Fondi
pensione a prestazione definita.
Le norme di diritto speciale per lavoratori
autonomi e liberi professionisti
di Mario Bessone (*)
1. Nel loro insieme le forme di
previdenza complementare prefigurate dalla nuova legislazione di settore
restituiscono con ogni evidenza l’immagine di un sistema normativo quanto mai
complesso. E in queste pagine più avanti si guarderà a quanto è speciale
regime della forma previdenziale "a prestazione definita".
Esistono tuttavia principi generali che conformano a sé l''intera disciplina di
materia, mettendo ordine nella serie delle disposizioni particolari secondo una
logica di ordinamento e una linea di politica del diritto a suo tempo indicate
del decreto legislativo 124 dell'aprile 1993, che il il decreto legislativo 47
del febbraio 2000 doveva in più parti e fortemente variare senza tuttavia
rimuovere regole di struttura del sistema che ne sono elementi costitutivi. Ogni
forma pensionistica complementare e perciò ogni e qualsiasi fondo pensione sono
comunque e sempre iniziativa che origina da atti di autonomia di soggetti
privati, volta a volta contratti collettivi,
Come si ricorderà la forma pensionistica "fondo pensione chiuso" è
associazione o fondazione del primo libro del codice civile, e perciò una
particolare organizzazione di soggetti, attività e mezzi pensata a misura
dell’interesse collettivo oggettivamente condiviso dagli appartenenti ad una
medesima comunità di lavoro. Quanto più numerosi saranno gli aderenti alla
forma pensionistica tanto maggiori saranno le risorse finanziarie per la massima
parte consegnate in gestione ad imprese di intermediazione mobiliare, le imprese
enumerate dall'art. 6 del decreto legislativo che movimentano il portafoglio
finanziario del fondo pensione nel modo necessario per incrementare il suo
valore, così da procurare le dovute prestazioni di rendita o (in limitata
misura) in conto capitale agli iscritti al fondo una volta maturati i requisiti
dell' età pensionabile. E si tratta di prestazioni "complementari del
sistema obbligatorio pubblico"
Operando con la medesima finalità di genere previdenziale il fondo pensione
"aperto" è invece semplicemente "patrimonio separato e
autonomo" che si gestisce all'interno di imprese di intermediazione
finanziaria. Sono le stesse imprese di financial industry che la norma
dell'art. 6 del decreto legislativo ha ammesso alla gestione delle risorse di
fondi pensione "chiusi"
Si applica in ogni caso una rigorosa disciplina delle attività di investimento
delle risorse del fondo pensione che ancora una volta trova le sue disposizioni
di vertice nel decreto legislativo 124. Ma il regime stabilito dalle sue
disposizioni andava integrato dalle ulteriori discipline di vincolo rimesse alle
valutazioni di policy delle autorità di governo.E disponendo che con suo
decreto il Ministro del Tesoro doveva individuare i valori mobiliari che possono
diventare parte del portafoglio finanziario dei fondi pensione, il comma quarto
quinquies del'art. 6 del decreto legislativo impegnava l'autorità di governo a
stabilire per esse "i rispettivi limiti massimi di investimento". A
questo il decreto ministeriale 703 del 21 novembre 1996 ha provveduto con una
normativa che se naturalmente conferma le prescrizioni (e i divieti) già
presenti nelle regole di principio dell'art. 6 al tempo stesso ne completa la
disciplina, indicando soglie quantitative di investimento diversificate per
singole tipologie di valori mobiliari, seguendo una ratio legis che trova
adesso puntuale riscontro nel progetto di direttiva comunitaria in tema di"vigilanza
sugli enti pensionistici"
Dal complessivo insieme delle prescrizioni del decreto ministeriale del Tesoro
risulta configurato un regime di impiego della ricchezza finanziaria dei fondi
pensione che merita un convinto apprezzamento. Sia le regole riferite ad oggetto
e allocation degli investimenti sia le altre disposte in considerazione
della qualità dei soggetti emittenti (e delle loro appartenenze
2. Integrando la disciplina del decreto legislativo 124 con le disposizioni che
ne sono diventate i nuovi artt. 9 bis e 9 ter,il decreto
legislativo 47 del febbraio 2000 ha configurato normative che costituiscono una
riforma di sistema di segno molto forte. Se continuano ad essere suoi caratteri
distintivi tutte le conformazioni organizzative, le funzioni di pubblica
vigilanza e le discipline di portafoglio che si sono in via breve indicate, la
previsione di "piani pensionistici individuali" e il regime che per
essi si è stabilito portano infatti con sé variazioni di sistema che sono
davvero cosa di grande rilievo.
