acquisto a loro rivolta. Quanto poi alla posizione da assumere
nell’interesse stesso della società,in caso di offerta che riguardi azioni
quotate in un mercato regolamentato “italiano o di altro paese dell’Unione
europea” va considerata la passivity rule del primo comma dell’art. 104. Per
sua disposizione (e secondo la disciplina regolamentare della Consob a far data
dalla comunicazione del documento di offerta), in mancanza di una
“autorizzazione” dell assemblea degli azionisti “le società le cui
azioni” sono “oggetto dell'offerta (...) si astengono” e devono astenersi
“dal compiere atti” e comunque “operazioni” che “possono contrastare
il conseguimento degli obiettivi dell’offerta”.
Si tratta di normativa che occorre attentamente considerare perché anche dalla
interpretazione giurisprudenziale della passivity rule emerge con chiarezza che
attività difensive, e perciò “operazioni” per l’appunto intese a
“contrastare” l’offerta non sono in linea di principio escluse. Ma occorre
seguire il percorso e attenersi alla prescrizioni che con l’art. 104 si
indicano come condizione necessaria delle possibili iniziative di difesa.
Operazioni di genere difensivo possono infatti darsi soltanto se gli
amministratori della società sono ad esse autorizzati dal consenso conseguito
mediante una deliberazione dell'assemblea dei soci approvata “con il voto
favorevole di (…) soci che rappresentano almeno il trenta per cento del
capitale sociale”. Se in questo modo si consente alla società “bersaglio”
dell'offerta l' attivazione dei possibili strumenti di sua difesa al tempo
stesso si vuole perciò verificare che ogni iniziativa di tal genere sia davvero
volontà di azionisti (e non invece pura e semplice strategia di amministratori
interessati a conservare loro posizioni di comando).
Guardando agli ulteriori svolgimenti della vicenda va ancora ricordato che come
già si diceva a fronte dell’offerta originaria sono sempre consentite offerte
concorrenti, essendo allo stesso modo sempre consentito che il primo o comunque
un precedente offerente a sua volta provveda ad un rilancio della sua originaria
offerta. on l’eventuale adesione alla proposta di acquisto (o a quella delle
proposte che sarà considerata preferibile) il destinatario interessato ad
accettare perfezionerà il contratto di vendita che gli assicura il prezzo dei
“titoli” contestualmente trasferiti all’altrui proprietà. All'intera
vicenda la Consob assicurerà le già segnalate garanzie di vigilanza. E sarà
bene leggere ancora una volta con grande attenzione la norma del quinto comma
dell'art. 103 del Tuf. Da tutto questo le grandi linee di una disciplina (in
realtà ben più complessa di quanto è possibile riferire in queste pagine) che
con le dovute integrazioni di regime opera poi anche in caso di offerta pubblica
obbligatoria.
2. Acquisti e partecipazioni azionarie “rilevanti”. Obbligo e regime
dell'offerta pubblica. Le singole fattispecie, le norme sanzionatorie.
Obbligo di offerta pubblica di acquisto come già si sa esiste soltanto se
oggetto ne sono azioni “ordinarie” di “società italiane”, e se si
tratta di azioni quotate in mercati regolamentati “italiani”, ricorrendo
allora le fattispecie indicate dagli artt. 106 e 108 del Tuf che separatamente
disciplinano offerta pubblica di acquisto totalitaria e offerta di acquisto
invece residuale. Promuovere una offerta pubblica di acquisto totalitaria, e
perciò “sulla totalità delle azioni ordinarie” della società per
disposizione del primo comma dell’art. 106 è obbligo che grava su
“chiunque,a seguito di acquisti a titolo oneroso” si trovi a “detenere”
una partecipazione al suo capitale “superiore alla soglia del trenta per
cento”. Rilevano sia gli acquisti operati in via indiretta e “per il tramite
di fiduciari o per interposta persona” sia gli acquisti operati in via
“indiretta” con le modalità indicate dal terzo comma dell’art. 106 del
Tuf .E obbligo di offerta grava anche su quanti detengono una partecipazione
superiore alla indicata soglia del trenta per cento operando di concerto con
altri nel senso indicato dalla norma dell’art. 109.
Si configurano acquisto di concerto e obbligo di offerta pubblica quando a
superare la soglia di partecipazione azionaria da considerarsi rilevante sono
quanti costituiscono formazione di gruppo,di modo che se le loro singole
partecipazioni di per sé non consentono controllo della società questo
risultato si consegue pur sempre operando congiuntamente. Vale allora una regola
di presunzione di controllo che non ammette prova contraria in ognuna delle
fattispecie indicate dall'art. 109 del Tuf.
