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diretto dall'avv. A. Sirotti Gaudenzi


DIPLOMA DI SPECIALIZZAZIONE PER
AVVOCATI, MAGISTRATI E NOTAI

Commento al D.M. Ministero dell’Università e della
ricerca scientifica e teconologica 21/12/1999 n.537

 

del dott. Raffaele Vairo - Patrocinatore legale del foro di San Remo e direttore della rivista telematica "Diritti e Doveri"

 

 

D.M. Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e teconologica 21/12/1999 n.537. Tale provvedimento dà il via alle scuole di specializzazione forense che, a decorrere dall’anno accademico 2000/2001 saranno istituite dalle università sedi di facoltà di giurisprudenza, su proposta delle medesime facoltà e anche sulla base di accordi e convenzioni con altre università (in tal senso l’art. 1 del suindicato d.m.). A dette scuole si accederà mediante concorso ed il numero dei partecipanti sarà predeterminato con apposito decreto (non più, comunque, del 10% dei laureati del precedente anno accademico). La durata del corso sarà di due anni articolati in un anno comune ed un anno suppletivo che potrà essere ad indirizzo giudiziario-forense o notarile: la norma di cui all’art.7 d.m. cit. precisa, peraltro, che il passaggio dal primo al secondo anno è rimesso al giudizio favorevole del Consiglio direttivo; in caso contrario occorrerà ripetere l’anno. La prova di esame consisterà nella soluzione di cinquanta quesiti a risposta multipla, ma non sarà conclusiva: l’art.8 tratta di una prova finale consistente in una dissertazione scritta da espletarsi dinanzi ad una commissione composta di sette membri (4 professori universitari, un magistrato ordinario, un avvocato ed un notatio) su argomenti interdisciplinari e con giudizio espresso in sessantesimi. Il progetto appare più che onorevole, tra l’altro, l’intera classe docente sarà estrapolata direttamente dal mondo del lavoro ed è sicuramente un valido passo verso la ‘praticizzazione’ di tutte quelle nozioni meramente teoriche che vengono impartite nel normale corso di studi di giurisprudenza. Sennonché, non mi pare iperbolico che il decreto possa considerarsi, in un certo qual modo, l’unica nota ‘accordata’ in un grosso concerto cacofonico.

E’ innegabile che il provvedimento de quo offra il destro all’oblio dei veri problemi che insistono sul mondo delle università e dell’accesso alla professione. La scuola di specializzazione, nella sua facoltatività, perde, cioè, di significato dinanzi all’obbligatorietà di un esame di stato che, pur svuotato nei fatti da ogni significato (pensiamo all’ordinanza del TAR Milano che porta la questione davanti alla Corte Costituzionale, o a quella "ingiustificata forbice che divide in due l’Italia" – così Buccico, Presidente del CNF – o, ancora, al fatto che l’esame di abilitazione sia rimasto solo per alcune categorie di professionisti) rimane passaggio fondamentale per l’accesso pieno al lavoro.

Il d.m. porta avanti, quindi, un discorso che ha il sapore del nuovo, ma che non fa nulla per eliminare i vecchi dissapori di una Università che ventila, ma continua ad attendere, una sua fattiva riforma: una attenta rivisitazione dell’assetto delle Facoltà di giurisprudenza potrebbe elidere totalmente la necessità di una scuola di specializzazione, così come una più rigida regolamentazione della pratica forense potrebbe escludere la necessità dell’esame di stato di avvocato.

Allo stato il provvedimento in questione, seppur salutato benevolmente da molti tecnici del settore, appare assolutamente inadeguato a far fronte ad una confusa situazione di cui si parla troppo e si fa, malauguratamente, troppo poco.

 

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