L'adesione a piani pensionistici individuali è consentita anche a quanti non
sono titolari di "redditi di lavoro" (né di "redditi di
impresa"). Si rimuove perciò il vincolo di obbligata connessione tra
attività lavorativa e previdenza pensionistica, di modo che le prestazioni
conseguenti alla sottoscrizione di piani pensionistici individuali
Se per il passato prevaleva una policy di preferenza per il fondo
pensione chiuso esistendo norme di limite all'adesione a fondi pensione aperti,e
norme a valere per gli appartenenti a qualsiasi settore del lavoro dipendente
privato o comparto del pubblico impiego, nel nuovo regime espressamente
stabilito dalle disposizioni del decreto legislativo 47 ogni previsione di
limite si è rimossa, essendo consentito a tutti libertà di scelta tra
fondo pensione chiuso e fondi
Molto spesso già di per sé la soglia di reddito delle famiglie segna un limite
alla quantità di risorse finanziarie da destinare al risparmio previdenziale. E
considerato sia il "costo" della obbligata partecipazione al sistema
pensionistico pubblico sia la consistenza delle prestazioni che se ne ricevono,
la decisione se e come versare ulteriori contributi ad un forma di previdenza
complementare è decisione che ognuno deve prendere a misura del suo personale
programma finanziario,dovendosi liberamente valutare le possibili alternative
tra le diverse opportunità di investimento finanziario capaci di garantire
risultati di maggior protezione pensionistica. A tutto questo si aggiunga che
l’investimento di risparmio in piani pensionistici incorpora vincoli di
permanenza che sono di lungo periodo e sconosciuti ad altre forme di
investimento del risparmio familiare E non si vede perché mai si dovrebbe
sottrarre alle famiglie la loro libertà di scegliere. Ma altro ancora sarà
bene rilevare considerando in che misura dalle norme regolatrici della materia,
e perciò dalla adesione a piani pensionistici derivano un rapporto giuridico
contributivo e a suo tempo un rapporto giuridico
La dichiarazione di adesione ad un piano pensionistico è consenso espresso
nelle forme della pura e semplice accettazione di un contratto standard ,in ogni
sua parte configurato come un insieme di condizioni generali che non lasciano
spazio ad alcuna possibilità di trattativa o di inserzione di clausole
correttive dello standard. E il regime degli oneri che gravano sull’aderente
in corso di svolgimento del rapporto contributivo anch’esso non è regime
liberamente contrattato, così come del tutto precostituito è l’insieme dei
contenuti e delle quantità delle prestazioni poi offerte agli iscritti alla
forma pensionistica nel corso del rapporto previdenziale che ne deriva. In
presenza di queste (e altre) rigorose norme di limite alla possibilità stessa
di adeguare a soggettive preferenze la forma pensionistica complementare, sarà
quindi chiaro che tanto più è necessario assicurare ampia libertà quanto alle
decisioni di portafoglio che si devono prendere tutte le volte si tratta di
portafoglio previdenziale.
