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Consiglio di Stato, sezione V, sentenza n. 177/2000 sul rapporto tra il parere delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo paesistico e il parere della Commissione edilizia in caso di richiesta di concessione o autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a tale suddetto vincolo.
La massima
1) Non è obbligatorio il parere della Commissione Edilizia comunale nel procedimento per la sanatoria delle opere abusive, di cui agli art. 31 e seguenti della legge 47/1985, in quanto mentre tale parere è necessario per il rilascio della concessione edilizia( ai cui fini si devono valutare le caratteristiche tecnico-costruttive della nuova opera in rapporto alla normativa urbanistica) e per la sanatoria di cui allarticolo 13 della legge n. 47 del 1985( che richiede in analogo tipo di valutazione) non lo è per la sanatoria delle opere abusive, essendo le ragioni del rilascio o diniego del condono indipendenti dal suddetto tipo di accertamenti.
2) In particolare nel caso di rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria per opere abusive realizzate in area soggetta a vincolo paesistico, il parere preordinato alla tutela del vincolo, rilasciato dalla Amministrazione competente, è prioritario e pregiudiziale rispetto a quello relativo alla verifica della conformità dellopera alla normativa urbanistica ed edilizia di competenza della Commissione Edilizia comunale, così come stabilito dallart. 32 comma 1 legge 47/85.
Di conseguenza la valutazione negativa dellAmministrazione preposta alla tutela del vincolo, ponendosi come pregiudiziale ad ogni altra, rende superfluo anche il parere della Commissione Edilizia comunale.
3) Ai fini della motivazione del parere reso dalla Commissione Beni Ambientali, può essere sufficiente la indicazione sintetica del contrasto tra i due termini del confronto, e cioè la bellezza paesistica da tutelare e lopera abusiva , qualora tale contrasto emerga in modo inequivocabile dal riscontro tra i due termini del paragone.( a cura di Raffaella Ruotolo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente.
sul ricorso in appello n.3628 del 1994, proposto da Cavicchi Sergio, Cavicchi Vinicio e Marchetti Francesco, questultimo in qualità di rappresentante della Autocarrozzeria "3 Esse", rappresentati e difesi dallAvvocato Corrado Mauceri, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dellAvvocato Fausto Buccellato in Roma, Viale Angelico, 45;
contro
il Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Selvaggi e Maria Athena Lorizio ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via Dora 1;
per la riforma
della sentenza del TAR per la Toscana sezione prima, 3 marzo 1993, n.
210.
Visto latto di appello con i relativi allegati.
Visto latto di costituzione in giudizio e la memoria depositati dal Comune di
Firenze in data 26 ottobre 1999.
Vista la memoria depositata dallappellante in data 29 ottobre 1999.
Visti gli atti tutti della causa.
Relatore il Consigliere di Stato Maurizio Meschino alludienza del 9 novembre 1999.
Uditi lavvocato Buccellato, su delega dellavv. Mauceri, per lappellante
e lavvocato Lorizio per il Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e per diritto quanto segue:
FATTO
1 Con ricorso n.976 del 1991, proposto dal TAR per la Toscana, i sig.ri
Cavicchi Sergio, Cavicchi Vinicio e Marchetti Francesco, questultimo in qualità di
rappresentante della Autocarrozzeria "3 Esse", hanno chiesto lannullamento
del provvedimento del Sindaco di Firenze, n. 07/IU/361 del 3 luglio 1991. Con questo
provvedimento era stato negato il condono edilizio ed ordinata contestualmente la
demolizione di opere abusive, con ripristino dello stato dei luoghi, considerato che tali
opere erano state realizzate in area soggettiva a vincolo paesistico ai sensi della legge
n.1497 del 1939 e visto il parere contrario espresso su di esse dalla Commissione Beni
Ambientali istituta con L.R. n.52 del 1979. Le opere, riguardanti un immobile di
proprietà dei sig.ri cavicchi, dato in locazione per lo svolgimento dellattività
della Autocarrozzeria "3 Esse", consistevano nella costruzione di una tettoia
sulla parte frontale del fabbricato con struttura portante in ferro, del resede frontale
addossato al muro di cinta di un manufatto con struttura portante in ferro, di una tettoia
sulla parte posteriore del fabbricato con struttura portante in legno.
2 Il TAR, con sentenza n.210 del 1993, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le
spese del giudizio.
3 Con lappello in esame i sig.ri Cavicchi Sergio, Cavicchi Vinicio e Marchetti
Francesco, questultimo in qualità di rappresentante della Autocarrozzeria "3
Esse", hanno chiesto lannullamento della sentenza di primo grado, con ogni
conseguenziale effetto di legge.