Sono le fattispecie di
(i) adesione ad un patto di sindacato sul modello dell'art. 122 del Tuf (anche
se si tratti di patto nullo ),
(ii) di rapporto tra un “soggetto” e le società che ne sono controllate ,
(iii) delle società assoggettate ad un “comune” controllo e infine del
concerto tra “una società” e “i suoi amministratori o direttori
generali”.
Nelle fattispecie che si sono indicate (ancora per disposizione dell'art. 109
del Tuf ) l'obbligo di offerta pubblica grava solidalmente su ognuno dei
soggetti che agiscono di concerto. E ad evitare comportamenti elusivi (per
regola del secondo comma della norma) l'obbligo di offerta pubblica
“sussiste” anche quando gli acquisti “siano stati effettuati nei dodici
mesi precedenti la stipulazione del patto” (ovvero “contestualmente alla
stessa”).
Ne risulta confermato l'assunto di una disciplina che ha sue precise
motivazioni. Guardando ai fattori che sono determinanti per stabilire il prezzo
di mercato delle azioni si deve considerare il particolare rilievo del
plusvalore che le azioni con diritto di voto incorporano quando per il loro
numero configurano una partecipazione azionaria tale da assicurare il controllo
della società. E sarà chiaro che in assenza di una speciale disciplina della
materia questo maggior valore premia soltanto i singoli azionisti che di volta
in volta trasferiscono ad altri loro azioni in quantità sufficiente per
consentire all’acquirente il controllo societario.Una speciale disciplina
della materia è quindi necessaria per evidenti ragioni di equità dovendosi
garantire parità di trattamento a tutti i possessori di azioni con diritti di
voto, appunto mediante norme che a tutti gli azionisti consentano di beneficiare
del maggior valore (il “premio”) che le azioni incorporano quando assicurano
il controllo della società.
Da ciò l’obbligo di totalitaria offerta pubblica di acquisto per chiunque si
trovi a disporre di una partecipazione che superi la già indicata soglia del
“trenta per cento” delle azioni con diritto di voto. Si è infatti ritenuto
che quella sia una soglia di partecipazione azionaria appunto tale da portare
con sè il controllo della società. E che sia questa la ragion d’essere
dell’obbligo di offerta totalitaria conferma con ogni evidenza la disposizione
del quinto comma dell’art.106. Enumerando fattispecie di esclusione
dell’obbligo pur in caso di “superamento” della soglia del “trenta per
cento”, una norma che guarda a situazioni particolari quali si configurano
nell’eventualità di operazioni “dirette al salvataggio di società in
crisi”, iniziative di fusione o di scissione di società (e altre ancora) al
modo stesso stabilisce infatti esclusione dell’obbligo di Opa nel caso della
“presenza di altri soci” che comunque già “detengono il controllo della
società”. Opera una ratio legis che trova puntuale conferma nella disciplina
dell ‘offerta pubblica di acquisto preventiva dell’art. 107del Tuf.
E’ questo il caso della volontaria offerta pubblica di acquisto o di scambio,
“avente per oggetto” azioni ordinarie della società in una quantità non
inferiore al sessanta per cento del loro complessivo insieme. E va considerato
che l’efficacia dell’offerta è “condizionata” alla sua
“approvazione” da parte di soci in possesso della “maggioranza delle
azioni ordinarie” della società diventa oggetto dell’operazione di acquisto
del controllo. Ad integrare la fattispecie provvedono le altre condizioni
stabilite dalla norma del Tuf. .Ma una volta osservate le prescrizioni
dell’art. 107 anche se risultato dell’offerta è l’acquisto della
partecipazione azionaria che per l’appunto assicura il controllo della società
non si si configura obbligo di ulteriore offerta di acquisto.E una norma di
questo genere ha con ogni evidenza una sua precisa e ben motivata ragion
d’essere.
Una stringente e inderogabile disciplina di obbligo si giustifica infatti
soltanto in presenza di primarie esigenze di tutela degli azionisti esclusi dal
gioco dei poteri forti che si contendono il controllo societario. Esigenze che
nella fattispecie non si riscontrano. In caso di una offerta preventiva
“diretta a conseguire la totalità delle azioni ordinarie” ogni azionista già
aveva avuto la possibilità di aderire alla proposta di acquisto delle sue
azioni. E se si tratta di una offerta parziale ma estesa ad almeno il sessanta
per cento delle azioni si è ritenuto che la consistenza dell’offerta sia pur
sempre quanto occorre per corrispondere alle aspettative di un numero di
destinatari sufficientemente elevato, tanto più che come si diceva condizione
di “efficacia” dell’offerta è la approvazione di una maggioranza di
azionisti interessati al possibile esito dell’operazione. Anche in tal caso
perciò non si configura ulteriore obbligo di pubblica offerta.