In ogni caso la decisione da assumere è di genere molto complesso. E' una
decisione individuale ma molto spesso assunta nell'interesse di un intero nucleo
familiare. E una decisione che invariabilmente comporta una valutazione dei
flussi di reddito percepiti o attesi in futuro e una attenta considerazione
della anzianità contributiva maturata quanto alla pensione del sistema
obbligatorio (così come una evidente attenzione ai possibili svolgimenti della
propria posizione professionale). Allo stesso modo occorre un razionale
apprezzamento della composizione e degli elementi distintivi delle attività
finanziarie e delle altre attività patrimoniali già presenti nella
Il principio di libertà delle decisioni relative agli investimenti di risparmio
con finalità previdenziale finalmente stabilito con la normativa disposta dal
decreto legislativo 47 tuttavia opera secondo una particolare logica di sistema
e soltanto nella misura consentita da prescrizioni che hanno carattere di
imperatività. Se l'indicato principio di libertà è ormai principio al vertice
dell'intero ordinamento di settore, con riguardo alle forme pensionistiche
complementari una decisiva diversificazione si deve infatti pur sempre al
secondo comma dell’art. 2 del decreto legislativo 124, che con norma
inderogabile indica quali forme pensionistiche possono attivarsi
nell’interesse dei prestatori di lavoro subordinato e quali nel diverso caso
delle forme pensionistiche che hanno per destinatari gli appartenenti al mondo
del lavoro autonomo e delle libere professioni. E in questo senso occorre
considerare la distinzione (che è di primario rilievo) tra forme pensionistiche
Molto si dovrebbe precisare. Ma all'analisi di prima approssimazione che si
svolge in queste pagine possono bastare sarà alcuni riscontri di genere
elementare. sono i fondi pensione tali che
definita è soltanto l'entità delle contribuzioni domandate agli aderenti alla
forma previdenziale.Il loro rendimento e perciò la prestazione che si riceverà
costituiscono una variabile dipendente dai risultati della gestione finanziaria
del patrimonio del fondo. Sono "a prestazione definita" i
fondi pensione che invece garantiscono certezza in ordine al valore economico
della prestazione che si riceverà già all'origine appunto "definita".
Va tuttavia considerato che l'adesione ad una forma pensionistica di questo
genere comporta l'assunzione di un impegno che può essere notevolmente oneroso.
Quando la gestione finanziaria del fondo pensione di per sé non sia tale da
assicurare la prestazione a suo tempo "definita" occorrerà infatti
provvedere a maggiori contribuzioni.
Attivare la forma previdenziale "a fondo definita" è consentito tanto
a fondi pensione
3. Così disponendo il legislatore della nuova previdenza complementare ha
scelto una precisa linea di politica del diritto. Se infatti si guarda allo
scenario di insieme dei fondi pensione costituiti prima dell'entrata in vigore
del decreto legislativo 124 si constata che in certa misura è anche scenario di
fondi pensione "a prestazione definita" variamente
attivati in diversi ambienti di lavoro dipendente del settore privato. E sarà
il caso di ricordare che all'origine del fenomeno "fondo pensione" a
prestazione
Quando poi ad assicurare quel risultato concorrano contribuzioni del lavoratore
naturalmente si configura altroe particolare genere di forma pensionistica,
dovendosi valutare in che misura l’esposizione al rischio di variazione degli
oneri contributivi (se non si trasferisce al datore di lavoro) sia compatibile
con la evidente necessità di stabilire una ragionevole e costante proporzione
tra consistenza del reddito da lavoro dipendente e grandezza delle risorse da
riservare al portafoglio pensionistico complementare. E guardando a questo
ordine di problemi il legislatore della nuova previdenza complementare ha
ritenuto che l’esposizione a quel rischio superi la soglia di onerosità da
considerare accettabile per il mondo del lavoro subordinato. Da ciò il divieto
della lettera a del secondo comma dell’art. 2 che come si diceva è norma con
caratteri di inderogabile imperatività E se diversamente si è stabilito per il
mondo dei lavoratori autonomi e degli appartenti a libere professioni si è pur
sempre disposto uno speciale regime di garanzie.