4 Alludienza del 9 novembre 1999 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1 Con il primo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado
per aver affermato che nel procedimento per la sanatoria delle opere abusive, di cui agli
articoli 31 e seguenti della legge n. 47 del 1985, non è obbligatorio acquisire il parere
della Commissione Edilizia Comunale e che non sussiste perciò il motivo di illegittimità
del provvedimento impugnato, dedotto dai ricorrenti, per essere stato adottato il
provvedimento in mancanza di tale parere. Lapprezzamento tecnico della Commissione,
si afferma nella sentenza, è infatti necessario per il rilascio della concessione
edilizia, ai cui fini si devono valutare le caratteristiche tecnico-costruttive della
nuova opera in rapporto alla normativa urbanistica, e per la sanatoria di cui
allarticolo 13 della legge n. 47 del 1985, che richiede in analogo tipo di
valutazione, ma non lo è per la sanatoria delle opere abusive, essendo le ragioni del
rilascio o diniego del condono indipendenti dal suddetto tipo di accertamenti. Quando poi
lopera abusiva sorge in area sottoposta a vincolo paesistico il condono o è
precluso o è subordinato ad un accertamento tecnico di contenuto del tutto diverso, per
il quale è competente lAutorità preposta alla tutela del vincolo. Né ciò
contrasta con quanto disposto dalla L.R. n.52 del 1979, precedente peraltro la normativa
sul condono edilizio, poiché in essa si prevede il parere della Commissione Edilizia
Comunale per le concessioni o autorizzazioni di cui alle leggi n. 10 del 1977 e n. 457 del
1978, in coerenza con la funzione propria, e sopra vista, di tale Commissione.
Queste argomentazioni sono erronee, si deduce nellappello, poiché la verifica
tecnica svolta dalla Commissione Edilizia Comunale è necessaria sia per le nuove opere
che per la sanatoria di quelle, realizzate, dovendosi assicurare in tutti e due i casi la
conformità della edificazione agli strumenti urbanistici generali.
Ad essa si accompagna la ulteriore e diversa verifica della compatibilità dellopera
con i valori paesaggistici così da garantire, infine, la piena coerenza
dellintervento edilizio rispetto allinsieme delle normative da osservare. E
ciò è confermato dallarticolo 4 della L.R. n. 52 del 1979, che prevede per
ladozione degli strumenti urbanistici comunali il parere sia della Commissione
Edilizia Comunale che della Commissione per i Beni Ambientali, a nulla rilevando che la
legge in questione sia precedente la normativa sul condono. La distinzione, infine,
indicata nella sentenza, fra le fattispecie degli articoli 13 e 31 della legge n. 47 del
1985 non trova alcun riscontro nella legge, mentre nella stessa sentenza si precisa che la
sanatoria di cui allarticolo 31 "può essere accordata soltanto in via
eccezionale prescindendo dai parametri tecnici e dallaccertamento ci
conformità", con il che si presuppone che la verifica di tali parametri debba, di
norma, essere fatta.
2 Il motivo è infondato.
Nel caso di opera abusiva eseguita in area vincolata il parere preordinato alla tutela del
vincolo e quello di verifica della conformità alla normativa urbanistica e
sulledilizia non sono equiordinati e perciò tali da essere entrambi sempre
necessari. La legislazione assegna infatti valore prioritario alla verifica della
compatibilità dellopera rispetto al vincolo paesistico, come stabilito chiaramente
dallarticolo 32, comma 1, della legge n. 47 del 1985, per il quale "il rilascio
della concessione o dellautorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree
sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte
alla tutela dello stesso". Tale parere è dunque pregiudiziale ad ogni altra
valutazione poiché, se sfavorevole, rende impossibile la sanatoria dellopera e
rende superfluo, di conseguenza, anche il parere della Commissione edilizia, favorevole o
meno che possa essere. Questi principi si applicano al caso in esame, poiché le opere in
questione riguardano un manufatto in area sottoposta a vincolo paesistico, per esse è
stato richiesto condono ai sensi della legge n. 47 del 1985, e perciò in osservanza delle
relative norme, su di esse vi è stato parere sfavorevole del Comune di Firenze, quale
amministrazione preposta alla tutela del vincolo, che ha recepito il parere della
Commissione Beni Ambientali, previsto dalla L.R. 2 novembre 1979, n. 52, su questa base si
è giunti, infine, alla emanazione dellatto impugnato, espressamente motivato con il
richiamo allarticolo 32, comma 1, della legge n. 47 del 1985. Il parere negativo
sulla compatibilità paesistica ha precluso perciò la sanabilità delle opere privando di
ogni funzione la eventuale consultazione della Commissione edilizia.
