La responsabilità civile dello stato
per il mancato recepimento
delle direttive comunitarie

di Andrea Sirotti Gaudenzi
avvocato

 

Nella pratica sono frequenti i casi in cui il legislatore nazionale non adegua l'ordinamento nazionale alle direttive comunitarie. La questione ha posto problemi di varia natura, a partire dalla difficoltà di accogliere la tesi secondo la quale i singoli cittadini possono far valere un diritto al risarcimento nei confronti del Paese membro "inadempiente", fino alle incertezze legate alla possibilità di consentire il risarcimento non solo dei diritti soggettivi, ma anche degli interessi legittimi lesi dall'inadempimento del legislatore nazionale 1).

Dopo varie pronunzie tra loro contrastanti 2), fu nel 1991, con l'ormai "storica" sentenza Francovich 3), che la Corte di Giustizia della Comunità Europea dettò le condizioni per stabilire i casi in cui si possa accertare la "responsabilità civile dello Stato" in relazione al mancato adeguamento della normativa interna alle disposizioni emesse dalla Commissione. In quell'occasione fu stabilito che, per poter ottenere un risarcimento del danno, è necessario che:

  1. "il risultato prescritto dalla direttiva implichi l'attribuzione di diritti a favore dei singoli";
  2. "il contenuto di tali direttive possa essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva";
  3. si verifichi "un nesso di causalità tra violazione dell'obbligo a carico dello stesso e il danno subìto dai soggetti lesi".

La Corte di Giustizia ha ritenuto che, di fronte alla presenza di queste condizioni, si verifica una situazione che dà origine ad un vero e proprio diritto al risarcimento che trova fondamento nei principi generali del diritto comunitario, inteso quale insieme di norme dettate al fine di rendere uniformi gli ordinamenti nazionali dei Paesi membri. La sentenza Francovich, infatti, nel dover dirimere una questione sorta in relazione all'applicazione della direttiva 80/987/CEE sulla tutela dei crediti di lavoro nel caso di insolvenza del datore di lavoro, di fronte alla mancata applicazione da parte dello Stato italiano, stabilì che "il Trattato CEE ha istituito un ordinamento giuridico proprio integrato negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e che si impone ai loro giudici, i cui soggetti sono non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini e che, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, il diritto comunitario è altresì volto a creare diritti che entrano a far parte del loro patrimonio giuridico". Pertanto, i giudici del Lussemburgo hanno riconosciuto a favore dei cittadini europei la titolarità dei diritti nascenti dall'istituzione di un ordinamento comunitario, attribuendo agli stessi lo specifico diritto in base al quale lo Stato di appartenenza deve recepire la normativa comunitaria, dato che "sarebbe inficiata la tutela dei diritti riconosciuti se i singoli non avessero la possibilità di ottenere un risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione di diritto comunitario imputabile ad uno Stato membro".

Successivamente, la Corte di Giustizia ha stabilito che i principi indicati dalla sentenza Francovich con riferimento alle direttive dovesse essere applicato anche ad ogni altro atto comunitario che fosse in grado di costituire diritti a favore dei cittadini. Le sentenze Brasserie du Pecheur e Factortame LTD del 1996 4), utilizzando un paramentro più definito della precedente sent. Francovich, affermarono la possibilità di vedere uno Stato condannato solo in presenza di una "violazione manifesta e grave", rilevando come il "quantum" dovesse essere rapportato in maniera adeguata al danno subito dal cittadino 5). Le recenti sentenze Palmisani e Maso del 1997 6) hanno ribadito che spetta al giudice nazionale "far sì che il risarcimento dei danni subìti dai beneficiari sia adeguato".

La Corte di Giustizia, inoltre, ha ritenuto che l'adeguamento retroattivo da parte del legislatore nazionale possa essere inteso come una forma di risarcimento, con la possibilità di prevedere "un termine di decadenza di un anno a decorrere dalla ricezione nel suo ordinamento interno, purchè tale modalità procedurale non sia meno favorevole di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna". Nel caso di adeguamento retroattivo "regolare e completo", quindi, il risarcimento dovrà ritenersi sufficiente, a meno che i beneficiari non dimostrino di aver sofferto ulteriori danni subìti per non aver potuto fruire di vantaggi garantiti dall'applicazione della direttiva 7).

Un dato costante è rappresentato dalla mancanza di parametri uniformi per stabilire in che modo si debba stabilire il danno risarcibile: la giurisprudenza della Corte, infatti, non ha chiarito una volta per tutte se siano compresi nel "danno risarcibile" solo i danni diretti ed immediati o anche i danni non prevedibili al momento dell'infrazione, nonché i danni futuri, quelli non patrimoniali, etc. 8)

Di fronte alla giurisprudenza dalla Corte di Giustizia, sembra opportuno rilevare come debba essere il giudice nazionale ad accertare il danno e a quantificarlo. Con riferimento al caso italiano, si ritiene che la fattispecie della responsabilità civile dello Stato per cattivo esercizio del potere legislativo debba essere modellata sulla base dei principi espressi dall'art. 2043 cod. civ. Pertanto, il giudice nazionale dovrà accertare la presenza degli elementi costitutivi dell'illecito ex art. 2043 cod. civ. (anche se, come rilevato da qualche Autore, in questo tipo di violazione dolo e colpa sono in re ipsa, a prescindere dal concreto elemento psicologico dell'agente) e, solo dopo un accurato esame, sarà in grado di verificare l'effettiva portata del danno, sulla base dei principi nazionali su cui si regge la regola del "neminem laedere".

Note

  1. cfr.: V. Roppo, La Responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto comunitario (con una trasgressione nel campo dell'illecito "costituzionale" del legislatore) in Contratto e Impresa Europa n.1/99, Padova, 1999.
  2. Per un'esauriente rassegna, cfr.: P. Mengozzi Il Diritto Comunitario e dell'Unione Europea, Padova, 1997.
  3. Corte di Giustizia, sent. 19.11.91, cause riunite C-6/90 e C-9/90; su internet: www.unimaas.nl/~egmilieu/cases/francecj.htm.
  4. Corte di Giustizia, sent. 05.03.96, cause riunite C-46/93 e C-48/93.
  5. S. Prechel, Directives in European Community Law, a Study of Directives and their enforcement in national Courts, Oxford, 1995.
  6. Corte di Giustizia, sent. 10.08.97, cause riunite C-261/95 e C-373/95.
  7. cfr.: M. Balboni, Diritto al risarcimento e adeguamento retroattivo alle direttive non (correttamente) attuate, ne "Il Diritto dell'Unione Europea", n.4/98, Milano, 1998.
  8. Sic V. Roppo, op. citata.

 

Avv. Andrea Sirotti Gaudenzi