Per la generalità dei settori di lavoro autonomo e di libere professioni
essendo ragionevole immaginare una condizione economica e flussi di reddito
compatibili con il rischio di possibili incrementi degli oneri di contribuzione
si è lasciato tutto lo spazio necessario alla forma previdenziale a prestazione
definita, e perciò alle norme che a
Se garantisce certezza quanto al valore economico della prestazione
pensionistica che si riceverà in una quantità già all’origine, per tutte le
ragioni che non sarà il caso di ripetere l’ alternativa di modello che si
offre a lavoratori autonomi e professionisti liberi incorpora fattori di rischio
che andavano anch'essi pur sempre valutati. Infatti non va escluso il caso di un
overfunding di gestione della massa amministrata tale da consentire
finanche una riduzione degli oneri contributivi. Ma allo stesso modo e con
evidenti motivi di preoccupazione andava considerata l’eventualità di un
persistente underfunding della gestione che potrebbe rendere notevolmente
oneroso il maggior impegno contributivo in ipotesi necessario per adeguare la
grandezza dei flussi finanziari al progetto previdenziale del fondo pensione .E
questo spiega la speciale disciplina della forma pensionistica complementare a
prestazione definita.
Secondo il regime stabilito dalle norme del decreto legislativo 124 (e più
precisamente per disposizione del terzo comma dell’art. 6 del decreto) si
tratti di fondi pensione chiusi o di fondi pensione aperti la sua attivazione
comporta infatti necessariamente gestione di risorse da parte di imprese
assicurative che operano con le modalità e la tecnica della assicurazione. Nel
caso del fondo pensione chiuso a ciò si provvederà mediante le apposite
convenzioni stipulate dai suoi amministratori con imprese assicurative secondo
la normativa dell’art. 6 del decreto. Nel caso del fondo pensione aperto
saranno invece le imprese
E questa variante del sistema è di segno così forte da confermare con ogni
evidenza che l’universo della previdenza complementare non è davvero insieme
unitario se non nella comune finalità pensionistica dei suoi apparati e dei
suoi strumenti, che poi quella finalità perseguono in forme di gestione della
ricchezza pensionistica lontane da qualsiasi uniformità di regole.Consegnare
risparmio previdenziale al fondo pensione secondo regime di contribuzione
definita significa consegnare in una misura conosciuta e certa quantità di
moneta per una gestione di risparmio non diversa da altre forme di gestione di
portafoglio finanziario se non per la finalità pensionistica. E la obbligazione
del fondo pensione a contribuzione definita è pura e semplice obbligazione di
mezzi. Accettando l'adesione di lavoratori autonomi o di professionisti liberi
il fondo pensione a prestazione definita per quanto possano variare le entità
delle contribuzioni dovute si vincola comunque ad una obbligazione di risultato
che si persegue mediante la attività tipica dell’assicuratore e mediante
contratti di assicurazione in senso tecnico.