Quando invece obbligo esiste si applicano discipline al punto di convergenza tra
norme del Tuf e disposizioni attuative della Consob che in più di caso
presentano caratteri di grande rilievo (e si legga che cosa all'art. 46
stabilisce la normativa regolamentare della Consob per il caso degli acquisti
incrementali). Esistendo obbligo all’offerta si deve procedere entro trenta
giorni dal superamento della soglia di vincolo. Sarà diffuso il documento di
offerta occorrendo provvedere con modalità che come ha precisato la Consob
devono consentire a “tutti gli interessati” di conoscerne gli “elementi
essenziali”. La durata dell’offerta che comunque non sarà di lungo periodo
va concordata con la società di gestione del mercato (o con la Consob se si
tratta di valori non quotati). E il prezzo offerto non sarà “inferiore”
alla media aritmetica tra “il prezzo medio ponderato di mercato” degli
ultimi dodici mesi e “quello più elevato pattuito nello stesso periodo
dall’offerente” per l’acquisto di azioni ordinarie. Ma ricorrendo i
presupposti richiesti dalla norma il terzo comma delll’art.106 del Tuf
considera anche la eventualità che secondo logica di offerta pubblica di
scambio come corrispettivo delle azioni da acquistare “in tutto o in parte”
si offrano “strumenti finanziari quotati” in un “mercato regolamentato”
di “paese dell’Unione europea”.
In entrambi i casi la pubblica offerta consentirà alla generalità degli
azionisti di aderire alla proposta di acquisto alienando azioni ad un prezzo che
incorpora il premio del controllo.L’intera materia è poi assoggettata ad
altre norme che ancora una volta offrono alla Consob i più ampi poteri di
disciplina regolamentare delle diverse fattispecie. Da ciò un serio
interrogativo di politica del diritto. L’estensione dello spazio aperto a
poteri che talvolta alla Consob conferiscono posizione di legislatore della
materia si spiega con la complessità tecnica di vicende che in certa misura
rendono inevitabile il rinvio delle norme di legge ad una ulteriore regolazione
delle fattispecie da stabilirsi in via regolamentare. Ma in più di un caso la
indeterminatezza delle norme impegna la Consob ad una attività di integrazione
del sistema normativo quanto mai difficile e di incerto risultato. E in questa
prospettiva di analisi occorre guardare ad una disciplina amministrativa di Opa
e di Opas che tuttavia in queste pagine semplicemente si segnala per i possibili
approfondimenti.
Sia pure in via breve è invece necessario riferire le conseguenze della mancata
osservanza delle norme regolatrici della materia .La violazione dell’obbligo
di offerta trova sanzione nell’art. 110 del Tuf dove si stabilisce che il
diritto di voto “inerente” l‘intera partecipazione azionaria del soggetto
che ha violato l’obbligo di pubblica offerta non può essere validamente
esercitato. Se sarà esercitato la deliberazione assembleare assunta con il voto
di chi doveva astenersi sarà impugnabile secondo il regime del quinto comma
dell’art. 14 del Tuf. Poteri di impugnativa sono conferiti anche alla Consob
dal sesto comma della norma. Quanto alle azioni eccedenti la soglia del
“trenta per cento” acquistate in violazione dell’obbligo di pubblica
offerta di acquisto,ancora per disposizione dell’art. 110 è stabilito che
esse dovranno essere alienate entro dodici mesi. E una volta di più sanzioni
amministrative di genere pecuniario sono previste dall’art. 192 (che considera
anche altre possibili fattispecie di comportamento deviante) .
A completare il sistema delle norme di obbligo dell’offerta provvede infine
l’art. 108 del Tuf. La disposizione riguarda il caso dell’ offerta pubblica
di acquisto residuale che si presenta quando esiste una “partecipazione
superiore al novanta per cento” del capitale costituito da azioni con diritto
di voto. “Chiunque venga a detenere” una tale partecipazione deve promuovere
una offerta di acquisto “sulla totalità” delle restanti azioni di quel
genere “al prezzo fissato dalla Consob”, sempre che non provveda a
“ripristinare” entro quattro mesi “un flottante sufficiente ad assicurare
il regolare andamento delle negoziazioni”, certamente non assicurato in misura
adeguata da un “flottante” inferiore al dieci per cento della massa
azionaria. E va considerato anche il diritto di acquisto dell’art. 111. Se
“a seguito di una offerta pubblica avente a oggetto la totalità delle azioni
con diritto di voto” si detiene “più del novantotto per cento di tali
azioni”, alle condizioni stabilite dalla norma perciò stesso si “ha diritto
di acquistare le azioni residue entro quattro mesi dalla conclusione
dell’offerta”.
(continua)
(*) Prof.
Mario Bessone. Ordinario di istituzioni di diritto privato nell'Università
Sapienza di Roma