3 Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza di primo grado per aver
giudicato il parere della Commissione Beni Ambientali, recepito nel provvedimento di
diniego impugnato, idoneamente istruito e adeguatamente motivato. Tale parere invece, si
sostiene nellappello, è carente per entrambi i profili, non essendovi stata
istruttoria in loco, che avrebbe dimostrato che le opere in questione non ledono il
vincolo paesistico, in quanto non visibili dallesterno, ed essendosi limitata la
motivazione alla sola affermazione che "lintervento costituisce danno
ambientale", senza alcuna esplicitazione del processo valutativo alla base di tale
asserzione. Né è sufficiente ai fini della motivazione, come affermato nella sentenza,
una assertita, palese incompatibilità tra le opere in questione ed il vincolo paesistico,
che sarebbe provata dal mero confronto tra la loro descrizione e documentazione
fotografica e le caratteristiche dellambiente vincolato individuate nel relativo
decreto ministeriale.
4 Il motivo è infondato.
Il documento agli atti del giudizio recante i pareri della Commissione Beni Ambientali
(dal parere n. 86/89-S 1963 a quello n. 105/89-S 15979, relativo al caso in esame) mostra
che la stessa ha espresso valutazioni differenziate e, laddove stimato necessario,
articolate nei contenuti e nel procedimento, come è per il parere n.88/89, favorevole
"limitatamente alla parte realizzata in muratura", ovvero per quelli nn. 86/89 e
102/89, sospesi "per supplemento di istruttoria", e n. 98/99, per il quale la
Commissione "sospende il parere e richiede documentazione fotografica in originale di
tutti i manufatti per cui si chiede la sanatoria come indicato in vari punti della
relazione". La diversità dei pareri resi, per lo più favorevoli, la loro
specificazione ove necessaria, lapprofondimento conoscitivo più volte eseguito,
dimostrano che i pareri sono stati espressi in base alla puntuale considerazione delle
diverse situazioni. Né risulta carente la motivazione poiché, come correttamente
individuato nella sentenza di primo grado, lesercizio della discrezionalità tecnica
dellamministrazione, nel raffronto fra la bellezza paesistica vincolata e
lopera da sanare, può risultare sufficientemente motivata dalla indicazione
sintetica del contrasto fra i due termini del raffronto, quando la puntualità di tale
contrasto emerga univocamente dal riscontro fra le caratteristiche del paesaggio tutelato
e quelle dellopera abusiva. Ed è questo il caso in esame considerati, da un lato,
gli elementi del paesaggio, specificati nel D.M. del 31 agosto 1953 (G.U. n. 218 del 23
settembre 1953), di vincolo dellarea, e, dallaltro, le dimensioni e
caratteristiche delle opere risultanti dalla documentazione in atti. Nel primo le zone in
questione, in riva al fiume Arno nel territorio del Comune di Firenze, sono vincolate in
quanto "formano un complesso di cose immobili che compongono un caratteristico avente
valore estetico e tradizionale, costituendo inoltre una successione di quadri naturali e
punti di vista accessibili al pubblico dai quali si gode uno spettacolo di rara
bellezza". Le opere da condonare, come indicato nella domanda di sanatoria e
documentato dalle fotografie, consistono a loro volta in due tettoie ed un manufatto
chiuso, lunghi i 5 e gli 8 metri, di altezza fra i m. 2,80 e i m. 3,10, eseguite con
materiali per lo più costituiti da strutture in ferro e da lastre ondulate di acciaio o
trasparenti. Il contrasto tra le caratteristiche del paesaggio tutelato in una zona di
particolare pregio storico-ambientale e la qualità estetica delle opere in questione è
evidente di per sé e sufficientemente esplicato, perciò, con il richiamo al danno
ambientale arrecato, accertato su valutazione dellorgano competente.
5 Per le ragioni esposte lappello è infondato e deve essere respinto. Le spese del
secondo grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza. Esse sono liquidate in
dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) respinge
lappello.
Condanna gli appellanti al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio a favore
del Comune di Firenze, che liquida in lire 7.000.000 (sette milioni).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dallAutorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi nella sede del Consiglio di
Stato, Palazzo Spada, il giorno 9 novembre 1999, con lintervento dei signori.
Giovanni Paleologo Presidente
Anselmo Di Napoli Consigliere
Marcello Borioni Consigliere
Caro Lucrezio Monticelli Consigliere
Maurizio Meschino Consigliere estensore
Diritto
degli Enti Locali
pagina a cura del dott. Andrea Ciccone