Ne conseguono tuuti i caratteri di specialità di una forma pensionistica che fa
parte a sé. E con ogni evidenza la necessità di un suo speciale regime da
precisare con disposizioni di circostanziata chiarezza mentre invece la sua
regolazione giuridica continua ad essere gravemente incerta e comunque lacunosa,
perchè il decreto legislativo 124 circoscrive i suoi contenuti normativi entro
l’ambito segnato da isolate e reticenti disposizioni comunque molto lontane da
un coerente disegno di insieme. Ne risulta un puntuale riferimento alle
Ancora il terzo comma dell’art. 6 avverte che per il fondo a prestazion
definita non si darà corso ai contratti di allocazione delle risorse
finanziarie presso una banca depositaria
4. Tutto questo doveva inevitabilmente determinare una pesante situazione di
disagio con l'immediata conseguenza di un mancato avvio ad operatività dei
fondi pensione a prestazione definita che ancora oggi sono soltanto ipotesi e
progetto da precisare .E le norme del decreto sono così imperfette da non
consentire una attivazione del comparto in assenza di un provvedimento
regolatore con i mezzi dell’intervento legislativo o quanto meno nelle forme
della interpretazione autentica delle disposizioni che fossero ritenute utili
allo scopo. Perciò a suo tempo la Covip ha segnalato il problema alle autorità
di governo essendo escluso che ad un organismo amministrativo fosse consentito
di operare in supplenza delle autorità istituzionalmente legittimate a
provvedere agli indispensabili completamenti della disciplina di settore. Non si
trattava infatti (e a tutt’oggi non si tratta) di far semplicemente uso degli
ordinari strumenti dell’interpretazione di norme, esistendo intere parti della
disciplina dove occorreva (e ancora occorre) provvedere piuttosto ad una
integrazione del sistema normativo. E una integrazione del sistema per misura e
per oggetto davvero lontana dall’orizzonte istituzionale di una Commissione di
vigilanza che ha soltanto poteri di normazione secondaria del settore.
Inadeguatezza e lacune del decreto legislativo 124 emergono con particolare
evidenza se si considerano le disposizioni di regime delle attività di gestione
delle risorse del fondo pensione. Disposizioni che formalmente non distinguono
ma tutte pensate sul modello del fondo pensione a contribuzione definita senza
che ne risulti una indicazione univoca quanto al regime da applicare nel diverso
caso del fondo a prestazione definita. Da ciò i più gravi tra i punti di
caduta di un assetto normativo dove in questo senso visibilmente si ignora la
specialità di una gestione di portafoglio che pure imperativamente si assegna
ad imprese assicurative e ad esse soltanto. E questa inderogabile riserva di
attività è disposta con una norma di assoluta indeterminatezza, che di per sé
non consentiva di stabilire a quale dei diversi "rami" di impresa
assicurativa si devono riservare le attività del comparto a prestazione
definita.
Dalla disposizione del terzo comma dell’art. 6 del decreto legislativo 124,
infatti, risulta stabilito soltanto che come nel caso delle "eventuali
prestazioni per invalidità e premorienza", così anche nel caso delle
Per parte sua l'Autorità di vigilanza sul settore assicurativo aveva
privilegiato argomenti ad avviso dell’Isvap determinanti per ritenere che la
gestione delle risorse dei fondi pensione a prestazione definita appartenga
all’ambito di operatività delle imprese autorizzate alll’esercizio delle
attività di assicurazione "sulla durata della vita umana"
Nel silenzio del terzo comma dell’art. 6 la Covip aveva ritenuto di dover
muovere dal riferimento della lettera b del primo comma della norma alle imprese
assicurative "di ramo sesto". E considerato che esse soltanto
sono abilitate alla gestione delle risorse di fondi pensione a contribuzione
definita, si era da ciò derivata una complessiva e generale ratio legis
del decreto legislativo non ravvisandosi elementi di valutazione decisivi per
ritenere che intenzione del legislatore fosse disporre diversamente per le
fattispecie a prestazione definita. Si è perciò argomentato secondo principio
di analogia osservandosi inoltre che la disposizione di vigilanza del quarto
comma dell’art. 6 del decreto legislativo 124 con ogni evidenza si riferisce
soltanto alle imprese assicurative "di ramo sesto"
Con queste motivazioni la Covip si è quindi orientata ad interpretare la
reticente disciplina del decreto legislativo nel senso che anche per le forme
pensionistiche a prestazione definita operi una riserva di attività a favore
delle imprese assicurative di ramo sesto.In autorevoli ambienti ministeriali si
era infine delineato un orientamento ancora diverso ritenendosi che in materia
di forme pensionistiche a prestazione definita non vi sia alcuna riserva di
attività, esistendo invece spazio aperto all’operare di imprese assicurative
quale che possa essere dal
Opinione che doveva consentire finalmente di fare chiarezza. Con il parere reso
dalla sua seconda sezione nella adunanza del 29 settembre 1999 il Consiglio di
Stato si è infatti espresso nel senso che le attività in materia di fondi
pensione a prestazione definita devono ritenersi riservate alle imprese
assicurative
Ad avviso del Consiglio di Stato
In queste pagine non è possibile l'esauriente analisi della normativa che
sarebbe invece necessario svolgere guardando all'intera serie delle fattispecie
di amministrazione finanziaria di forme pensionistiche
5. Per espressa indicazione del comma quarto ter dell’art. 6 del decreto i
fondi pensione sono "titolari (...) delle disponibilità"
E’ un intero sistema di norme che visibilmente pensate senza la dovuta
attenzione ad altre fattispecie disciplinano invece secondo sicura logica di
insieme il complesso rapporto che intercorre tra fondo pensione a contribuzione
definita e imprese "gestore". Ma di ognuna di esse a veder bene è
quanto mai incerta la applicabilità al particolare caso del fondo a prestazione
definita. E autorevoli specialisti della materia si sono espressi nel senso di
una drastica esclusione della loro applicabilità anche a tale forma
previdenziale, considerando la prestazione definita nulla di diverso da una
Con varietà di argomenti altri tuttavia dissentono e portano obiezioni ad un
orientamento interpretativo che disapprovano come interpretatio abrogans
di disposizioni a loro opinione necessariamente estese alla generalità delle
forme pensionistiche complementari. E in questo senso si sono a suo tempo
espressi anche autorevoli ambienti ministeriali insistendo molto su
considerazioni di genere sistematico. Si è osservato che nelle intenzioni del
legislatore della previdenza complementare le norme del decreto legislativo 124
dovevano costituire un regime unitario. E da questa constatazione si è derivato
il convincimento che se si possono ritenere consentite varianti di regime sono
invece impensabili e contra legem interpretazioni dell’insieme
normativo che sottraggano la forma pensionistica a prestazione definita
all’applicazione della maggior parte delle disposizioni del decreto.
Anche se la formale "titolarità" dei valori e delle disponibilità
del fondo pensione a prestazione definita compete all’impresa assicurativa
(cosa non discutibile) si è perciò sostenuto che esiste pur sempre sostanziale
autonomia e separatezza di un patrimonio da considerare in ogni caso
appartenenza e
Quanto poi a composizione del portafoglio pensionistico, criteri e oggetto (e
naturalmente anche limiti) della possibile asset allocation, regole di
trasparenza delle situazioni di conflitto di interesse e più in generale
l’intera serie delle materie riguardate dal comma quarto quinquies
dell’art. 6 del decreto legislativo 124, si è ancora e autorevolmente
sostenuto trattarsi di regole senz'altro applicabili anche all'impresa
assicurativa e alle forme pensionistiche "a prestazione definita",
osservandosi che provvedendo all’ulteriore disciplina della materia il decreto
del Ministro del tesoro non ha operato alcuna distinzione tra forma
previdenziale a contribuzione definita e forme (a contribuzione variabile ma) a
prestazione definita. E con particolare riguardo all’asset allocation
si è infine ricordato che nella sua parte di premessa il decreto del tesoro del
novembre 1996 si riferisce all’esigenza di individuare le attività nelle
quali si possono investire risorse del fondo pensione indipendentemente dal
Da tutto questo altre argomentazioni di evidente rilievo ma davvero non la
certezza di orientamenti e di regime che anche in materia di fondi a prestazione
definita è invece assolutamente necessaria. A suo tempo la Covip ha perciò
interpretato bene il suo ruolo istituzionale segnalando alle autorità di
governo la necessità (che è ormai urgente necessità) di interventi finalmente
capaci di mettere ordine e fare chiarezza. E qualsiasi passo in questa direzione
deve ancora una volta muovere dalla considerazione che in decisiva misura la
forma pensionistica "a prestazione definita" consiste in una
prestazione di garanzie assicurative che ha per oggetto obbligazioni di
risultato (e non è invece una ordinaria attività di gestione di patrimonio),
essendo perciò ben motivato l'assunto di quanti per la forma "a
prestazione definita" in linea di principio escludono l'applicazione di
numerose disposizioni dell’art. 6 del decreto legislativo 124 , in modo
particolare ritenendosi escluso che all’impresa assicurativa possano
applicarsi sia le lettere a, b e c del comma quarto bis sia le prescrizioni del
comma quarto ter della norma del decreto
Quanto alla previsione della lettera a si argomenta nel senso che se linee di
indirizzo del fondo pensione possono valere per attività di gestione della
forma pensionistica a contribuzione definita nel caso della forma a prestazione
definita si concretano attività assicurative ma non gestioni suscettibili di
ricevere indicazioni gestorie, essendo perciò in radice esclusa la possibilità
stessa di
Se come regola generale la lettera c del quarto comma dell’art. 6 riserva al
fondo pensione i diritti di voto conseguenti alla titolarità dei valori
mobiliari "nei quali risultano investite le disponibilità del fondo",
si obietta che nel caso della prestazione definita non si ritrovano disponibilità
del fondo ma soltanto disponibilità patrimoniali dell’impresa, che formandosi
per flusso di contributi versati dal fondo pensione come "premio"
assicurativo immediatamente diventano disponibilità finanziaria e valori nella
giuridica "titolarità" dell’assicuratore, perciò stesso
legittimato all’esercizio dei diritti di voto eventualmente conseguenti alla
presenza nel suo portafoglio di partecipazioni azionarie. Egualmente drastica la
esclusione di qualsiasi possibilità di applicazione delle disposizioni del
quarto comma ter della norma del decreto.
Una volta di più sostenendosi che una cosa sono le attività di gestione
finanziaria dei fondi pensione
Nel caso delle forme pensionistiche a prestazione definita per l’indicato
orientamento interpretativo i "valori"
Già i problemi di ordinamento della forma pensionistica che si sono segnalati
documentano a sufficienza la necessità di interventi integrativi (e per molta
parte correttivi) di una normativa decisamente imperfetta. Per l'intero mondo
del lavoro autonomo e delle libere professioni la forma costituisce una
interessante alternativa ad altre possibili forme di investimento di risparmio
con finalità pensionistica. Spesso si dice che l’alternativa offerta a
lavoratori autonomi e a professionisti liberi dalla forma a prestazione definita
è sconsigliabile per il suo rischio di eccessiva onerosità e comunque
sconsigliabile in una fase storica di mercati finanziari molto "volatili".
E si sono segnalate indagini in prospettiva di comparazione che su scala anche
geograficamente molto ampia sembrano documentare un andamento recessivo delle
forme di previdenza complementare a prestazione definita.
Altre analisi di consistente contenuto offrono tuttavia indicazioni di diverso
segno e comunque cosa sicura è che a investitori di risparmio previdenziale e
imprese legittimate ad operare chiarezza e razionalità di regime sono
giuridicamente dovute mentre invece il mondo del lavoro autonomo e delle libere
professioni deve a tutt'oggi segnare al passivo la mancata operatività di forme
pensionistiche "a prestazione definita". Gli interventi regolatori che
sono necessari per precostituire condizioni di operatività non possono
continuare ad essere rinviati ad un imprecisato futuro. Occorrono normative con
caratteri di indispensabile completezza. E questo significa delineare in modo
puntuale e coerente il sistema delle regole che variamente riguardano regime del
patrimonio del fondo pensione e titolarità dei diritti di voto,disciplina delle
attività di investimento e precisazione delle loro soglie quantitative, criteri
di gestione, situazioni di conflitto di interesse e quant’altro si è indicato
come materia ancora in attesa di certezze applicative.